5 Marzo 1953 – 2015. 62° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale
Stalin su Stalin

Nel 62° anniversario della scomparsa che cade il 5 marzo rendiamo omaggio al grande Maestro del proletariato internazionale Stalin pubblicando alcune citazioni coll'intento di far comprendere a fondo, soprattutto alle nuove generazioni di marxisti-leninisti, la sua grande statura politica e modestia e il suo grande amore e attaccamento al proletariato, al popolo e al partito. Abbiamo estratto dai vari discorsi e scritti di passaggi dove Stalin parla in maniera semplice e onesta del suo ruolo di dirigente del partito. Illuminanti e chiarificatrici sono le sue parole contro l'allora opposizione trotzkista all'interno del Comitato centrale e della Commissione Centrale di Controllo del PC(b) dell'URSS e i suoi “consigli” del “Discorso alla Riunione elettorale della circoscrizione ‘Stalin’ di Mosca pronunciato l’11 dicembre 1937 nel Gran Teatro” che si ergono come una montagna di granito di fronte alle campagne diffamatrici della borghesia contro Stalin, etichettandolo come un dittatore al pari di Hitler, un sanguinario senza scrupoli. Campagne diffamatorie che in realtà puntano a infangare e distruggere il marxismo-leninismo e con esso la lotta rivoluzionaria del proletariato e la sua aspirazione al socialismo. Se Stalin non avesse condotto con fermezza ed efficacia la lotta fra le due linee nel Partito e nello Stato sovietici, senza dubbio l'URSS socialista sarebbe stata vittima di un colpo di Stato controrivoluzionario trent'anni prima di quello revisionista compiuto da Krusciov dopo la sua morte.
 

Io non ho discepoli. Sono un discepolo di Lenin
Non approvo che voi vi diciate “discepolo di Lenin e Stalin”. Io non ho discepoli. Chiamatevi discepoli di Lenin, ne avete il diritto, nonostante le critiche di Sciatzkin. Ma voi non avete motivo di definirvi discepoli di un discepolo di Lenin. Questo è sbagliato. Questo è troppo.
(Stalin, “Lettera a Xenofontov”, 30 dicembre 1926, opere Complete, Edizioni rinascita, vol. 9, pag. 176)
 
Voi parlate della Vostra “devozione” verso di me. Forse questa è una frase sfuggita inavvertitamente. Può darsi che sia così... Ma se questa non è una frase sfuggita inavvertitamente, Vi consiglierei di respingere il “principio” della devozione alle persone. Non è un atteggiamento da bolscevico. Siate devoto alla classe operaia, al suo partito, al suo Stato. Questo è necessario e giusto. Ma non confondetelo con la devozione alle persone, con questo fatuo e superfluo trastullo da intellettuale.
(Stalin, Opere, vol. XIII, pag. 19, edizione russa, citato su “Il partito comunista nello Stato Sovietico”, Documenti e tesi, Edizioni cultura sociale, 1953, pag. 24)
 
 

E' un dovere rispondere alle domande
Ritengo mio dovere rispondere alle domande e rendervi conto del nostro operato. Noi dirigenti sovietici riteniamo di aver l'obbligo di rendere conto ai nostri fratelli di classe di tutti i problemi sui quali essi desiderano avere ragguagli. Il nostro Stato è la creatura del proletariato mondiale. I dirigenti del nostro Stato non fanno altro che il loro dovere verso il proletariato mondiale quando rendono conto del loro operato ai suoi rappresentanti.
(Stalin, “Colloquio con le delegazioni operaie straniere”, 5 e 15 novembre, Opere complete Edizioni Rinascita, vol. 10, pag. 251)
 

