Mi sbaglio o il PMLI simpatizza per l'Isis?

Cari compagni,
vorrei avere un vostro giudizio completo sull'Isis. Ve lo chiedo perché negli articoli che ho letto ho avuto la sensazione (forse sono io che mi sbaglio) che voi quasi simpatizziate per loro. Vero è che sono contro l'imperialismo americano e i suoi alleati, ma non credo che questo fattore giustifichi cose come l'uccisione di 11 bambini solo perché guardavano una partita di calcio, lo sterminio di un etnia o altro.
Poi immagino che anche voi pensiate che la religione sia l'oppio dei popoli e se è cosi non sarebbe contraddittorio appoggiare un'organizzazione che fa della parte peggiore di questo oppio, ovvero il fanatismo e l'integralismo, il suo cavallo di battaglia?
Insomma, chiaritemi questi dubbi.
Un ragazzo siciliano
 
Caro compagno,
i tuoi dubbi sono i dubbi di tanti antimperialisti e sinceri amanti della pace che sono bombardati quotidianamente da una campagna di stampa governativa, interventista e guerrafondaia che martella quotidianamente le masse popolari e l'intera popolazione per convincerle della bontà della politica imperialista del governo Renzi. Insomma i comandanti delle truppe italiane di aggressione imperialista allo Stato Islamico e alla Libia, Renzi, Mattarella, Gentiloni e Pinotti, si avvalgono di un potente sistema mediatico paragonabile all'apparato propagandistico del regime mussoliniano, con un unanimismo agghiacciante che unisce i partiti di governo e di opposizione parlamentare, televisioni, quotidiani di area governativa come Repubblica e quotidiani come Il Fatto che pur atteggiandosi a fustigatore dei mali dell'Italia è tra i più isterici nell'invocare l'intervento militare contro il nemico islamico che minaccerebbe oramai da vicino le frontiere della Penisola. E questo dovrebbe farti riflettere.
Davanti a tale propaganda di guerra è facile rimanere intossicati dall'interventismo imperialista, anche senza volerlo o senza esserne coscienti. Un po' come avvenne alla vigilia della guerra mondiale del '14-'18 quando i governanti imperialisti, con la benevola e preziosa neutralità dei partiti socialsciovinisti della Seconda Internazionale, cercarono di convincere i lavoratori a massacrarsi gli uni contro gli altri in quell'immane macello imperialista scatenato solo per saziare gli appetiti economici ed egemonici delle diverse classi dominanti borghesi europee.
Nell'importante Documento dell'Ufficio politico all'indomani degli attentati di Parigi si legge:“Ormai, dall'11 settembre di New York, la guerra di resistenza all'imperialismo, sotto forma di azioni terroristiche, è portata fin dentro i Paesi imperialisti, ed è impensabile fermarla se gli imperialisti non si ritirano dai Paesi che occupano o che controllano. (...)
I governanti imperialisti invitano all'unità nazionale per difendere la libertà e i “valori” dell'Europa e dell'Occidente. In realtà invitano a difendere il capitalismo, la dittatura della borghesia, le loro istituzioni antipopolari e la loro politica imperialista e interventista.
Un invito che va decisamente respinto per non essere coinvolti nelle guerre imperialiste e nei crimini che commettono gli imperialisti in nome della falsa democrazia e della falsa umanità. Tutti i popoli hanno diritto all'autodeterminazione e all'indipendenza e a risolvere da sé le loro contraddizioni interne.
Bisogna lottare contro l'imperialismo, segnatamente contro l'Unione europea imperialista e contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi, che è in prima linea sul fronte dell'interventismo militare imperialista.”

