Nel cinquantenario della marcia di Selma
La polizia Usa uccide un 19enne nero disarmato
A Los Angeles brutale esecuzione di un senza-tetto

 
Il 7 marzo, nel giorno in cui con una manifestazione in pompa magna Obama ricordava il cinquantenario della marcia di Selma per il diritto di voto agli afroamericani, un agente della polizia di Madison in Wisconsin uccideva un 19enne nero disarmato.
Secondo la versione della polizia, l'agente sarebbe intervenuto per sedare una lite e dopo una colluttazione con il ragazzo gli ha sparato, uccidendolo. La polizia locale affermava che il giovane era sospettato di una precedente aggressione, ciò nulla toglie al fatto che il poliziotto ha firmato con una pallottola la sua sentenza di colpevolezza prima ancora del giudizio di un tribunale; tribunale che difficilmente vedrà anche il poliziotto secondo una prassi che vede regolarmente gli assassini della polizia uscirne con un non luogo a procedere, senza neanche passare da un giudice. Alla notizia della morte del ragazzo molti manifestanti sono scesi in piazza nella città di Madison per manifestare contro la polizia razzista.
Pochi giorni prima, l'1 marzo un gruppo di agenti della polizia di Los Angeles si erano resi responsabili della brutale esecuzione di un senza-tetto, ucciso con diversi colpi di pistola. L’esecuzione era stata ripresa con cellulare e rilanciata in rete per denunciare l'ennesima vittima degli agenti razzisti. Il video mostrava sei agenti che circondavano l'uomo, gli saltavano addosso e dopo una colluttazione si alzavano e almeno in tre spianavano le pistole e lo uccidevano. Infine il 10 marzo un agente dell'area di Atlanta, in Georgia, uccideva un afroamericano disarmato; la lista degli omicidi della polizia razzista americana non conosce fine, gli agenti restano impuniti e Obama, il primo presidente nero, continua piangere lacrime di coccodrillo come durante la marcia rievocativa di Selma e a non muovere un dito.
Alcune migliaia di persone marciavano il 7 marzo sul ponte presso la città di Selma in Alabama per rievocare la prima storica marcia per i diritti civili da Selma a Montgomery che ebbe luogo il 7 marzo 1965, una giornata che sarebbe stata ricordata come la "Domenica di Sangue" (Bloody Sunday) dopo che 600 dimostranti neri furono attaccati da poliziotti bianchi con manganelli e gas lacrimogeni; decine di manifestanti rimasero feriti. La seconda marcia del 9 marzo, guidata da Martin Luther King, vide la partecipazione di 2500 manifestanti che furono costretti dalla polizia a tornare indietro dopo aver attraversato il ponte perché la marcia non era autorizzata. Ottenuti i permessi la manifestazione ripartì da Selma il 16 marzo e si concluse il 25 marzo a Montgomery con 25 mila dimostranti che arrivarono fino sotto al palazzo del governatore dell'Alabama per rivendicare il diritto di voto. La legge sul diritto di voto, il Voting Rights Act, sarà firmata dall'allora presidente Lyndon Johnson e venne tramutata il legge il 6 agosto.
Il diritto di voto della popolazione nera era già definito nel XV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, approvato dopo la guerra di secessione e ratificato il 3 febbraio 1870. Un diritto scritto sulla carta e ostacolato nell'applicazione tanto che ci vorrà un movimento di rivendicazione e la marcia di Selma per arrivare quasi 100 anni dopo alla legge che esplicitamente vietava i test di alfabetizzazione come requisito per essere iscritti nelle liste elettorali e poter esercitare il diritto di voto; quello dei test insuperabili per una larga parte di popolazione analfabeta o il pagamento di una tassa che tagliava fuori i poveri erano alcuni dei metodi introdotti negli stati del Sud, governati indifferentemente da repubblicani e da democratici, per impedire il voto agli afroamericani.
Il diritto di voto è arrivato ma la discriminazione razziale è rimasta pressoché inalterata in particolare in larga parte della polizia americana.
 

11 marzo 2015