“Io sono rude”, ma contro i trotzkisti che vogliono distruggere il Partito. Quando il Partito impone una cosa devo sottomettermi
Innanzi tutto una questione personale. Voi avete sentito qui con quanto zelo gli oppositori coprano d'ingiurie Stalin senza risparmiare le forze. La cosa non mi meraviglia, compagni. Che gli attacchi principali siano diretti contro Stalin si spiega col fatto che Stalin conosce tutte le furfanterie dell'opposizione forse meglio di alcuni nostri compagni; metterlo nel sacco poi, non è tanto facile, e allora essi dirigono i colpi soprattutto contro Stalin. Beh, lasciateli fare, e buon pro gli faccia.
Ma che cos'è Stalin? Stalin è un piccolo uomo. Prendete Lenin. Chi non sa che l'opposizione, con Trotzki alla testa, ai tempi del blocco d'agosto, si scagliava in modo ancor più furfantesco contro Lenin? Sentite, per esempio, Trotzki:
“Gli abietti intrighi attizzati sistematicamente da Lenin, maestro in queste cose e sfruttatore professionale di ogni arretratezza del movimento operaio russo, sembrano un'assurda allucinazione” (vedi “lettera di Trotzki a Ckheidze”, aprile 1913).
Notate il linguaggio, compagni! Questo lo scrive Trotzki. E lo scrive di Lenin.
Può sorprendere che Trotzki, il quale tratta così senza riguardi il grande Lenin, lui che non vale nemmeno il dito mignolo di Lenin, copra ora d'ingiurie uno dei tanti discepoli di Lenin, il compagno Stalin?
Per di più ritengo che l'opposizione mi faccia un grande onore riversando tutto il suo odio su Stalin. E deve essere così. Penso che sarebbe strano e offensivo se l'opposizione, nel suo tentativo di distruggere il partito, lodasse Stalin che difende i principi informatori del partito leninista.
Veniamo al “testamento” di Lenin. Qui gli oppositori hanno gridato – li avete sentiti – che il Comitato Centrale del partito ha “nascosto” il “testamento” di Lenin. La questione è stata discussa più volte nella sessione plenaria del Comitato Centrale e della Commissione centrale di controllo, come voi ben sapete. (Voce: “Decine di volte”). E' stato dimostrato e ridimostrato che nessuno nasconde nulla, che il “testamento” di Lenin era indirizzato al XIII Congresso del partito, che questo testamento è stato reso pubblico al congresso (voci: “Giusto!”), che il congresso ha deciso all'unanimità di non pubblicarlo, tra l'altro perché lo stesso Lenin non voleva e non chiedeva che fosse pubblicato. Tutto ciò l'opposizione lo sa non meno di tutti noi. Ciò nonostante l'opposizione ha l'ardire di dichiarare che il CC “nasconde” il “testamento”.
La questione del “testamento” di Lenin risale – se non mi sbaglio – al 1924. Esiste un certo Eastman, un ex comunista americano, che in seguito è stato espulso dal partito. Questo signore dopo aver bazzicato a Mosca nell'ambiente dei trotzkisti e aver raccolto alcune voci e pettegolezzi circa il “testamento” di Lenin, se n'è andato all'estero dove ha pubblicato un libro intitolato Dopo la morte di Lenin , in cui non si fa risparmio di colore per denigrare il partito, il Comitato Centrale e il potere sovietico, e tutto è costruito sulla supposizione che il CC del nostro partito “nasconda” il “testamento” di Lenin. Poiché questo Eastman una volta aveva avuto rapporti con Trotzki, noi, membri dell'Ufficio politico, abbiamo proposto a Trotzki di scindere le sue responsabilità da Eastman il quale, aggrappandosi a Trotzki e citando l'opposizione, rendeva Trotzki responsabile delle calunnie lanciate contro il nostro partito circa il “testamento”. Data l'evidenza della cosa, Trotzki effettivamente scisse le sue responsabilità da Eastman in una dichiarazione sulla stampa, pubblicata nel settembre del 1925 sul n. 16 del Bolscevik .
Permettetemi di leggere il passo dell'articolo in cui Trotzki tratta la questione relativa al fatto se il partito e il suo CC nascondono o meno il “testamento” di Lenin. Cito l'articolo di Trotzki:
“In alcuni passi del libercolo di Eastman si dice che il CC ha 'nascosto' al partito una serie di importantissimi documenti scritti da Lenin nell'ultimo periodo della sua vita (si tratta di lettere sulla questione nazionale, del cosiddetto 'testamento' ecc.); questa affermazione non si può chiamare altro che calunnia contro il CC del nostro partito (il corsivo è mio – G. St.). Dalle parole di Eastman si può dedurre che Vladimir Ilic avesse destinato alla stampa queste lettere, che avevano il carattere di consigli organizzativi interni. In realtà ciò è assolutamente falso. Vladimir Ilic fin da quando cadde ammalato inviò più volte proposte, lettere ecc. alle istanze del partito e al su congresso. Va da sé che tutte queste lettere e proposte arrivarono sempre a destinazione, furono portate a conoscenza dei delegati al XII e al XIII Congresso del partito, e sempre, s'intende, esercitarono la dovuta influenza sulle decisione del partito; se tutte queste lettere non sono state pubblicate, è perché il loro autore non le aveva destinate alla stampa. Vladimir Ilic non ha lasciato nessun “testamento” una lettera di Vladimir Ilic (tanto alterata da essere irriconoscibile) contenente consigli di carattere organizzativo. Il XIII Congresso ha esaminato con grande attenzione anche questa lettera, come tutte le altre, e ne ha tratto le conclusioni conformi alle condizioni e alle circostanze del momento. Qualsiasi chiacchiera sull'occultamento o sulla violazione del 'testamento' è una maligna invenzione ed è interamente diretta contro l'effettiva volontà di Vladimir Ilic (il corsivo è mio – G. St.) e gli interessi del partito da lui creato” (vedi l'articolo di Trotzki A proposito del libro di Eastman “Dopo la morte di Lenin” , Bolscevik , n. 16. 1° settembre 1925, p. 68).
Chiaro, mi sembra. Questo lo scrive Trotzki, e non qualcun altro. Su che base ora Trotzki, Zinoviev e Kamenev blaterano che il partito e il suo CC “nascondono” il “testamento” di Lenin? Blaterare “si può”, ma occorre avere il senso della misura.
Si dice che in questo “testamento” il compagno Lenin proponesse al congresso che, data la “rudezza” di Stalin, si dovesse pensare a sostituirlo con un altro compagno nella carica di segretario generale. E' assolutamente vero; sì, io sono rude, compagni nei riguardi di coloro che in modo rude e perfido distruggono e scindono il partito. Questo non l'ho nascosto, né lo nascondo. Forse ci vorrebbe una certa dolcezza nei riguardi degli scissionisti, ma non da me la otterrete. Alla prima seduta dell'assemblea plenaria del CC dopo il XIII Congresso ho chiesto all'assemblea plenaria del CC di esimermi dalla carica di segretario generale. Il congresso stesso ha discusso la questione. Ogni delegazione l'ha discussa, e tutte le delegazioni, all'unanimità, compresi Trotzki, Kamenev e Zinoviev, hanno imposto al compagno Stalin di restare al su posto.
Che cosa potevo dunque fare? Fuggire dal mio posto? Non è nel mio carattere; non sono mai fuggito da nessun posto e non ho il diritto di farlo, poiché questa sarebbe una diserzione. Come ho già detto prima, non sono libero di disporre di me; quando il partito impone una cosa devo sottomettermi.
Un anno dopo ho di nuovo chiesto all'assemblea plenaria di essere esonerato dalla carica, ma di nuovo mi è stato imposto di restare.
Che cosa dunque potevo fare?
Quanto alla pubblicazione del “testamento”, il congresso ha deciso di non pubblicarlo perché era indirizzato al congresso e non era destinato alla stampa.
Abbiamo la decisione della sessione plenaria del Cc e della CCC del 1926 di chiedere al XV Congresso il permesso di pubblicare questo documento. Abbiamo la decisione di quella stessa sessione plenaria del CC e della CCC di pubblicare altre lettere, nelle quali Lenin rileva gli errori di Kamenev e Zinoviev prima dell'insurrezione d'Ottobre e chiede la loro espulsione de partito.
E' ovvio che le chiacchiere secondo le quali il partito nasconderebbe questi documenti sono ignobili calunnie. Fra questi documenti ci sono anche lettere di Lenin sulla necessità di espellere dal partito Zinoviev e Kamenev. Il partito bolscevico, il CC del partito bolscevico non hanno mai temuto la verità. La forza del partito bolscevico sta proprio nel fatto che esso non teme la verità e la guarda dritto in faccia.
L'opposizione punta tutte le sue carte sul “testamento” di Lenin. Ma basta solo leggerlo questo “testamento” per comprendere che le loro carte valgono nulla. Al contrario, il “testamento” di Lenin è fatale per gli attuali capi dell'opposizione.
E' un fatto, invero che Lenin nel suo “testamento” accusa Trotzki di “non bolscevismo”, e degli errori di Kamenev e Zinoviev al tempo dell'Ottobre dice che non si tratta di errori “casuali”. Che cosa significa ciò? Significa che politicamente non si può aver fiducia né in Trotzki, che è malato di “non bolscevismo”, né in Kamenev e Zinoviev, i cui errori non sono “casuali” e possono ripetersi e si ripeteranno.
E' caratteristico il fatto che nel “testamento” non vi sia né una parola, né un accenno agli errori di Stalin. Si parla solo della rudezza di Stalin. Ma la rudezza non è né può essere un difetto della linea o della posizione politica di Stalin.
Ecco il passo in proposito del “testamento”:
“Non mi dilungherò sulle caratteristiche personali degli altri membri del CC. Ricordo soltanto che l'episodio di ottobre di Zinoviev e Kamenev non è naturalmente dovuto al caso, ma lo si può ascrivere a loro colpa personale tanto poco quanto a Trotzki il suo non bolscevismo”.
Mi sembra che sia chiaro.
(Stalin, “L'opposizione trotzkista ieri e oggi”, discorso a una seduta della sessione plenaria comune del CC e della CCC del PC(b) dell'URSS, 23 ottobre 1927, Opere complete Edizioni Rinascita, vol. 10, pagg. 184-190)
 

