Dopo Montante, è il secondo “simbolo” palermitano dell'antimafia che viene smascherato
Arrestato Helg con in mano una mazzetta di 100 mila euro
Il presidente della Confcommercio pubblicamente si batteva contro il racket, in privato si comportava come un mafioso. Ma i governi Renzi e Crocetta hanno occhi e orecchie? E Alfano?
L'Italia capitalista può essere ripulita dalla corruzione solo col socialismo

A neanche un mese dall'iscrizione nel registro degli indagati per mafia del presidente degli industriali siciliani Antonello Montante, un altro “simbolo” dell'antimafia palermitana è stato smascherato, finendo in manette per essere stato sorpreso in flagrante mentre intascava una mazzetta da 100 mila euro. Si tratta di Roberto Helg, presidente da molti anni della Confcommercio di Palermo, presidente della Camera di commercio dal 2006, nonché vicepresidente della Gesap, società che gestisce l'aeroporto di Punta Raisi, molto noto per le sue “battaglie” antimafia contro le estorsioni e l'usura ai danni dei commercianti palermitani.
E proprio per il reato di estorsione aggravata Helg è stato arrestato il 2 marzo dai carabinieri del reparto operativo, mentre come i mafiosi che proclamava di combattere intascava una busta con 30 mila euro in contanti e un assegno in bianco per altri 70 mila consegnatagli da Santi Palazzolo, un commerciante che gestisce una pasticceria all'interno dell'aeroporto Falcone-Borsellino, quale “pizzo” per poter avere dalla Gesap il rinnovo della concessione per la sua attività. Solo che, indignato per le allusioni ricattatorie fattegli giorni prima da Helg, che gli offriva il suo interessamento per fargli rinnovare la concessione in cambio di una certa somma, eventualmente anche “rateizzata”, il commerciante aveva finto di accettare registrando di nascosto l'incontro decisivo in cui era stata fatta la richiesta estorsiva di 100 mila euro, e poi si era rivolto ai carabinieri. Insieme alla vittima questi hanno preparato la trappola, e hanno fatto irruzione nell'ufficio di Helg presso la Camera di commercio quando costui si era appena messo in tasca la busta con i contanti e l'assegno.
Dapprima il presidente di Confcommercio Palermo ha tentato di sostenere di aver trovato quella busta sul tavolo e di ignorare che contenesse denaro. Quanto all'assegno pensava che fosse “un foglietto” e se lo era messo in tasca “per errore”. Poi gli hanno fatto sentire le registrazioni ed è crollato, giustificandosi in lacrime che quei soldi gli servivano “perché aveva la casa pignorata”. Ma a detta del pasticciere vittima dell'estorsione l'arrestato aveva un atteggiamento da vero e proprio mafioso: “Ero terrorizzato – ha raccontato infatti Sante Palazzolo agli inquirenti – il giorno in cui arrivai nel suo ufficio, alla presidenza della Camera di commercio, mi fece capire a gesti che dovevo tirar fuori il cellulare dalla giacca e lasciarlo sul tavolo. Poi, mi prese sottobraccio, mi portò in un'altra stanza, vicino alla finestra, e sussurrò: 'Se ti faccio confermare il 7%, poi ci sono da pagare...'”.

Un falso paladino dell'antimafia
Helg, che si è dimesso da tutte le cariche e ha ammesso di aver chiesto la tangente per “motivi economici”, ha ottenuto gli arresti domiciliari dal giudice per le indagini preliminari, che non ha ravvisato “esigenze cautelari” data l'età dell'arrestato, che ha 79 anni. Una decisione che ha suscitato commenti indignati degli antimafiosi in città e sul web, tra cui quello dell'imprenditrice Valeria Grassi, che denunciò i suoi estorsori: "Mi addolora molto leggere che il signor Helg sia già andato a casa. Vergogna. I domiciliari? Ad un uomo che ha tentato di estorcere 100 mila euro ad un imprenditore onesto, in flagranza di reato? Vergogna, che messaggio passa per i cittadini onesti?"
Fino ad oggi Helg era considerato un paladino dell'antimafia, avendo creato fra l'altro lo sportello delle denunce per gli esercenti sottoposti al racket delle estorsioni e dell'usura, aveva portato il “gazebo della legalità” nel quartiere di San Lorenzo, aveva promosso “corsi anticorruzione” e sosteneva dal 2009 il premio Libero Grassi, in memoria dell'imprenditore ucciso dalla mafia per essersi ribellato all'imposizione del pizzo. Aveva pure perorato l'espulsione da Confcommercio di quattro imprenditori che avevano “pagato il pizzo senza collaborare con la giustizia”, vantandosi di aver fatto adottare a Palermo “il codice etico più rigoroso mai adottato”.
“Ero intimorito, lui era un simbolo, e come potevo andare contro un simbolo?”, ha spiegato infatti Palazzolo: “Helg mi diceva che senza quei 100 mila euro potevo considerarmi fuori dall'aeroporto. Diceva pure che la mia vita imprenditoriale sarebbe finita”. “Anche se non hai 100 mila euro - diceva Helg al pasticciere non sapendo di essere registrato – bastano al momento 35 o 40 mila, giusto per dare a loro la certezza dell'impegno. Poi, la differenza la pagheremo dopo, 10 mila euro al mese per i cinque mesi che verranno”. E' proprio questo riferimento a “loro” che fa sospettare la procura di Palermo che Helg, che fino ad ieri negava recisamente che in città il 90% dei commercianti pagasse il pizzo, non agisse da solo ma facesse parte di una cricca di stampo mafioso, che dietro la copertura dell'antiracket eserciti in realtà proprio il racket delle estorsioni.
Già in passato Helg era stato sfiorato da un'indagine, dato che il suo nome era stato trovato in un libro mastro del clan Madonia. Tra l'altro possedeva una catena di negozi di articoli da regalo che era fallita nel 2012, eppure ciò non gli aveva impedito di diventare il rappresentante dei commercianti palermitani. Chi aveva promosso un simile personaggio a cariche così importanti permettendogli anche di crearsi indebitamente una fama di acerrimo nemico della mafia e difensore della legalità? Politicamente vicino al “centro-destra”, amico di Schifani e La Loggia, aveva trasferito ultimamente le sue amicizie nel campo del “centro-sinistra”, diventando molto amico del senatore PD della commissione Antimafia, eletto nel 2013 come capolista della lista Il Megafono-Lista Crocetta, Beppe Lumia, a sua volta molto amico e difensore di Montante. É significativo a questo proposito che della delegazione dell'Antimafia presieduta da Rosy Bindi che è andata in Sicilia ad indagare su questo clamoroso fenomeno degli antimafiosi istituzionali che si rivelano essere invece vicini o contigui a Cosa nostra, non abbia fatto parte proprio Lumia, ufficialmente perché “impegnato” in commissione Giustizia.

