In un'intervista del ministro degli Esteri a “Il Corriere della sera”
Gentiloni, istigato dal papa, spinge per l'intervento militare contro il “terrorismo”

Dopo le dichiarazioni bellicose per un intervento militare a tutto campo dell'Italia contro lo Stato islamico, che all'indomani degli attentati di Parigi gli valsero il titolo di “ministro crociato”, Gentiloni ci riprova. A dargli la carica stavolta è stato il papa in persona, che nell'omelia del lunedì di Pasqua ha lanciato un appello per interventi a difesa dei “cristiani perseguitati”, auspicando “che la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine”. Un chiaro invito quello di Bergoglio, quantunque in forma implicita, rivolto alle grandi potenze imperialiste occidentali perché aumenti il loro impegno militare nelle regioni del Medio Oriente e dell'Africa, dove già fronteggiano l'Isis e altre formazioni combattenti islamiche, in nome della difesa delle “comunità cristiane perseguitate”. Invito che il nunzio apostolico presso l'Onu di Ginevra, Silvano Maria Tomasi, si è subito incaricato di tradurre in forma esplicita, dichiarando fuori dai denti che “una volta esperite tutte le possibilità, dall'embargo al blocco delle armi, all'isolamento internazionale, è lecito prevedere un uso della forza sanzionato dal Consiglio di Sicurezza”. E per dare ancor più forza al suo appello guerrafondaio, Bergoglio ha strumentalmente stigmatizzato il genocidio del popolo armeno di cui si macchiò l'impero ottomano, dopo che per oltre un secolo le gerarchie cattoliche lo avevano colpevolmente ignorato coll'ostinato silenzio. Ma dove ha tradito tutto il suo viscerale anticomunismo è stato nel provocatorio e ancor più strumentale richiamo ai presunti genocidi commessi da Stalin e Polt Pot, che nulla hanno avuto a che fare con la cosiddetta persecuzione delle comunità cristiane.
Dev'essere suonata come un invito a nozze, per Gentiloni, questa vera e propria svolta interventista del Vaticano, per rilasciare subito dopo un'intervista al “Corriere della sera” in cui ha immediatamente raccolto e fatto proprio l'appello del papa a supporto della politica militarista e interventista del governo Renzi in Libia e nel Medio Oriente: “C'è una gravissima minaccia nei confronti di tanti cristiani in diverse parti del mondo. E bisogna fare di più. Ma da anni c'è un male europeo, quella miscela tra egoismo e ignavia che spinge a voltare lo sguardo dall'altra parte rispetto a ciò che accade oltre il nostro piccolo mondo antico”, ha esordito infatti il ministro degli Esteri, facendo eco alle giaculatorie papali con un parallelo sul “silenzio europeo di vent'anni fa” riguardo la strage di Srebrenica: “Ora la persecuzione dei cristiani ci interpella ancora più da vicino – ha aggiunto il ministro - perché riguarda la nostra identità e le nostre radici. Dobbiamo fare di più. Non possiamo stare in silenzio. Anzi, occorre dire anche le cose come stanno”.
E come stanno le cose per il governo italiano lo spiega dopo aver tergiversato un po' con le varie “iniziative di mobilitazione” come le collette pasquali destinate ai cristiani dell'Iraq, la protezione dei “simboli e dei luoghi della cristianità” e delle “minoranze religiose” in Italia, e così via. “E poi – arriva infatti al dunque Gentiloni - c'è una verità: per contrastare il terrorismo è inevitabile il risvolto militare. Qualcuno potrà scandalizzarsi, ma questi gruppi vanno affrontati anche sul piano militare. Non userò la parola combattere, altrimenti mi ritrovo nei panni del crociato... ”.
“Quindi – chiede a conferma l'intervistatore – non basta la diplomazia, c'è anche l'opzione militare... ”: “Facciamo parte di una coalizione militare anti Daesh (il nome arabo dello Stato islamico, ndr) impegnata soprattutto in Iraq e Siria”, sottolinea il titolare della Farnesina. “Ma in futuro si potrebbe valutare l'opportunità di contribuire al contrasto del terrorismo in Libia o di fenomeni come Boko Haram in Nigeria, per esempio. I carabinieri italiani sono impegnati in Somalia per contribuire alla formazione e all'addestramento delle forze armate locali che devono combattere proprio contro i responsabili della strage di Garissa. Insomma, c'è una dimensione militare”.
Quindi l'ex radicale pacifista Gentiloni non solo riafferma l'impegno militare italiano in Iraq contro lo Stato islamico, i cui stanziamenti sono stati fra l'altro recentemente aumentati col decreto sul rifinanziamento delle missioni militari e sulle misure antiterrorismo, ma ribadisce anche l'ostinata volontà del governo Renzi di intervenire militarmente in Libia; in quella regione che, sulle orme di Giolitti e Mussolini, considera geograficamente, storicamente, economicamente e culturalmente il “nostro cortile di casa”. Anzi, allargando il raggio d'azione interventista al Corno d'Africa (altra direttrice storica dell'imperialismo italiano), e perfino ad ex colonie non italiane come la Nigeria, dove sono in gioco lo stesso i suoi interessi economici, nella fattispecie petroliferi.
Ovviamente questa politica interventista “a tutto campo”, a cui il Berlusconi democristiano Renzi sta dando un impulso frenetico, con i suoi viaggi di Stato in Egitto, Tunisia ed Emirati arabi, con il blocco navale ordinato davanti alle coste libiche, con le sue insistenti dichiarazioni interventiste alternate con quelle di Gentiloni e della ministra della Difesa Pinotti, necessita della foglia di fico dei motivi “umanitari” per aggirare l'articolo 11 della Costituzione: e chi meglio del papa può fornirglieli, motivando l'intervento dei governi occidentali, “anche con l'uso della forza”, con la necessità di difendere i “cristiani perseguitati” nei paesi islamici?
Motivazioni che ricordano in maniera inquietante quelle addotte nel Medioevo per giustificare le crociate, e che prescindono del tutto dall'analizzare le cause che hanno portato all'attuale disastrosa situazione in Medio Oriente e nel Nord Africa, che risiedono nelle criminali guerre scatenate da Israele e dagli imperialisti Usa, con la partecipazione o la complicità dei governi europei, e le cui conseguenze oggi ricadono fatalmente anche sulle popolazioni di religione cristiana. Religione che nel passato era ampiamente tollerata nei paesi islamici, ma che oggi è identificata con la religione dei paesi occidentali invasori.
Perciò, solo ritirando tutte le truppe imperialiste da quei paesi sarà possibile spezzare questa spirale di odio e creare le condizioni per una pacifica convivenza di tutti i suoi abitanti di ogni appartenenza etnica e religiosa. Così come solo ritirando il nostro Paese da tutte le missioni di guerra in cui è impegnato e praticando una rigorosa politica di non ingerenza sarà possibile evitare che il nostro territorio e il nostro popolo possano essere colpiti dalle rappresaglie dei combattenti antimperialisti islamici.

15 aprile 2015