In passato sono stato troppo indulgente verso Trotzki e Zinoviev
All'ultima sessione plenaria del CC e della CCC, nell'agosto di quest'anno, c'è chi mi ha rimproverato di essere stato troppo debole nei riguardi di Trotzki e Zinoviev, perché avevo sconsigliato alla sessione plenaria di espellerli immediatamente dal CC. (Voci dai banchi: “Giusto! Anche adesso ve lo rimproveriamo”). Può darsi che allora io sia stato troppo indulgente e abbia commesso un errore proponendo una linea più moderata nei riguardi di Trotzki e Zinoviev. (Voci: “Giusto!”. Compagno Petrovski: “Giusto, vi rimprovereremo sempre per quella 'cordicella fradicia!'). Ma ora, compagni dopo tutto quello che abbiamo passato in questi tre mesi, dopo che l'opposizione è venuta meno alla promessa fatta nella sua “dichiarazione” dell'8 agosto di liquidare la sua frazione, ingannando così ancora una volta il partito, dopo tutto questo non c'è più posto per l'indulgenza. Adesso dobbiamo essere nelle prime file a fianco di quei compagni che esigono l'espulsione di Trotzki e di Zinoviev dal CC. (Scroscianti applausi. Voci: “Giusto! Giusto!”. Una voce dai banchi: “Trotzki deve essere espulso dal partito”). Questo lo deciderà il congresso, compagni.
Espellendo Trotzki e Zinoviev dal CC, dobbiamo sottoporre all'esame del XV Congresso tutti i documenti da noi accumulati sull'attività scissionistica dell'opposizione in base ai quali il Congresso avrà la possibilità di prendere una decisione appropriata.
(Stalin, “L'opposizione trotzkista ieri e oggi”, discorso a una seduta della sessione plenaria comune del CC e della CCC del PC(b) dell'URSS, 23 ottobre 1927, Opere complete Edizioni Rinascita, vol. 10, pagg. 204-205)
 
L'opposizione ha parlato qui di determinati errori commessi individualmente da membri del CC. Errori ce ne sono stati, naturalmente. Fra di noi non c'è gente assolutamente “infallibile”. Di gente simile non ne esiste. Ma ci sono diversi tipi di errori. Ci sono errori sui quali chi li commette non insiste, e che non danno origine a piattaforme, correnti e frazioni. Simili errori si dimenticano presto. Ci sono poi errori di altro tipo, sui quali chi li commette insiste, errori che danno origine a frazioni, a piattaforme e alla lotta nel partito. Simili errori non si possono dimenticare presto.
Bisogna fare una distinzione rigorosa tra queste due categorie di errori.
Trotzki, per esempio, dice che una volta io ho commesso un errore riguardo al monopolio del commercio estero. Questo è esatto. Effettivamente, nel periodo in cui i nostri organi di approvvigionamento erano in sfacelo, proposi di aprire temporaneamente uno dei nostri porti per l'esportazione del grano. Potrei contare a decine, a centinaia simili errori commessi da Trotzki, che furono poi corretti dal CC e sui quali egli in seguito non insistette. Se volessi enumerare tutti gli errori – molto gravi, meno gravi e di scarsa gravità – che Trotzki ha commesso nel corso del suo lavoro nel CC, ma sui quali egli non ha insistito e che sono stati dimenticati, dovrei leggere parecchie relazioni sull'argomento. Ma ritengo che nella lotta politica, nella polemica politica bisognerebbe parlare non di questi errori, ma degli errori che in seguito si sono sviluppati in una piattaforma e hanno provocato la lotta all'interno del partito.
(Stalin, “La settima sessione plenaria allargata del Comitato esecutivo dell'Internazione Comunista”, Discorso di chiusura, 13 dicembre 1926, Opere complete Edizioni Rinascita, vol. 9, pagg. 81-82)
 