La campagna interventista e guerrafondaia
Per portare il popolo a sposare la propria politica imperialista i guerrafondai devono giocoforza esaltare la superiorità del sistema politico e dei “valori” occidentali in contrapposizione alla “barbarie” dei combattenti islamici antimperialisti, devono demonizzarli come tagliagole assetati di sangue, responsabili dei più efferati e gratuiti crimini ai danni di bambini, donne e innocenti senza mai far emergere le loro ragioni, i loro programmi politici, i contenuti delle loro denunce. Devono rovesciare verità e menzogna. Ecco perché non fanno mai chiarezza su chi sono gli aggressori e invasori e chi invece gli aggrediti e vittime. Nessuno deve sapere le ragioni vere della guerra in atto, qual è la contraddizione principale, che è tra imperialismo e paesi e popoli islamici oppressi. La demonizzazione dello Stato Islamico e degli islamici antimperialisti ricorda da vicino le persecuzioni contro gli “infedeli” scatenate al tempo delle crociate espansioniste ed egemoniche combattute nel medioevo dai regni cristiani europei per ampliare i loro confini e il loro potere nel Vicino Oriente.
Demonizzazione e persecuzione che noi marxisti-leninisti ben conosciamo, accusati come siamo persino di mangiare i bambini e di essere dei mostri da temere e tenere lontano attraverso campagne che Marx ed Engels descrissero bene nel Manifesto del Partito Comunista del 1848: “Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, si sono alleati in una santa caccia spietata contro questo spettro.
La stessa santa caccia spietata le potenze imperialiste hanno scatenato sul fronte militare e mediatico contro lo Stato Islamico e tu che sei un autentico antimperialista non devi lasciartene irretire e turlupinare. Il carattere dell'antagonismo che contrappone l'imperialismo ai popoli e ai paesi islamici è esclusivamente di carattere politico, economico e militare e non religioso e culturale. E in questo conflitto ognuno sceglie con chi stare. Scegliendo i combattenti islamici antimperialisti, noi li sosteniamo fino in fondo nella loro lotta per l'indipendenza e la sovranità nazionali e per la liberazione da ogni forma di occupazione e rapina di tipo egemonico. Ma certo non ne abbracciamo l'intera concezione del mondo e la raccapricciante organizzazione sociale reazionaria e oscurantista di tipo feudale di cui sono portatori. Il nostro sostegno allo Stato islamico è incondizionato e non è in nessun modo contraddetto dal nostro rifiuto dei suoi principi religiosi, politici e sociali.
O l'imperialismo o i popoli islamici antimperialisti, non esiste una terza scelta davanti a noi. Che ci piaccia o no i movimenti antimperialisti non potranno mai conformarsi ai nostri desideri e speranze soggettivi perché essi sono il frutto delle contraddizioni e della situazione internazionale attuale, dove l'ideologia e la politica che si richiamano al socialismo non riescono a esercitare alcuna influenza come invece avveniva in passato, quand'era vivo Mao ed esisteva un campo socialista. Dopo anni, decenni di guerre imperialiste in Afghanistan, Iraq, Palestina, Libia, e nell'intero nordafrica, la rivolta dei popoli arabi ha al fine portato alla proclamazione dello Stato islamico che contrappone la guerra di liberazione alla guerra di occupazione, il terrorismo rivoluzionario al terrorismo controrivoluzionario. I primi terroristi sono stati gli eserciti americani, israeliano ed europei che si sono macchiati di crimini incancellabili come il genocidio sionista ai danni del popolo palestinese, l'invasione dell'Iraq e della Libia e le esecuzioni sommarie di Saddam, di Gheddafi e dei loro governi e sostenitori, le stragi nei villaggi, l'uso dei droni, i bombardamenti a tappeto contro civili, bambini e persino ospedali.

