Selvagge cariche poliziesche
Marcia degli studenti birmani contro l'attacco all'istruzione pubblica
Gli studenti contestano anche Aung San Suu Kyi: “Basta con i compromessi"

 
Formalmente la dittatura militare in Myanmar è finita nel 2011 con la formazione di un governo e la nomina del presidente Thein Sein, un ex generale della giunta militare e da allora impegnato in una serie di riforme politiche e istituzionali "democratiche". A giudicare dalla riforma di scuole secondarie e università, avviata con una legge approvata nel settembre scorso, l'istruzione pubblica continuerà a essere sotto lo stretto controllo dell'esecutivo come nei decenni della dittatura militare. Così l'hanno giudicata gli studenti birmani che negli ultimi mesi hanno dato vita a un forte movimento di protesta contro l'attacco all'istruzione pubblica, con manifestazioni e occupazioni di piazze in tutto il paese e in particolare nella capitale Rangoon fino alla marcia che partendo dalle zone periferiche doveva raggiungere la capitale e bloccata il 10 marzo come sotto la dittatura con selvagge cariche della polizia nella città di Letpadang, un centinaio di chilometri a nord di Rangoon.
Gli studenti partecipanti alla marcia erano circa 200, bloccati già da alcuni giorni nella città dalla polizia che aveva persino sbarrato le strade col filo spinato. Nella trattativa tra la polizia e i rappresentanti studenteschi la condizione posta dal governo per dare il via libera alla marcia era che gli studenti avrebbero potuto ripartire verso Rangoon a bordo di alcuni veicoli ma senza striscioni e bandiere e senza gridare slogan. Gli studenti hanno ovviamente rifiutato e con l'appoggio degli studenti locali e di militanti dell'opposizione hanno tentato di forzare il blocco.
Gli agenti si sono scatenati e li hanno attaccati a colpi di scudi e bastoni e una volta dispersi li hanno inseguiti e picchiati fin dentro le stanze del monastero dove erano ospiti e anche a bordo delle ambulanze che avevano raccolto molti delle decine di feriti. Oltre 100 gli arrestati tra i quali anche diversi monaci simpatizzanti della protesta e alcuni giornalisti giunti sul posto a raccontare l'evento.
La legge approvata in parlamento lo scorso settembre era immediatamente denunciata dalle organizzazioni studentesche come un modo per mentenere il sistema educativo e scolastico birmano irreggimentato dal governo come durante la dittatura militare; con le materie e i curriculum scolastici sotto lo stretto controllo delle autorità e fra gli altri il divieto di ogni forma di attività politica e di costituzione di sindacati studenteschi. Gli studenti contestavano anche il divieto di utilizzare la lingua nativa nelle aree abitate dalle minoranze etniche, oltre 135 nell'unione del Myanmar. In varie parti del paese centinaia di giovani scendevano in piazza per chiedere modifiche alla legge varata dal parlamento.
La legge era approvata anche con il voto favorevole dell'opposizione, compreso il Nld di cui fa parte la protagonista delle lotte del 1988, Aung San Suu Kyi. La leader dell'Nld invitava più volte gli studenti a "trattare con il governo", perché "se si vuole la democrazia ci deve essere sempre una trattativa, con dare e avere: la soluzione dei problemi non è solo unilaterale". Un invito alla trattativa e alla conciliazione col governo che in prima battuta i rappresentanti degli studenti avevano accettato ma che a fronte del comportamento ingannatorio del governo hanno liquidato con un “basta con i compromessi" e rilanciato la lotta.
Il 14 febbraio il negoziato tra i rappresentanti del governo e degli studenti aveva definito un accordo che accoglieva alcune delle richieste dei giovani, fra cui la gestione indipendente di istituti e accademie delle politiche educative e la formazione di sindacati liberi di studenti e insegnanti. Ma l'esecutivo dopo pochi giorni sconfessava l'intesa, definendola solo una "proposta", e continuando a lavorare sulla vecchia legge di riforma contestata dagli studenti.
Il 26 febbraio i rappresentati degli studenti lanciavano un ultimatum al governo concedendogli due giorni di temnpo per ritirare la prima bozza e riprendere i lavori sul testo frutto dell'accordo. Il governo tirava dritto e gli studenti rilanciavano la mobilitazione in tutto il paese.
Nella capitale la polizia con l'ausilio di agenti in borghese e paramilitari dava il via il 4 marzo alla repressione degli studenti che si erano radunati nei pressi di una storica pagoda nel cuore della città; i manifestanti erano colpiti con bastoni, trascinati a bordo di veicoli governativi e portati via di peso.
Per sostenere le ragioni della protesta e per aiutare i manifestanti a Rangoon diverse centinaia di studenti si muovevano dalle regioni periferiche verso la capitale con una marcia la cui componente principale partiva dalla regione settentrionale di Mandalay che la polizia bloccava e disperdeva a Letpadan.
La protesta continuava comunque a Rangoon con manifestazioni che denunciavano la repressione poliziesca contro la marcia studentesca e con la mobilitazione in diverse università.

18 marzo 2015