2. Trotzki ha detto nel suo discorso che “Stalin dopo la rivoluzione di febbraio predicava una tattica sbagliata, che Lenin tacciava di deviazione kautskiana”.
Questo non è vero, compagni. Questo è un pettegolezzo. Stalin non “predicava” nessuna deviazione kautskiana. Che io abbia avuto certe esitazioni dopo il ritorno dalla deportazione, non l'ho mai nascosto e ne ho parlato io stesso nel mio opuscolo Sulla via dell'Ottobre. Ma chi di noi non ha mai avuto esitazioni passeggere? Quanto alla posizione di Lenin e le sue Tesi di aprile del 1917, ed è appunto quello di cui si tratta qui, il partito sa bene che io allora mi ero schierato a fianco del compagno Lenin contro Kamenev e il suo gruppo, che allora lottavano contro le tesi di Lenin. Coloro che conoscono i verbali della Conferenza dell'aprile 1917 del nostro partito, non possono non sapere che io ero schierato al fianco di Lenin e lottavo assieme a lui contro l'opposizione di Kamenev.
Il trucco qui consiste nel fatto che Trotzki mi ha confuso con Kamenev. (Ilarità. Applausi).
E' esatto che Kamenev era allora all'opposizione contro Lenin, contro le sue tesi, contro la maggioranza del partito, e sviluppava un punto di vista confinante col difensismo. E' esatto che Kamenev scriveva allora sulla Pravda , per esempio nel mese di marzo, articoli di carattere semidifensista, articoli dei quali io non sono, naturalmente, in nessun modo responsabile.
Il guaio di Trotzki è che egli ha confuso qui Stalin con Kamenev.
E dove era allora Trotzki durante la Conferenza dell'aprile 1917, quando il partito lottava contro il gruppo di Kamenev? In quale partito militava egli allora: nel partito menscevico di sinistra oppure nel partito menscevico di destra? E perché mai non si trovava allora nelle file della sinistra di Zimmmerwald? Ce lo racconti dunque Trotzki, sia pure sulla stampa. Ma che egli non fosse nel nostro partito è un fatto che Trotzki dovrebbe ricordare.
3. Trotzki ha detto nel suo discorso che “nella questione nazionale Stalin ha commesso un errore abbastanza rilevante”. Quale errore e in quali circostanze, Trotzki non l'ha detto.
Questo non è vero, compagni. Questi sono pettegolezzi. Io non ho mai avuto nessuna divergenza col partito o con Lenin sulla questione nazionale. Probabilmente Trotzki allude qui a un incidente insignificante, a quando il compagno Lenin prima del XII Congresso del nostro partito mi rimproverò di attenermi ad una politica organizzativa troppo severa nei riguardi dei seminazionalisti georgiani, dei semicomunisti della specie di Mdivani, il quale è stato recentemente nostro rappresentante commerciale in Francia, e disse che io li “perseguitavo”. Però i fatti successivi dimostrarono che i cosiddetti “deviazionisti”, gente della specie di Mdivani, meritavano in realtà di essere trattati più severamente di quanto li avevo trattati io come segretario del CC del nostro partito. Gli ulteriori avvenimenti dimostrarono che “i deviazionisti” sono una frazione del più aperto opportunismo in via di disgregazione. Dimostri dunque Trotzki che le cose non sono andate così. Lenin non conosceva e non poteva conoscere questi fatti perché era ammalato, costretto a letto, e non aveva la possibilità di seguire gli avvenimenti. Ma quale rapporto può avere quest'incidente insignificante con la posizione di principio di Stalin? Evidentemente, Trotzki fa qui un pettegolezzo, un'allusione a chi sa quali “divergenze” tra me e il partito. Ma non è forse un fatto che l'intero CC, compreso Trotzki, votò all'unanimità per le tesi di Stalin sulla questione nazionale? Non è forse un fatto che questa votazione ebbe luogo dopo l'incidente Mdivani, prima del XII Congresso del nostro partito? Non è forse un fatto che relatore sulla questione nazionale al XII Congresso fu proprio Stalin e nessun altro? Dove sono, dunque, le “divergenze” sulla questione nazionale, e perché mai proprio Trotzki ha voluto menzionare questo incidente insignificante?
4. Kamenev ha dichiarato nel suo discorso che il XIV Congresso del nostro partito ha commesso un errore “aprendo il fuoco a sinistra”, cioè aprendo il fuoco contro l'opposizione. Ne risulterebbe che il partito avrebbe lottato e continuerebbe a lottare contro il nucleo rivoluzionario del partito. Ne risulterebbe che la nostra opposizione sarebbe di sinistra e non di destra.
Tutte queste sono sciocchezze, compagni. Sono pettegolezzi propalati dai nostri oppositori. Il XIV Congresso non si è mai sognato di aprire il fuoco contro la maggioranza rivoluzionaria, e del resto non poteva farlo. In realtà esso ha aperto il fuoco contro gli elementi di destra, contro i nostri oppositori, i quali sono un'opposizione di destra, anche se si ammantano con una toga di “sinistra”. Naturalmente l'opposizione è propensa a considerarsi una “sinistra rivoluzionaria”. Il XIV Congresso del nostro partito ha accertato, viceversa, che l'opposizione non fa che camuffarsi con frasi di “sinistra”, ma che essa è, in realtà un'opposizione opportunistica. Sappiamo che l'opposizione di destra si maschera, spesso, con una toga di “sinistra” per indurre in errore la classe operaia.
(Stalin, “La settima sessione plenaria allargata del Comitato esecutivo dell'Internazione Comunista”, Discorso di chiusura, 13 dicembre 1926, Opere complete Edizioni Rinascita, vol. 9, pagg. 93-94)
 
