Con la responsabilità civile dei magistrati
Renzi punisce i giudici come voleva la P2
Mattarella mette in riga i magistrati
L'ANM: “Una sentenza contro l'indipendenza dei magistrati”

La legge sulla responsabilità civile dei magistrati, già invocata nel piano della P2 e inseguita invano per vent'anni da Berlusconi, si è realizzata grazie al suo successore Matteo Renzi: il 24 febbraio la Camera ha approvato infatti senza alcuna modifica il testo del ministro della Giustizia Orlando, così come era uscito lo scorso 19 novembre dal Senato, respingendo tutti gli emendamenti presentati. Un testo che col pretesto di estendere al diritto europeo la legge Vassalli che regolava finora la responsabilità civile dei giudici, introduce alcune modifiche studiate apposta per mettere la mordacchia ai magistrati e consegnare in mano a imputati “eccellenti”, politici corrotti e mafiosi una micidiale arma di ricatto e di intimidazione, capace di far sentire addirittura preventivamente i suoi effetti sui magistrati inquirenti e giudicanti.
Non a caso il berlusconiano Enrico Costa - oggi viceministro della Giustizia in forza al partito di Alfano - ha dichiarato trionfante che è stato raggiunto “un traguardo storico, io dico il coronamento di anni di battaglie del centrodestra italiano”. In piena sintonia, del resto, con il “giovane turco” della sinistra PD e suo superiore Andrea Orlando, che lo ha definito “un passaggio storico”, col quale “la giustizia sarà meno ingiusta e i cittadini più tutelati”. Ma più di tutti è stato lo stesso Renzi ad attribuirsi il merito di questa “riforma” storica della P2 e della destra, pubblicando sul web la sua foto mentre la controfirmava, alla maniera di Mussolini, e scrivendo su Twitter che si tratta di “una firma attesa da 28 anni”. Scordandosi di aggiungere che 20 di questi portano il marchio del suo precursore e maestro Berlusconi, al quale l'ha servita gratis su un piatto d'argento.

Un altro frutto velenoso del patto del Nazareno
Si tratta di un altro punto realizzato di quel patto del Nazareno già dato per morto, ma che continua come si vede a produrre tutti i suoi nefasti effetti sotto il segno della P2. Ma c'è anche da dire che a reggere il sacco a Renzi e Berlusconi è stato tutto il parlamento nero, visto che la legge è stata approvata col voto compatto di tutta la maggioranza, compresa la sinistra del PD, alla quale questa legge piace perché anch'essa ha da tutelare i propri politici inquisiti. E non solo con l'astensione scontata di Forza Italia, della Lega e dei fascisti di FdI (perché la chiedevano ancor più punitiva contro i magistrati, e quindi dovevano fingersi “scontenti”), ma anche con l'astensione inqualificabile e vergognosa di SEL dell'inquisito Vendola, nonché dei trasfughi del Movimento 5 stelle passati al servizio di Renzi. Solo i deputati del M5S hanno votato contro, accusando la legge di volere l'“intimidazione dei magistrati”; ma va precisato che al Senato avevano votato anche loro lo stesso testo poi ripudiato alla Camera, giustificandosi allora con queste parole del senatore Giarrusso: “Non sarà una legge perfetta, ma sicuramente non è una porcata ed è grazie a noi. Noi non abbiamo trovato un muro questa volta, M5S c'è e non si tira indietro davanti alle proprie responsabilità”.
Il fatto stesso che questa legge sia stata approvata ancor prima delle nuove leggi sulla corruzione e sul falso in bilancio, promesse già da un anno da Renzi e Orlando e che invece continuano ad essere rimandate di mese in mese nella sconcia trattativa al ribasso tra PD e NCD, la dice lunga sul significato politico e gli obiettivi reazionari di questa operazione. “Ma quale rivoluzione, quale passaggio storico - ha denunciato infatti il presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Anm) Rodolfo Sabelli - è una rivoluzione contro la giustizia, contro l'indipendenza dei magistrati, che contiene profili di incostituzionalità ed è un segnale negativo per il presidio della legalità”. Anche perché a fronte di “una corruzione dilagante, la politica che non riesce a varare una riforma dei reati di corruzione e della prescrizione, approva invece una legge contro i magistrati”.
“Il significato delle legge è persino peggiore degli effetti che essa avrà”, ha aggiunto il magistrato, sottolineando il paradosso che “il pericolo è l’inversione di ruolo: chi è chiamato a giudicare diventerà il soggetto sottoposto a giudizio da parte di chi dovrebbe essere giudicato”. “Preoccupa il segnale culturale e politico, come se il problema della giustizia italiana fossero i giudici, non la mafia e la corruzione”, ha commentato a sua volta il segretario di Magistratura democratica e consigliere della Direzione nazionale antimafia, Anna Canepa.

