Tsipras sommerso dalle critiche della piazza e della sinistra di Syriza

 
I sostenitori del primo ministro Alexis Tsipras sostengono che il suo governo è riuscito a raggiungere nella trattativa con l'Eurogruppo a Bruxelles un non scontato equilibrio tra le richieste dei creditori internazionali e il suo piano anti-austerity, dovendo retrocedere momentaneamente dai suoi propositi di buttare all'aria il memorandum capestro per il popolo greco sottoscritto dai suoi predecessori e accettando parte del programma precedente pur impegnandosi a affrontare quella che ha definito una "crisi umanitaria". Un compromesso per nulla accettato dalla sinistra del suo stesso partito, Syriza, e che ha registrato le prime proteste di piazza.
La prima si è svolta il 26 febbraio a Atene, nel momento in cui il Bundestag tedesco votava il via libera alla proroga di quattro mesi agli aiuti alla Grecia, promossa dall'organizzazione Antarsya (Cooperazione di sinistra anticapitalista) e appoggiata da gruppi anarchici che manifestavano contro "la nuova austerity" imposta da un esecutivo formato dalla coalizione tra Syriza e la formazione di destra di Anel che si definisce di sinistra o anti-memorandum. La manifestazione terminava con barricate e scontri con la polizia.
Il 27 febbraio si svolgeva un'altra manifestazione contro l’accordo di Bruxelles organizzata dal partito revisionista Kke in Piazza Sintagma a Atene, di fronte al Parlamento. Il segretario del Kke annunciava di aver presentato un progetto di legge per "l’annullamento del memorandum" e accusava Tsipras di essersi piegato ai creditori internazionali "dimenticando in tempo record le promesse elettorali". Chiedeva il ritiro immediato del Memorandum e delle leggi consequenziali e la rottura con l’Unione europea. Il nuovo accordo, firmato dal governo, denunciavano dal palco è un’estensione sostanziale e formale del memorandum e degli impegni presi, la continuazione di politiche impopolari dei precedenti governi guidati dalla destra di Nuova democrazia o dai socialisti del Pasok. Un accordo che comprende tutte le misure negative per i lavoratori e che, invece, aiutano il recupero di redditività capitalistica. Tutto quello contro cui ha lottato negli anni precedenti il popolo greco.
Gli echi della protesta si erano fatti sentire anche alla riunione del gruppo parlamentare di Syriza del 26 febbraio, durata dieci ore e conclusasi con alcune decine di deputati sui 149 presenti che bocciavano l'accordo di Bruxelles. Una bocciatura espressa anche in un documento del responsabile della politica economica di Syriza e di altri due dirigenti del partito che criticano duramente l’operato del ministro delle finanze Yanis Varoufakis. L’accordo di Bruxelles, denunciava il documento, si riferisce ai "controlli da parte dei creditori internazionali e non ad uno scambio di valutazioni sull’ andamento dell’economia greca (…) accetta gli aiuti economici del precedente accordo, non fa riferimento alla ristrutturazione del debito pubblico ma parla di un programma di sostenibilità" e tutto sommato "poco ricorda ciò che Syriza prometteva prima del voto del 25 gennaio" che l'ha portata alla guida del governo di Atene.
Quanto siano fallaci le promesse elettorali lo aveva confermato il 24 febbraio il ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis che annunciava lo stop alla privatizzazione della compagnia elettrica. L’offerta per Admie, l’operatore della rete elettrica, "non andrà avanti", spiegava Lafazanis, "perché non sono state presentate offerte vincolati, quindi non sarà completata. Lo stesso vale per Ppc", la società pubblica dell’elettricità. Come dire che la privatizzazione non si è fermata come promesso in campagna elettorale ma si è fermata solo perché non sono arrivate proposte valutate positivamente dal governo. Una posizione confermata dal ministro Varoufakis che assicurava: "non svenderemo i gioielli di famiglia". Che sono comunque in vendita sul mercato per passare ai capitalisti privati.

4 marzo 2015