Zinoviev, chissà perché, ha ricordato nel suo discorso le esitazioni di Stalin nel marzo 1917, accumulando a questo proposito un mucchio di fandonie. Non ho mai negato di aver avuto, nel marzo 1917, alcune esitazioni, ma queste mie esitazioni sono durate appena una o due settimane; con l'arrivo di Lenin, nell'aprile 1917, sono scomparse, e alla Conferenza dell'aprile 1917 ero al fianco del compagno Lenin contro Kamenev e il suo gruppo di opposizione. Di tutto questo ho parlato più di una volta nella nostra stampa di partito (vedi Sulla via dell'Ottobre , Trotzkismo o leninismo? ecc.).
Non mi sono mai considerato e non mi considero infallibile. Non ho mai nascosto non soltanto i miei errori, ma neanche le mie esitazioni momentanee. Ma non si deve neppure ignorare che non ho mai insistito sui miei errori, né ho mai creato sulla base delle mie momentanee esitazioni una piattaforma, un gruppo particolare, ecc.
(Stalin, “Sessione plenaria comune del Comitato Centrale e della Commissione centrale di controllo del PC(b) dell'URSS” Discorso del 5 agosto, 1927, Opere complete Edizioni Rinascita, vol. 10, pagg. 71-72)
 
Debbo innanzitutto smentire una dichiarazione assolutamente falsa e non corrispondente alla realtà fatta da Zinoviev a Trotzki, e cioè che io avrei fatto parte della cosiddetta “opposizione militare” all'VIII Congresso del nostro partito. È assolutamente falso, compagni. È una favola inventata da Zinoviev e da Trotzki tanto per fare qualcosa. Ho sottomano il resoconto stenografico, dal quale risulta chiaramente che io allora presi posizione, assieme a Lenin, contro la cosiddetta “opposizione militare”. Infine, qui ci sono dei compagni che hanno partecipato all'VIII Congresso del partito, i quali confermeranno che allora, all'VIII Congresso, io presi posizione contro l'”opposizione militare”. Non lo feci col tono ostile che sarebbe forse piaciuto a Trotzki, perché considerai che nell'opposizione militare vi erano dei magnifici quadri di cui non si poteva fare a meno al fronte, ma che io abbia preso decisamente posizione e abbia lottato contro l'opposizione militare è un fatto che possono contestare solo dei bugiardi impenitenti come Zinoviev e Trotzki.
Qual era il punto controverso all'VIII Congresso? La necessità di mettere fine al sistema dei volontari e dei partigiani, la necessità di costituire un vero e proprio esercito regolare operaio e contadino con una disciplina di ferro e di valersi per questo scopo delle capacità degli esperti militari.
C'era un progetto di risoluzione presentato da coloro che propugnavano la creazione di un esercito regolare con una rigida disciplina. Lo appoggiavano Lenin, Sokolnikov, Stalin e altri. C'era anche un altro progetto, il progetto di V. Smirnov, presentato da coloro che erano favorevoli a conservare nell'esercito elementi di carattere partigiano; lo difendevano V. Smirnov, Safarov, Voroscilov, Piatakov e altri.
Ecco alcuni passi del mio discorso:
“Tutte le questioni che si sono toccate qui si riducono a una sola: deve o non deve esserci in Russia un esercito regolare con una rigida disciplina?
Sei mesi fa, dopo il crollo del vecchio esercito zarista, ne avevamo uno nuovo, un esercito di volontari, male organizzato, con un comando collettivo, un esercito che non sempre obbediva agli ordini. Era il periodo in cui si delineava un'offensiva dell'Intesa. L'esercito era principalmente, se non esclusivamente, composto da operai. A causa della mancanza di disciplina in questo esercito di volontari, a causa del fatto che gli ordini non sempre venivano eseguiti, a causa della disorganizzazione nel comando dell'esercito, noi subimmo delle sconfitte, cedemmo Kazan all'avversario, mentre dal sud Krasnov avanzava con successo... I fatti mostrano che un esercito di volontari non corrisponde allo scopo, che non potremo difendere la nostra Repubblica se non creeremo un altro esercito, un esercito regolare, permeato di spirito di disciplina, con una sezione politica ben organizzata, un esercito che sappia e possa al primo ordine balzare in piedi e marciare contro il nemico.
Debbo dire che gli elementi non operai, i contadini, che costituiscono la maggior parte del nostro esercito, non combatteranno volontariamente per il socialismo. Molti fatti stanno a provarlo. Una serie di sommosse nelle retrovie e sui fronti, una serie di violenze al fronte, mostrano che gli elementi non proletari, che costituiscono la maggior parte del nostro esercito, non sono disposti a battersi volontariamente per il comunismo. Di qui il nostro compito di rieducare questi elementi permeandoli dello spirito di una ferrea disciplina; di far sì che essi seguano il proletariato non solo nelle retrovie ma anche sui fronti; di costringerli a combattere per la nostra causa comune, la causa socialista; e, nel corso della guerra, di portare a termine la costruzione di un vero esercito regolare, l'unico capace di difendere il paese. Così sta la questione
… O creeremo un vero esercito regolare operaio e contadino con una rigida disciplina, e difenderemo la Repubblica, oppure non lo faremo, e allora la nostra causa sarà perduta.
… Il progetto presentato da Smirnov è inaccettabile, perché non può far altro che minare la disciplina nell'esercito e esclude la possibilità di creare un esercito regolare”.
(Stalin, “Sessione plenaria comune del Comitato Centrale e della Commissione centrale di controllo del PC(b) dell'URSS” Discorso del 1 agosto, 1927, Opere complete Edizioni Rinascita, vol. 10, pagg. 51-53)
 

