1945 25 Aprile 2015
Facciamo rivivere lo spirito della Resistenza

Il PMLI saluta le partigiane e i partigiani, i reduci dai campi di concentramento, gli antifascisti e i democratici che il 25 Aprile celebrano in tutte le piazze d'Italia la Liberazione dal nazi-fascismo. Da 70 anni questa gloriosa giornata ricorda e trasmette di generazione in generazione un insegnamento incancellabile che le partigiane e i partigiani ci hanno lasciato sacrificando le loro giovani vite per liberare l'Italia dagli invasori nazisti e dagli aguzzini fascisti: quello di difendere e mantenere sempre vivo lo spirito della Resistenza, contro i suoi nemici, aperti e mascherati, che mai come oggi lavorano per cancellarlo dalla memoria storica del nostro popolo.
Infatti ormai non si contano più gli interventi, da destra come da “sinistra”, per riscrivere la storia, denigrando la Resistenza e i partigiani, accusati di aver commesso “crimini” e sempre più equiparati ai fascisti repubblichini; dei quali, a partire dal rinnegato Violante in poi, si chiede invece la riabilitazione. Mentre si criminalizzano i partigiani jugoslavi e si istituiscono giornate “del ricordo” per le cosiddette “vittime delle foibe” e si conferiscono medaglie agli ex repubblichini. Per non parlare dell'Urss di Stalin, che ha dato il più alto contributo di sangue alla vittoria contro in nazi-fascismo, e che viene ormai paragonata alla Germania hitleriana, mentre il comunismo viene vigliaccamente equiparato al nazismo.
Per i nostri padri partigiani lo spirito della Resistenza era l'antifascismo, in nome del quale combattevano per liberare l'Italia dal fascismo mussoliniano, ossia la dittatura terroristica aperta con cui la classe dominante borghese in camicia nera aveva schiacciato per oltre venti anni la classe operaia e le masse popolari, per impedire che nei primi anni '20, sull'onda della Rivoluzione d'Ottobre guidata da Lenin e Stalin, potessero prendere il potere ed instaurare il socialismo.
Oggi noi antifascisti non ci troviamo a dover lottare contro una dittatura fascista aperta come allora, e purtuttavia il vecchio fascismo, approfittando del clima di revisionismo storico e di liquidazione dell'antifascismo in favore della “pacificazione nazionale”, riemerge e scorrazza sempre più protervo e impunito nelle piazze, nei quartieri e nelle scuole, come dimostra la bandiera della RSI appesa solo pochi giorni fa davanti al museo della Resistenza di Torino. Ma soprattutto noi antifascisti ci troviamo oggi di fronte a una nuova dittatura fascista mascherata sotto nuove forme e nuovi vessilli democratico-borghesi, di cui occorre prendere piena coscienza, se vogliamo combatterla e vincerla facendo rivivere lo spirito della Resistenza.

Si sta completando il piano della P2
Qual è e che forme assume questa nuova dittatura fascista mascherata dei nostri tempi? Essa ha le sembianze che gli hanno impresso Gelli, Craxi e Berlusconi, e oggi ha il volto di Matteo Renzi, il nuovo Berlusconi, di cui costituisce una versione più moderna e tecnologica. Un premier che non solo ha ripreso e sviluppato al massimo la politica liberista, antioperaia e di macelleria sociale dei precedenti governi Berlusconi, Monti e Letta, ma come Mussolini sta anche imponendo a marce forzate ad un parlamento esautorato e ammutolito le controriforme costituzionali, istituzionali ed elettorali che completano la seconda repubblica neofascista e presidenzialista previste nel piano della P2, accentrando il potere sul governo, sul suo partito e su se stesso.
Quelle stesse controriforme piduiste e fasciste caldeggiate e sostenute dal rinnegato Napolitano quando era al Quirinale, e che l'ex capo dello Stato continua ad invocare in una recente lettera al “Corriere della Sera” in cui punta il dito contro la “instabilità dei governi e le degenerazioni del parlamentarismo”. E allo stesso tempo, fingendo di omaggiarla, denigra vilmente la Resistenza insinuando dei suoi presunti “lati e momenti oscuri” e dei suoi “limiti e ombre”, esaltando il ruolo delle forze armate regie e anglo-americane nella guerra di Liberazione rispetto ai partigiani, ed invocando l'unità nazionale “degli italiani senza alcuna distinzione”, ossia l'unità nazionale tra fascisti e antifascisti.
In un anno di governo il Berlusconi democristiano Renzi ha demolito le basi antifasciste su cui era nata la Repubblica democratico-borghese più di quanto avessero fatto gli ultimi tre governi messi insieme: non solo sul piano costituzionale e istituzionale, ma anche per quanto riguarda la legislazione borghese sul lavoro, col famigerato Jobs Act ispirato da Marchionne e l'attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori; l'attacco ai sindacati, da lui irrisi ed emarginati, con un particolare accanimento verso la Cgil e la Fiom. E lo stesso sta facendo anche con la scuola, i dipendenti pubblici, i magistrati e così via. Mentre in politica estera, come e più dei suoi predecessori, si è messo sotto i piedi l'articolo 11 della Costituzione e ripercorre direttamente le orme di Mussolini, scalpitando per guidare un intervento militare neocolonialista in Libia, e trascinando il nostro Paese in una guerra allo Stato islamico che serve solo gli interessi dell'imperialismo italiano ed espone il nostro popolo a sciagurate rappresaglie.
Occorre che tutti gli antifascisti comprendano che Renzi non è solo un autoritario che si dà arie ducesche, un fenomeno mediatico, un parolaio. É anche questo, ossia questo è il modo con cui si presenta al Paese e riesce a manipolare a suo vantaggio l'informazione, grazie anche al servilismo dei mass-media di regime, e a schiacciare chiunque provi a intralciarlo. Egli è piuttosto il nuovo cavallo da corsa della classe dominante borghese in camicia nera, che lo ha foraggiato e punta su di lui tutta la posta, dopo che il suo vecchio cavallo Berlusconi era ormai spompato. E perciò va spazzato via al più presto, prima che riesca ad impiantarsi nel Paese per un altro ventennio come il suo maestro di Arcore e come Mussolini.