La guerra di resistenza antimperialista
A questa guerra di dominio e di saccheggio degli imperialisti che ricorrono in modo sistematico al terrorismo, gli antimperialisti islamici contrappongono una propria guerra di resistenza che fa uso anche di azioni terroristiche fuori dai confini dei propri Paesi, fin dentro quei Paesi imperialisti aggressori affinché non si sentano al sicuro neppure nelle loro retrovie. Noi marxisti-leninisti possiamo non condividere gli atti terroristici indiscriminati contro incolpevoli e innocenti civili. Al loro posto agiremmo in modo diverso, ma questo non ci impedisce di capire la loro rabbia e le ragioni che scatenano tale reazione. E in ogni caso dobbiamo prendere atto che tra tutte le forze in campo, non esiste nessun altro soggetto che non si è piegato all'imperialismo e lo combatte con ogni mezzo godendo del sostegno di consistenti fette delle popolazioni locali. Se costoro fossero semplicemente dei pazzi sanguinari, non riusciremmo mai a spiegare il loro successo nella guerra di resistenza all'imperialismo né l'estensione dei territori da essi controllati, in Iraq, Siria, Libia e laddove vivono popolazioni locali ed etnie molto diverse fra loro.
Quella in atto non è una guerra di religione, così come erano semplicemente ammantate da motivazioni religiose le crociate medievali. Non è una guerra tra il “laico, tollerante e civile” Occidente e il barbaro e fondamentalista Islam. No, è una guerra tra imperialismo e popoli oppressi, dove in gioco è l'autodeterminazione o meno delle nazioni e dei popoli islamici. Una guerra che non cesserà finché l'imperialismo continuerà a ingerirsi negli affari interni di quelle nazioni, saccheggiandole, aggredendole, invadendole, bombardandole e imponendo loro governi e organizzazioni statali fantoccio, come hanno fatto gli USA col governo sciita in Iraq strumentalizzando peraltro le divisioni esistenti tra sunniti e sciiti. La religione non è il motore ma solo lo sfondo di tale conflitto politico, economico e militare. In mancanza di altre ideologie, i richiami all'Islam sono per quei combattenti e quelle popolazioni un modo per consolidare un'identità politica e ideale e cementare l'unità politica dei musulmani in contrapposizione all'Occidente cristiano. Niente di più. Lasciate in pace quei popoli, lasciateli decidere liberamente da soli il loro destino e lasciateli risolvere autonomamente le loro contraddizioni interne e, d'incanto, si dissolverà ogni nube di guerra.

La discriminante è politica e non religiosa
In ogni fronte unito le contraddizioni tra le diverse forze in campo riguardano la sfera della strategia, tattica e organizzazione della lotta e mai le discriminanti ideologiche. Se un lavoratore cattolico partecipa insieme a noi alla battaglia di piazza contro il Jobs Act non staremo certo a chiedergli la sua carta d'identità ideologica e ad attaccare la sua religione. Non lo discrimineremo neppure in base al partito che vota o se egli è di destra o di sinistra. Quello che ci preme è con quali obiettivi politici e con quanta combattività egli partecipa alla comune battaglia. Su questi temi possiamo e dobbiamo, se necessario, polemizzare e differenziarci, non certo sulle sue convinzioni partitiche e, tanto meno, religiose. In caso contrario, riusciremmo a fare fronte unito solo con noi stessi.
Noi marxisti-leninisti non rinunceremo ai nostri principi ideologici né mai li annacqueremo, tuttavia la lotta contro l'oppio della religione è una lotta di ampio respiro e non può essere in alcun modo da noi condotta in modo unilaterale e forzando i tempi storici. Richiederà, comunque, “uno svolgimento lungo e tormentoso ” (Marx, Il Capitale, Vol. I, pag. 112). Sarà condotta attraverso il convincimento e la rimozione di quei rapporti e condizioni economici, sociali e culturali che lo alimentano affinché prevalga il materialismo storico e dialettico sull'idealismo e la metafisica, la dottrina e il metodo di pensiero scientifici su ogni sorta di superstizione. “La religione, la famiglia, lo Stato, il diritto, la morale, l'arte -per dirla con Marx- non sono che modi particolari della produzione ” e, dunque, per estirpare le radici profonde delle religioni occorre anzitutto rimuovere l'oppressione, la sofferenza, l'ignoranza e la disperazione che le accompagnano, giacché: “la soluzione stessa delle antitesi teoriche [è] possibile solo in una guisa pratica ... non [è] dunque affatto soltanto un compito della conoscenza, bensì un reale compito di vita ” (Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Marx-Engels, Opere complete, vol. III, pag. 324, 329-330). “Il riflesso religioso del mondo reale può scomparire, in genere, soltanto quando i rapporti della vita pratica quotidiana presentano agli uomini giorno per giorno relazioni chiaramente razionali fra di loro, e fra loro e la natura. La figura del processo vitale sociale, cioè del processo materiale di produzione, si toglie il suo mistico velo di nebbie soltanto quando sta, come prodotto di uomini liberamente uniti in società, sotto il controllo cosciente e condotto secondo un piano ”.(Marx, Il capitale, vol. I, pag.111)
Ci auguriamo con questa risposta di aver contribuito a chiarire, come ci avevi chiesto, tutti i tuoi dubbi.

25 febbraio 2015