Alcuni consigli di candidato ai suoi elettori
Compagni, confesso che non avevo l'intenzione di parlare. Ma il nostro egregio Nikita Krusciov mi ha trascinato, si può dire a forza, in questa riunione. Fa un buon discorso, mi ha detto. Ma di che parlare? Quale discorso precisamente? Tutto ciò che doveva esser detto prima delle elezioni è stato detto e ridetto nei discorsi dei nostri compagni dirigenti Kalinin, Molotov, Voroscilov, Kaganovic e di molti altri nostri compagni che occupano posti di responsabilità. Che cosa si può aggiungere ancora a questi discorsi?
Si dice che alcune questioni delle campagne elettorale richiedono delle spiegazioni. Quali spiegazioni, su quali questioni? Tutto ciò che doveva essere spiegato, è stato spiegato e rispiegato negli appelli, a voi noti, del partito bolscevico, della gioventù comunista, del Consiglio centrale dei sindacati dell’URSS, della Società d’incoraggiamento alla difesa contro la guerra aerea e chimica, del Comitato per la cultura fisica. Che cosa si può ancora aggiungere a queste spiegazioni?
Naturalmente si potrebbe fare un discorsetto su tutto un po’ e su nulla. (Risa) . Può darsi che un discorso simile avrebbe divertito il pubblico. Si dice che vi sono specialisti per tali discorsi non solo laggiù nei paesi capitalisti, ma anche da noi, nel paese dei Soviet. (Risa, applausi) . Ma in primo luogo io non sono uno specialista per tali discorsi. In secondo luogo, vale la pena di occuparci di cose divertenti, ora, quando noi tutti bolscevichi siamo, come si dice, “carichi di lavoro fin sopra i capelli”? Io penso che non ne vale la pena.
E’ chiaro che in tali condizioni non si può fare un buon discorso.
Ma dal momento che sono salito alla tribuna bisogna pur che dica qualcosa. (Applausi fragorosi).
Voglio prima di tutto esprimere la mia riconoscenza (applausi) agli elettori per la fiducia che mi hanno dimostrata. (Applausi).
E’ stata portata la mia candidatura a deputato e la commissione elettorale della circoscrizione “Stalin” della capitale sovietica l’ha registrata. E’ una prova di grande fiducia, compagni. Permettetemi di esprimervi la mia profonda riconoscenza di bolscevico per la fiducia che avete dimostrato verso il partito bolscevico del quale sono membro e verso di me, come rappresentante di questo partito. (Vivi applausi).
Io so che vuol dire fiducia. Essa mi impone naturalmente nuovi obblighi, obblighi maggiori e, evidentemente, una nuova responsabilità, una responsabilità maggiore. Ma noi, bolscevichi, non abbiamo l’abitudine di rifuggire delle responsabilità. Io l’accetto volentieri. (Applausi fragorosi e prolungati).
Per parte mia voglio assicurarvi, compagni, che voi potete affidarvi con piena fiducia al compagno Stalin. (Ovazione fragorosa prolungata. Si grida: “Noi siamo tutti col compagno Stalin!”). Potete contare che il compagno Stalin saprà compiere il suo dovere verso il popolo (applausi) , verso la classe operaia (applausi), verso i contadini (applausi) , verso gli intellettuali. (Applausi) .
Voglio ancora, compagni, felicitarmi con voi per la festa che si avvicina, per la festa di tutto il popolo in occasione del giorno delle elezioni al Soviet Supremo dell’URSS (Vivi applausi) . Le elezioni imminenti non sono semplicemente delle elezioni, compagni. Sono una vera festa di tutto il popolo, dei nostri operai, dei nostri contadini, dei nostri intellettuali. (Applausi fragorosi) . Nel mondo non ci sono ancora mai state elezioni così veramente libere e veramente democratiche; mai! La storia non conosce un altro esempio simile. (Applausi) . Non si tratta del fatto che da noi si avranno elezioni generali, eguali, a scrutinio segreto e dirette, benché ciò abbia di per sé stesso una grande importanza. Si tratta del fatto che da noi le elezioni generali saranno le elezioni le più libere e le più democratiche in confronto alle elezioni di qualsiasi altro paese del mondo.
Le elezioni generali si fanno e hanno luogo anche in alcuni paesi capitalisti cosiddetti democratici. Ma in quali condizioni si fanno? In un ambiente di conflitti di classi, di ostilità di classi, in un ambiente in cui sugli elettori viene fatta una pressione da parte dei capitalisti, dei proprietari fondiari, dei banchieri e degli altri pescecani del capitalismo. Tali elezioni, anche se sono generali, eguali, a scrutinio segreto e dirette, non si possono chiamare completamente libere e completamente democratiche.
Da noi, nel nostro paese, le elezioni avvengono in tutt’altre condizioni. Da noi non vi sono capitalisti, non vi sono proprietari fondiari, quindi non vi è pressione da parte delle classi possidenti sulle classi non possidenti. Da noi le elezioni avvengono in un ambiente di collaborazione fra operai, contadini, intellettuali; in un ambiente di fiducia reciproca; in un ambiente, direi, di amicizia reciproca, perché da noi non vi sono capitalisti, non vi sono proprietari fondiari, non vi è sfruttamento, e non vi è nessuno insomma che possa fa pressione sul popolo per travisare la sua volontà.
Ecco perché le nostre elezioni sono le uniche nel mondo veramente libere e veramente democratiche. (Vivi applausi) .
Queste elezioni libere e veramente democratiche hanno potuto sorgere solo sul terreno del trionfo dell’ordine socialista, del socialismo che da noi non soltanto si va edificando, ma è già entrato nella vita, nella vita quotidiana del popolo. Dieci anni fa si sarebbe potuto discutere se è possibile o no costruire il socialismo da noi. Ora la questione non può essere oggetto di discussione. Ora è una questione di fatti, una questione di vita viva, di usi e di costumi che penetra in tutta la vita del popolo. Nelle nostre fabbriche e nelle nostre officine si lavora senza capitalisti. Uomini del popolo dirigono il lavoro. Da noi ciò si chiama socialismo nella pratica. Nei nostri campi lavorano i lavoratori della terra, senza i proprietari fondiari, senza i kulak. Uomini del popolo dirigono il lavoro. Da noi ciò si chiama socialismo nella vita, da noi ciò si chiama vita libera, socialista.
E su questa base appunto sono nate da noi elezioni nuove, veramente libere e veramente democratiche, elezioni che non hanno esempi nella storia dell’umanità.
Dopo questo, come non felicitarmi con voi per il giorno di festa di tutto il popolo, per il giorno delle elezioni al Soviet Supremo dell’Unione Sovietica! (Ovazione fragorosa di tutta la sala).