Un regalo a imputati “eccellenti”, politici corrotti e mafiosi
Insomma, è una legge che si preoccupa di ostacolare in tutti i modi le guardie, piuttosto che punire i ladri. E lo si capisce subito dalla prima delle norme approvate, che recepisce al cento per cento una richiesta da sempre cavalcata dalla destra: l'abolizione totale del filtro di ammissibilità, finora previsto dalla legge Vassalli, per le cause di responsabilità civile intentate da condannati e perdenti causa per sentenze ritenute ingiuste dovute a dolo o colpa grave del magistrato. Ciò che permetteva di escludere le cause manifestamente infondate, pretestuose e temerarie, ora è stato completamente rimosso, per cui qualunque condannato e soccombente avrà tre anni di tempo per intentare causa allo Stato presso la presidenza del Consiglio. La quale ha l'obbligo di rivalersi entro due anni sul magistrato, se questi è condannato “per diniego di giustizia o per dolo o negligenza grave”. L'entità della rivalsa sale da un terzo a mezzo stipendio annuale, oppure è totale se vi è dolo.
E non solo è stato abolito il filtro di ammissibilità - abolizione fra l'altro incompatibile con una sentenza della Corte costituzionale che aveva già sancito l'obbligatorietà di un filtro per le cause di responsabilità civile - ma sono stati allargati i confini della colpa grave, che ora potrà essere invocata dai condannati anche per “violazione manifesta della legge e del diritto comunitario” e in caso di “travisamento del fatto o delle prove”. Formulazioni volutamente indefinite e fumose, che spalancano praterie agli imputati ben dotati di mezzi economici e di avvocati Azzeccagarbugli per ribaltare sentenze e ricusare giudici “sgraditi”. Inoltre la colpa grave potrà essere invocata anche per l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale al di fuori dei casi consentiti dalla legge o senza motivazione”: una manna per i politici e manager corrotti, i mafiosi, i bancarottieri, i super evasori fiscali, ecc., che potranno impugnare questo strumento ogni volta che vorranno per ricusare il proprio magistrato, che una volta chiamato in causa civilmente dall'inquisito dovrà lasciare l'inchiesta a causa della sua doppia veste di pubblico ministero e di accusato.
Ma quello che è ancora più grave è che tutte queste norme, ancor prima che imputati ricchi, potenti, corrotti e mafiosi possano decidere di avvalersene, faranno sì che pm e giudici saranno soggetti a una sorta di intimidazione preventiva, sapendo in partenza che con questa legge un'inchiesta o una sentenza di condanna potrebbe portarli facilmente sul banco degli imputati. Quindi saranno portati a giudicare con timore reverenziale e con manica larga gli imputati “eccellenti”, mentre non avranno gli stessi scrupoli nei confronti dei poveracci, perdendo così la loro indipendenza e autonomia di giudizio e finendo per usare due pesi e due misure: si torna ad una “giustizia di classe, timorosa di chi è più forte, meno attenta ai diritti dei deboli”, denuncia infatti Magistratura democratica.
Inoltre, con l'abolizione del filtro di ammissibilità, definita non a caso dal viceministro Costa “il fiore all'occhiello del disegno di legge”, i magistrati paventano un'ondata di migliaia di ricorsi che finiranno per intasare ulteriormente i tribunali già al collasso per mancanza di personale e di risorse, allungando i già insostenibili tempi della giustizia e mandando al macero ancora più processi per prescrizione. I magistrati prevedono anche un'impennata di ricorsi alla Corte di giustizia europea, sia da parte di imputati potenti, sia da parte degli stessi magistrati, nel dubbio di essere accusati di violazione dell'interpretazione del diritto comunitario, con conseguente rallentamento sia della giustizia europea che nazionale.

