Il PD mette in soffitta la sua “incandidabilità”
Il plurinquisito De Luca vince le primarie PD
Il boss di Salerno: “Sono l'azionista di riferimento di Renzi”
il vicepresidente della commissione antimafia: “forti rischi di infiltrazioni nelle votazioni”

 
Redazione di Napoli
È successo di tutto alle disastrate primarie del PD in Campania per scegliere il candidato per il “centro-sinistra” da contrapporre a quello di “centro-destra”, Stefano Caldoro. Settimane infuocate dovute a trame, denunciate infiltrazioni nel voto, inganni, che si aggiungevano ai gravi fatti di Ercolano di alcune settimane prima condito da un disgustoso livore senza pari tra i candidati. Hanno partecipato al voto circa 150mila campani su cinque milioni della popolazione totale.
Il nuovo Berlusconi Renzi ha partecipato attivamente nelle scelte dei candidati, cominciando dal tirare fuori il rinnegato del comunismo Gennaro Migliore, ex responsabile giovanile del PRC, poi vendoliano in Sel e oggi deputato PD. Un opportunista di destra, Migliore, che Renzi ha voluto premiare con un incontro nel quale lo ha letteralmente costretto a tirarsi fuori dalla competizione per non bruciarsi subito in cambio del sostegno del PD nazionale per candidarsi a sindaco nelle elezioni amministrative del 2016.
Successivamente si autoescludeva anche il coordinatore regionale dell’Italia dei Valori, Nello Di Nardo, che denunciava apertamente il rischio infiltrazioni, riprendendo le parole del vicepresidente della commissione antimafia, Claudio Fava, che aveva gettato ombre sulla competizione elettorale PD in Campania: “le primarie in Campania rischiano di riproporre una pagina opaca per tutta la politica italiana”, aveva ribadito Fava. Al punto che il rischio paventato di un annullamento delle primarie cominciava a montare proprio per questi sospetti ma soprattutto per la situazione dell’altro candidato, l’ex neopodestà di Salerno condannato e plurinquisito Vincenzo De Luca e la sua posizione di non potersi candidare per la competizione.
Altro problema risolto all’acqua di rose dal PD nazionale, in particolare dal vicesegretario ex DC Lorenzo Guerini e dal braccio destro di Renzi e sottosegretario Luca Lotti, con la motivazione che lo statuto dei neoliberali era stato stilato prima della legge Severino e, dunque, non sorgevano problemi di incandidabilità per De Luca. Situazione ulteriormente incancrenita dalla presentazione alle primarie del bassoliniano di ferro Andrea Cozzolino, sia perché alle primarie PD del 2011 per scegliere chi candidare come sindaco di Napoli, vi fu un annullamento tout court per infiltrazioni pesantissime che aveva compromesso il voto; sia perché qualche giorno prima delle votazioni Cozzolino si faceva fotografare con due giovani dirigenti vicini a Nicola Cosentino, attualmente in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Una foto rimbalzata sui quotidiani nazionali e che sembrava risultare un chiaro invito ai transfughi fedeli a Cosentino di dare fiducia al candidato delfino del Bossi del Sud Bassolino per poi promettere qualche poltrona a palazzo S.Lucia in caso di elezione a governatore. Una foto che veniva duramente attaccata dall’europarlamentare PD Massimo Paolucci, vicino anch’egli all’ex neopodestà di Napoli, che vedeva in quella immagine l’emblema di un serio rischio infiltrazioni che era latente da diverse settimane.
Diatribe che venivano accese prima da Civati, della minoranza PD, che buttava benzina sul fuoco ponendo seri dubbi sui candidati e sulla loro presunta “popolarità” in Campania: “Renzi non è ambizioso, il vento del cambiamento non ha trovato neanche la rappresentazione di una candidatura unitaria: De Luca e Cozzolino facevano già parte del paesaggio”. E poi dal deputato PD Guglielmo Vaccaro, che aveva paventato una possibile candidatura, e che invece propendeva in ultimo persino per Caldoro dichiarandosi di autosospendersi dal PD: “Tra me e il segretario Renzi c’è una totale identità di vedute. Ambedue sappiamo che per la democraticità e l’integrità delle casse pubbliche Caldoro è meglio di De Luca e Cozzolino. Ma lui non lo può dire, mentre io che ho qualche responsabilità in meno posso dire anche le verità più scomode”. In questo caos totale che spaesava la base del PD campano, a chiudere il cerchio e a rinfoltire le polemiche sul voto interveniva il giornalista anticamorra Roberto Saviano che invitava gli iscritti del PD a non andare a votare perché i candidati “rappresentano la vecchia politica, clientele e vent’anni di sperperi”.
In un clima pesantissimo, dunque, si svolgevano le primarie domenica 1 marzo con la sfida tra i bassoliniani, rappresentato da Andrea Cozzolino, e Vincenzo De Luca, con il terzo incomodo rappresentato dal socialista e deputato PD, Marco Di Lello. Le prime denunce erano quelle di infiltrazioni di altri schieramenti, per lo più di iscritti della casa del fascio, che intervenivano influenzando il voto - come dimostrato da alcune interviste fatte da alcuni freelance - che confermavano le denunce di Cofferati sulla presenza dei fascisti ai seggi in Liguria.
L’atteggiamento tronfio e borioso del vincitore, ossia l’ex podestà decaduto di Salerno, sia prima che dopo le votazioni, dava già una idea di chi potesse essere il vincitore della competizione: “Sono il principale elettore in Campania e l’azionista di riferimento di Renzi”; e con una sfrontatezza e una arroganza senza pari, sicuro del fatto suo: “io mi sono mosso nell’ambito delle regole dello statuto del partito”. Una volta eletto nella mattinata del 2 marzo dopo lo spoglio dei voti, con un plebiscito nel suo conclave di riferimento, ossia Salerno, De Luca attaccava Saviano affermando di aver sbagliato a dire agli iscritti di “non andare a votare: è stato un errore”. Non retrocedeva il giornalista che rispondeva: “sia De Luca che Cozzolino rappresentano il passato, la gestione della Campania con gli errori madornali, le ecoballe, la speculazione. Sono gli stessi protagonisti degli ultimi 20 anni e siccome ultimi 20 sono stati colmi di contraddizioni, sperperi e mala gestione, tutto questo secondo me, le primarie dovevano evitarlo e invece lo hanno riproposto”.
Le primarie del PD in Campania non solo dimostrano che esse sono espressione degli squallidi giochi e scontri di potere tra le diverse correnti interne neoliberali, che, con la salita al potere di Renzi, si sono infittite al punto da spezzare ogni legame persino con il PCI revisionista di Berlinguer autoproclamatosi allora il “partito dalle mani pulite” (in contrapposizione alla DC e al PSI di Craxi). Di fatto il PD si è irreversibilmente trasformato in un partito di punta del regime neofascista organizzato e strutturato a immagine e somiglianza della vecchia DC e della berlusconiana Forza Italia, dove a spadroneggiare con metodi mafiosi sono i capobastone delle diverse cosche correntizie con il “capo dei capi” Renzi.
L'unica, vera alternativa di classe a questo marcio sistema capitalista corrotto fino al midollo è il PMLI. Quello che occorre è distruggere questo sistema economico, lo Stato borghese, le sue istituzioni nazionali e locali in camicia nera e spodestare la classe dominante borghese, abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le classi, le disuguaglianze sociali e di sesso, le disparità territoriali e tra città e campagna e dare tutto il potere al proletariato. Cominciando a dare fiducia al PMLI, il Partito del socialismo.

4 marzo 2015