Vorrei ancora, compagni, darvi un consiglio, un consiglio di candidato a deputato ai suoi elettori. Se prendiamo i paesi capitalistici, esistono laggiù fra i deputati e gli elettori delle relazioni originali, direi persino alquanto strane. Finché dura la campagna elettorale i deputati civettano con gli elettori, strisciano davanti ad essi, giurano loro fedeltà, promettono mari e monti. Si direbbe che vi è dipendenza assoluta dei deputati dagli elettori. Appena finite le elezioni e i candidati diventano deputati, le relazioni cambiano radicalmente. Invece della dipendenza dei deputati dagli elettori si ha la loro indipendenza completa. Durante quattro o cinque anni, cioè sino a nuove elezioni, il deputato si sente completamente libero, indipendente dal popolo, dai suoi elettori. Può passare da un campo all’altro, può deviare dal giusto cammino nel cammino falso, può persino impegolarsi in macchinazioni poco pulite, può far capriole a piacimento: egli è indipendente.
Si possono ritenere normali tali relazioni? Assolutamente no, compagni. La nostra Costituzione ha tenuto conto di questa circostanza; essa contiene una legge in forza alla quale gli elettori hanno il diritto di richiamare prima del termine i loro deputati se questi incominciano a barcamenarsi, se deviano dal giusto cammino, se dimenticano la loro dipendenza dal popolo, dagli elettori.
E’ una legge magnifica, compagni. Il deputato deve sapere che egli è il servitore del popolo, il suo delegato al Soviet Supremo e che deve seguire la linea che il popolo, col suo mandato, gli ha tracciato. Se devia dal cammino gli elettori hanno il diritto di sbalzarlo senza cerimonie. (Risa, applausi) . E’ una legge magnifica. Il mio consiglio, il consiglio di un candidato ai suoi elettori è di non dimenticarvi di questo diritto, del diritto di richiamare i deputati prima del termine, di sorvegliarli, di controllarli e, se salta loro il ticchio di deviare dal giusto cammino, di sbarazzarvene e di esigere nuove elezioni. Il governo ha il dovere di indire nuove elezioni. Il mio consiglio è di ricordarvi di questa legge e di servirvene quando occorra.
Infine ancora un consiglio di candidato ai suoi elettori. Che cosa occorre esigere, in generale, dai propri deputati, se prendiamo fra tutte le esigenze possibili le più elementari?
Gli elettori, il popolo devono esigere dai propri deputati che essi siano all’altezza dei loro compiti; che nel loro lavoro non cadano al livello di filistei politici; che rimangano al posto di uomini politici di tipo leninista; che essi siano uomini politici cristallini e integri, come lo era Lenin (applausi) ; che essi siano così intrepidi nella lotta e implacabili verso i nemici del popolo come lo era Lenin (applausi) ; che essi siano così saggi e lontani da ogni precipitazione, quando si presentano problemi complicati la cui soluzione richiede la capacità di saper abbracciare vasti orizzonti e di tener conto largamente di tutti i vantaggi e gli svantaggi, come lo era Lenin (applausi) ; che essi siano così veritieri e onesti, come lo era Lenin (applausi) ; che essi amino il loro popolo, come lo amava Lenin. (Applausi) .
Possiamo noi dire che tutti i candidati siano uomini politici di tal genere? Noi potrei dirlo. Sotto il sole vivono persone di ogni fatta, uomini politici di ogni fatta. Vi sono uomini sui quali non puoi pronunciarti: sono essi buoni o cattivi, coraggiosi o pusillanimi, tutti dediti al popolo o per i nemici del popolo. Vi sono persone di tal fatta e uomini politici di tal fatta. Ve ne sono anche da noi, fra i bolscevichi. Voi lo sapete, compagni, non v’è famiglia senza magagna. (Risa, applausi) . A proposito di gente di tipo indefinito, di gente che ricorda piuttosto dei filistei politici che degli uomini politici, a proposito di gente di un tipo indefinito, indeterminato, il grande scrittore russo Gogol ha detto con un’espressione felice: “Gente indefinita, ne così né cosà: impossibile comprendere che sono, né Bogdan in città, né Selifan al villaggio”. (Risa, applausi) . Queste persone e questi uomini politici indefiniti sono, come bene si dice da noi fra il popolo, “della gente così così, né carne né pesce” (risa generali, applausi) , “né un cero per la Madonna, né una forca pel diavolo”. (Risa generali, applausi) .
Non potrei affermare con piena sicurezza che fra i candidati a deputati (porgo loro, naturalmente, tutte le mie scuse) e fra i nostri uomini politici non si trovino persone che ricordano piuttosto dei filistei politici e che, per il loro carattere e la loro fisionomia, ricordano persone di tal fatta, delle quali il nostro popolo dice: “né un cero alla Madonna, né una forca pel diavolo”. (Risa, applausi) .
Vorrei, compagni, che voi esercitaste un’influenza sistematica sui vostri deputati, che infondeste in loro la convinzione che devono tener presente la figura del grande Lenin e seguirne l’esempio in tutto. (Applausi) .
Il dovere degli elettori non finisce con le elezioni, ma continua durante tutta la legislatura del Soviet Supremo. Ho già parlato della legge che dà agli elettori il diritto di richiamare i deputati prima del termine della legislatura e se questi deviano dal giusto cammino. Il dovere e il diritto degli elettori è dunque di controllare incessantemente i loro deputati, di infondere loro l’idea che non devono in nessun caso discendere al livello di filistei politici; gli elettori devono infondere ai propri deputati l’idea che essi devono essere tali, quale fu il grande Lenin. (Applausi) .
Questo è, compagni, il secondo consiglio che volevo darvi, il consiglio di un candidato ai suoi elettori. (Applausi fragorosi e prolungati che si trasformano in ovazione. Tutti si alzano e rivolgono i loro sguardi al palco del governo dov’è entrato il compagno Stalin. Risuonano acclamazioni: “Al grande Stalin, urrà!”, “Al compagno Stalin, urrà!”,”Evviva il compagno Stalin, urrà!”, “Evviva il primo discepolo di Lenin, candidato al Soviet dell’Unione, compagno Stalin! Urrà!”).
(Stalin, “Discorso alla Riunione elettorale della circoscrizione ‘Stalin’ di Mosca pronunciato l’11 dicembre 1937 nel Gran Teatro”. Lenin, opere scelte in due volumi, Edizioni in lingue estere, Mosca 1947, pagg. 39-43)
 