La logica punitiva, fascista e piduista, della legge
Uno scenario, questo, minimizzato da Orlando, che pure è stato costretto a “promettere” al parlamento e ai magistrati che tra sei mesi la legge potrà essere sottoposta a un “tagliando” (sic) se tale scenario dovesse avverarsi. Con ciò ha ammesso implicitamente di aver voluto approvare in tutti i modi e a scatola chiusa, col pretesto dell'imminente multa milionaria europea in scadenza, una legge riconosciuta affetta in partenza da gravi anomalie e vizi costituzionali, capaci di portare a conseguenze disastrose per il funzionamento della macchina della giustizia, ma impegnandosi “sulla parola” a cambiarla a posteriori se le cose si metteranno effettivamente male: una cosa ridicola, mai udita nella storia del parlamento della Repubblica!
Per cancellare il filtro il governo e la destra hanno accampato la scusa che la legge Vassalli ha prodotto in tutti questi anni solo sei o sette condanne di magistrati, ossia “troppo poche”. Ma ciò può anche essere interpretato semplicemente col fatto che la stragrande maggioranza delle cause intestate erano infondate o pretestuose. E comunque, ammesso che il filtro sia stato troppo severo e le sentenze “troppo poche”, che razza di soluzione è abolirlo del tutto, invece che semmai aggiornarlo? Evidentemente il pensiero di chi ha voluto a tutti i costi questa legge è che la maggior parte delle sentenze della magistratura sono ingiuste o affette da gravi colpe e meritano pertanto migliaia di cause risarcitorie. Che a ben vedere è la stessa logica punitiva dei “magistrati metastasi del Paese” da sempre proclamata da Berlusconi. E la stessa logica che li accusa di essere una “casta di intoccabili” proclamata dal Berlusconi democristiano Renzi, che per dimostrarlo ha voluto demagogicamente tagliar loro le ferie.
Ancor più grave che questa stessa logica fascista e piduista sia stata sposata automaticamente anche dal nuovo inquilino del Quirinale, il democristiano Mattarella, che lo stesso giorno in cui veniva approvata la legge, parlando alla scuola dei magistrati a Firenze, li ha severamente rampognati e messi in riga, esattamente come faceva il rinnegato Napolitano, sentenziando che il loro compito deve essere “né di protagonista assoluto nel processo né di burocratico amministratore di giustizia”: zitti e mosca, insomma, e pedalare in silenzio e a capo chino.
Il senso politico di questo doppio attacco a tenaglia alla magistratura è ben sintetizzato dalle parole del segretario dell'Anm Maurizio Carbone, che, pure alla vigilia dell'approvazione della legge, nel timore che fosse giudicato una difesa corporativa e di “casta”, si era speso insieme al presidente Sabelli per far rientrare la minaccia di sciopero di protesta delle toghe in rivolta: “Ribadiamo la nostra contrarietà, il segnale è pessimo: la politica si compatta per dare una lezione, un messaggio che i problemi della giustizia siamo noi magistrati”. “Con questa legge sciagurata e punitiva Palazzo Chigi ci caccia le dita negli occhi, è una legge contro i magistrati”, gli ha fatto eco il giudice milanese Enrico Consolandi.

4 marzo 2015