Le connivenze del potere nazionale e locale
Anche Helg era stato tra i primi, in polemica con Confindustria nazionale, ad esprimere solidarietà ad Antonello Montante, presidente degli industriali siciliani e delegato per la legalità di Confindustria, appena questi è stato indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso esterno in associazione mafiosa. Tra l'altro Helg e il suo compare Montante compaiono insieme nel board di Unioncamere Sicilia, a cui la giunta di Crocetta ha assegnato una commessa di 2 milioni di euro per la promozione della regione all'Expo di Milano. “Io i soldi li ho dati all'istituzione, non alle persone, prima di queste notizie...”, si è giustificato goffamente il governatore della Sicilia. Possibile che Renzi e Crocetta non abbiano occhi né orecchie per valutare i loro interlocutori istituzionali? E Alfano, che di recente aveva nominato proprio Montante nel direttivo dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati alle mafie, neanche lui si era accorto di nulla?
C'è da aspettarsi che Montante e Helg non siano casi isolati e che il marcio nell'ambiente dell'antimafia istituzionale e ufficiale sia più esteso di quanto sia emerso finora, altrimenti non si capirebbe come hanno fatto questi due personaggi a passare per anni come antimafiosi modello, se negli ambienti in cui operavano non avessero goduto di complicità e coperture politiche. E' il timore anche di Luigi Ciotti, fondatore dell'associazione per la lotta alle mafie, Libera, che ha così commentato l'arresto di Helg: “Mi pare di cogliere, e poi non sono in grado di dire assolutamente altro, che fra pochi giorni avremo altre belle sorprese, che sono in arrivo, che ci fanno soffrire. Perché riguardano personaggi che hanno sempre riempito la bocca di legalità, di antimafia”
In realtà Montante, avvalendosi delle sue cariche in Confindustria e Unioncamere, della sua nomea antimafiosa e della compiacenza di molta stampa locale, ha instaurato un vero e proprio sistema di potere in Sicilia, partendo dall'istituzione della “zona franca della legalità” a Caltanissetta (iniziativa finanziata con 50 milioni dalla giunta Lombardo, quando costui era già indagato per reati di mafia), per poi diventare grande elettore di Crocetta e sostenitore del suo proclamato programma di lotta alla criminalità mafiosa, e con l'appoggio del quale ha potuto entrare nel business dei rifiuti e allungare le mani sull'Expo. Anche Helg fa parte di questo stesso sistema, che sfrutta l'etichetta dell'antimafia per coprire le proprie attività affaristiche, attività che si spingono come si vede fin dentro la zona grigia in cui operano le mafie.

Compenetrazione tra mafie e Stato borghese
Tutto ciò non sarebbe possibile senza le connivenze politiche e delle istituzioni con questo sistema, a cominciare dal governo di Renzi e Alfano e dalla Regione governata da Crocetta; ma anche della magistratura compiacente, che a poco a poco, su impulso del Berlusconi democristiano Renzi e del Csm presieduto fino a pochi mesi fa dal rinnegato Napolitano e ora da Mattarella, ha finito per riprendere in mano e “normalizzare” le procure più avanzate nella guerra alle mafie, come quella di Palermo, isolando i pm esposti in prima linea come Nino Di Matteo. Secondo un'inchiesta del giornalista de La Repubblica Attilio Bolzoni, se si escludono singoli magistrati che portano avanti con sempre maggiori difficoltà inchieste vecchie e che vanno ormai ad esaurimento (come quella sulla trattativa Stato-mafia degli anni '90, sempre più boicottata dal potere politico, ndr), le procure non aprono più nuove inchieste sulle mafie, e anche la relazione annuale sul periodo luglio 2013-giugno 2014 pubblicata dal procuratore nazionale Franco Roberti, indirettamente lo conferma: “Fra 727 pagine – scrive Bolzoni – neanche qualche riga dedicata al mutamento dei rapporti delle mafie con la politica e con i poteri economici sospetti. Una relazione innocua”.
È la dimostrazione più evidente che oggi le mafie sono talmente compenetrate col sistema economico e finanziario capitalista e con lo Stato borghese corrotto e neofascista che ne serve gli interessi, che non è più possibile combattere e sradicare le prime senza combattere e distruggere i secondi. Perciò, per ripulire l'Italia capitalista dalla corruzione e dalle mafie ci vuole il socialismo, e se le masse antimafiose terranno come stella polare questo obiettivo strategico, la lotta contro le mafie diventerà tanto più cosciente ed efficace quanto più riuscirà ad integrarsi con la lotta di classe del proletariato per attuare la sua missione storica di abbattere il capitalismo e instaurare il socialismo.

25 marzo 2015