Il ruolo guida antifascista del proletariato
Per l'abbattimento del ventennio mussoliniano il ruolo determinante spettò al proletariato italiano, dando il via alla Resistenza con i gloriosi scioperi del marzo 1943 alla Fiat che anticiparono il crollo del fascismo. E andando poi a formare nella guerra di Liberazione, con la sua componente comunista, le Brigate Garibaldi che furono il nucleo fondamentale della lotta armata partigiana a cui si deve la sconfitta militare del nazi-fascismo. E chi altri, oggi, può animare e guidare un vasto fronte unito delle masse antifasciste e democratiche per spazzare via con la lotta di piazza e di massa il governo neofascista, liberista e interventista del Berlusconi democristiano Renzi, se non il proletariato italiano?
Il proletariato deve prendersi sulle spalle e guidare fino alla vittoria questa cruciale battaglia antifascista con lo stesso spirito che animò le partigiane e i partigiani, essendo ben cosciente tuttavia che essa non può esaurirsi con l'abbattimento di questo governo piduista e neofascista, a cui ne seguirebbe inevitabilmente un altro ancor peggiore - così come dopo Craxi è arrivato Berlusconi, e dopo di lui è arrivato Renzi - se non cambiano i rapporti di forza tra il proletariato stesso e la borghesia, e se non si dà una prospettiva strategica anticapitalista e rivoluzionaria alla lotta di massa.
Tanto meno il proletariato e le masse antifasciste e democratiche devono credere che l'obiettivo di questa battaglia debba essere la difesa e il ripristino della Costituzione del 1948: prima di tutto perché è pur sempre una Costituzione borghese, che sancisce la proprietà privata e lo Stato capitalistico. E poi perché non esiste più, essendo stata fatta ormai a pezzi da tutti i governi della prima e della seconda repubblica neofascista, da Craxi in poi, e sostituita con una Costituzione materiale capitalista, neofascista, presidenzialista e interventista di fatto. Quella che ora Renzi si avvia a completare e ufficializzare cambiandone oltre 40 articoli a colpi di maggioranza e voti di fiducia, con la legge elettorale Italicum ultra-maggioritaria e peggiore della legge fascista Acerbo, con l'abolizione del Senato e con il rafforzamento dei poteri del governo e del premier.
L'obiettivo strategico del proletariato non può che essere invece la conquista del potere politico, con l'abbattimento del sistema capitalistico e l'instaurazione del socialismo. Il potere politico gli spetta di diritto, poiché è il proletariato che produce tutta la ricchezza del Paese. Ed è l'unica classe capace di riunire e dirigere tutti i lavoratori e le masse popolari nella lotta per abbattere il dominio della borghesia, così come durante la Resistenza fu capace di riunire e guidare alla vittoria tutte le masse antifasciste e democratiche. Senza il potere politico il proletariato non ha niente. Con il potere politico il proletariato ha tutto.
Viva il 25 Aprile!
Gloria eterna alle partigiane e ai partigiani!
Teniamo alta la bandiera della Resistenza e dell'antifascismo!
Facciamo rivivere lo spirito della Resistenza, per spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi e il capitalismo e perché il proletariato conquisti il socialismo e il potere politico!

22 aprile 2015