In Italia 10 milioni di poveri
Due milioni e mezzo di giovani non studiano e non lavorano

Le masse popolari sprofondano sempre più giù nella voragine della crisi. I dati della dimensione del disastro sono contenuti nel rapporto Istat “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, relativo al 2013.
Il “disagio economico” riguarda il 23,4% delle famiglie italiane, dato che si traduce in oltre 10 milioni le persone, il 16,5% dei residenti, in condizioni di povertà relativa, le quali cioè hanno una capacità d'acquisto inferiore alla media nazionale della spesa necessaria ad acquistare beni e servizi. Sotto la soglia di povertà assoluta, rappresentata dal valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia ad avere standard di vita accettabile, c'è invece il 7,9% dei nuclei. Il dato si traduce in circa 6 milioni di residenti in Italia in povertà assoluta. Notevole la crescita rispetto ai 4,8 milioni registrati l’anno precedente. Il Mezzogiorno, come sempre, ha una situazione particolarmente svantaggiata. Qui è oltre il 25% delle famiglie in stato di povertà assoluta.
In concreto i 10 milioni di famiglie povere non possono sostenere spese impreviste, accumulano arretrati nei pagamenti di bollette, affitti e mutui.
Il dato della povertà è strettamente connesso all'assenza di lavoro. Tra i 20 e i 64 anni lavorano meno di sei persone su dieci. Non solo, nel 2013, il tasso di occupazione per questa fascia d'età è in calo rispetto all'anno precedente.
Parallelamente, aumenta di 1,5 punti percentuali il tasso di disoccupazione che arriva al 12,2 per cento, raggiungendo il livello più elevato dal 1977, l'anno di partenza delle serie storiche ricostruite. Dato impressionante è quello del tasso di disoccupazione ufficiale che al Sud si attesta al 19,7%, più del doppio del Centro-Nord che fa registrare il 9,1%. Non solo, la disoccupazione al Sud aumenta in dodici mesi di ben 2,5 punti percentuali e la tendenza è quella ad aumentare ulteriormente.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) arriva nel 2013 al 51,6% era 46,9% l'anno precedente. Una percentuale abnorme, ancor di più se la si considera alla luce dei due milioni e mezzo di giovani che non studiano né lavorano, pari al 26% degli under 30.
Certo, sono numeri e percentuali precedenti all'occupazione di Palazzo Chigi da parte del nuovo Berlusconi. E' assolto, dunque, Renzi? Per niente, anzi è proprio lui che aumenta e aggrava le cause profonde del disastro sociale ed economico. E' lui che continua le politiche di Berlusconi, Monti, Letta. E' Renzi ha spingere alle estreme conseguenze le politiche di precarizzazione del lavoro, privatizzazione dei servizi pubblici e depauperamento delle risorse delle masse popolari.
Ne consegue che, se si vuole bloccare la tendenza all'impoverimento e all'aumento della disoccupazione in Italia, nel Berlusconi democristiano non va riposta alcuna fiducia ed egli va spazzato via subito, insieme a tutte le controriforme economiche e sociali, al Jobs Act, con la liberalizzazione dei contratti a termine e dell'apprendistato, che penalizza soprattutto i giovani e aumenta il precariato, alla “buona scuola”, alla privatizzazione dei servizi, ai tagli ai lavoratori statali, al blocco totale del turn over e degli stipendi, ai tagli alla spesa pubblica che si riverseranno sulla sanità, sui servizi sociali e sui trasporti.

4 marzo 2015