Bisogna dare la possibilità ai sovietici di “lavare la testa” ai propri dirigenti
C'è un'altra circostanza che ci spinge all'autocritica. Penso alla questione: masse e dirigenti. Negli ultimi tempi, da noi, hanno cominciato a manifestarsi strani rapporti fra i dirigenti e le masse. Da una parte si è storicamente formato e sviluppato un gruppo di dirigenti, la cui autorità cresce continuamente e che diventano quasi irraggiungibili per le masse. Dall'altro lato, l'ascesa delle masse, della classe operaia in particolare, e delle masse dei lavoratori in generale, procede con straordinaria lentezza; esse cominciano a guardare dal basso i dirigenti, sono come accecate dallo splendore e spesso temono di criticarli.
Il fatto che da noi si sia formato un gruppo di dirigenti, arrivati molto in alto e che godono di grande autorità, è naturalmente, in sé, una grande conquista del nostro partito. E' chiaro che, senza la presenza di un tale autorevole gruppo di dirigenti, la direzione di un grande paese sarebbe impensabile. Ma il fatto che i dirigenti nella loro ascesa si allontanino dalle masse, e che le masse comincino a guardarli dal basso, senza avere il coraggio di criticarli, fa sorgere il pericolo del distacco dei dirigenti dalle masse e dell'allontanamento delle masse dai dirigenti.
Questo pericolo può condurre i dirigenti a diventare superbi e a ritenersi infallibili. E cosa ci potrebbe essere di buono nel fatto che i più alti dirigenti diventino superbi e comincino a guardare le masse dall'alto in basso? E' chiaro che questo e null'altro potrebbe condurre se non alla rovina del partito. Noi, però, vogliamo andare avanti e migliorare il nostro lavoro, non invece rovinare il partito. E proprio per andare avanti e per migliorare le relazioni fra le masse e i dirigenti, bisogna tenere aperta continuamente la valvola dell'autocritica, bisogna dare la possibilità ai sovietici di “lavare la testa” ai propri dirigenti, di criticarli per i loro errori, in modo che i dirigenti non diventino arroganti e le masse non si allontanino dai dirigenti.
(Stalin, “Sui lavori della Sessione plenaria comune d'aprile del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo”, Discorso alla riunione dell'attivo dell'Organizzazione di Mosca del PC(b) dell'URSS, 13 aprile 1928, Opere complete Edizioni Nuova Unità, vol. 11, pagg. 31-32)
 
Compagni! Nei congressi si parla di solito di conquiste. Non c'è dubbio che ci siano conquiste. Queste conquiste non sono da poco, naturalmente e non c'è motivo di nasconderle. ma, compagni, negli ultimi tempi qui si è cominciato a parlare troppo, talvolta fino alla nausea, di conquiste e perciò passa la voglia di ripetere cose già dette. Permettetemi dunque di rompere con la normale procedura e di dirvi qualche parola non sulle nostre conquiste, ma sulle nostre debolezze e sui nostri compiti in relazione a queste debolezze.
Penso qui ai compiti, compagni, che si riferiscono alla nostra edificazione interna.
Questi compiti riguardano tre questioni: la questione della linea del nostro lavoro politico, la questione dell'elevamento dell'attività delle masse popolari in generale e della classe operaia in particolare, come anche della lotta contro il burocratismo, e infine la questione della formazione di nuovi quadri per la nostra edificazione economica.
(Stalin, “Disvcorso all'VII Congresso dell'Unione della gioventù comunista leninista dell'URSS”, 16 maggio 1928, Opere complete Edizioni Nuova Unità, vol. 11, pag. 54)
 
 

25 febbraio 2015