Dalla Procura di Milano
Richiesta l'autorizzazione a procedere per l'ex ministro Tremonti
Accusato di corruzione per aver intascato una tangente di 2,4 milioni di euro da Finmeccanica

Il 30 marzo la procura di Milano ha inviato al Senato la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro alle Finanze Giulio Tremonti pesantemente coinvolto nello scandalo Finmeccanica.
I Pubblici ministeri (Pm) milanesi Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi sono decisi infatti a rinviare a giudizio Tremonti con l'accusa di corruzione in relazione alla tangente di 2,4 milioni di euro che, così hanno accertato, gli fu versata da Finmeccanica nel maggio del 2008 quando era ministro dell'Economia, mascherata sotto forma di “parcella” allo studio tributario “Vitrax” di cui Tremonti è socio fondatore. La mazzetta fu necessaria per ottenere, dopo un parere negativo, l'autorizzazione da parte dello studio tributario di Tremonti all’acquisizione del gruppo statunitense Drs da parte di Finmeccanica .
L'autorizzazione a procedere rivolta al Senato, sottoscritta anche dal Procuratore della Repubblica Bruti Liberati, è stata ordinata ai magistrati milanesi titolari dell'inchiesta come condizione di procedibilità dal “Tribunale dei Ministri” di Milano, che è competente per il futuro processo in quanto all'epoca Tremonti era membro del governo. L'indagine, come impone l'apposita legge sui reati commessi dai ministri nell'esercizio dei loro poteri, è stata condotta da tre magistrati estratti a sorte. Riuniti nel cosiddetto “Tribunale dei Ministri” che ha avuto solo solo 90 giorni di tempo per chiudere l'intera inchiesta. Mentre Tremonti nel frattempo ha potuto esaminare tutti gli atti d'accusa, presentare prove a discolpa e farsi interrogare. Ma non ha convinto nessuno dei tre giudici istruttori.
Insieme all'ex ministro sono indagati il suo socio in affari Enrico Vitali, cui Tremonti aveva affidato lo studio tributario subito dopo la nomina a ministro, l'ex presidente e l’ex direttore finanziario di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini e Alessandro Pansa.
L’indagine su Finmeccanica si sviluppò a partire dal 2010 quando il faccendiere romano di estrema destra, Lorenzo Cola, nelle vesti di ex consulente Finmeccanica con Guarguaglini dichiarò al PM romano Paolo Ielo che l'autorizzazione, precedentemente negata, all'acquisizione di Drs da parte di Finmeccanica e la parcella milionaria pagata dal gruppo industriale italiano allo studio professionale di Tremonti erano in relazione tra di loro: la parcella in realtà - secondo le dichiarazioni di Cola - mascherava il corrispettivo della corruzione destinato a Tremonti.
Nella richiesta di autorizzazione a procedere i Pm citano numerosi testimoni a carico, già sentiti da diverse procure (Roma, Napoli e Milano) nei vari filoni di indagini in cui è coinvolta Finmeccanica: tutti confermano che Tremonti all'inizio è contrario a quell'operazione miliardaria dell'azienda statale e che l'ostilità del ministro smette di manifestarsi proprio quando lo studio Virtax ottiene quella consulenza da 2,4 milioni di euro. A dir poco imbarazzante è anche la data del contratto di assistenza fiscale con Finmeccanica: 8 maggio 2008, lo stesso giorno in cui Tremonti diventa ministro del quarto governo Berlusconi.
Lo testimonia perfino il suo ex braccio destro, Marco Milanese, l'ex parlamentare di Forza Italia già protagonista del caso dei soldi in nero per affittare una casa di lusso per il ministro a Roma: l'indagine romana che ha spinto Tremonti a patteggiare la sua prima condanna per finanziamenti illeciti.
Ai giudici Milanese rivela di aver assistito personalmente all'incontro tra Tremonti e Guarguaglini. E conferma che all'inizio “Tremonti si lamentava che queste società, tra cui Finmeccanica, andassero a investire all'estero e non in Italia”. Ma subito dopo aggiunge di aver saputo, dall'interno di Finmeccanica, “che l'affare era stato concluso e che al riguardo della contrarietà con Tremonti avevano trovato una strada... attraverso il coinvolgimento dello studio Vitali”.
Nello stesso interrogatorio Milanese rivela che il ministro Tremonti, per le comunicazioni più riservate, “non usava il suo telefono, ma prendeva il mio o quello della capo-segreteria”.
Lo scorso ottobre, con l’invio degli atti al Tribunale dei Ministri i Pm hanno formalizzato l’inchiesta a carico di Tremonti. Il Tribunale dei Ministri di Milano dopo aver studiato gli atti aveva ordinato ai Pm di chiedere l’autorizzazione a procedere al Senato per andare avanti con il procedimento che ora è in attesa di essere valutata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere e eventualmente votata dal Senato che grazie a una legge costituzionale del 1989, ha il potere, come è già successo tante volte in passato, perfino di bloccare con un veto politico il processo contro Tremonti nel caso ritenga sussistente un ‘fumus persecutionis’ nei confronti dell’ex ministro.
Tra l'altro “l'affare” messo a segno da Finmeccanica si è rivelato un disastro per le casse dello Stato. Nel 2008 l'azienda statale, allora guidata da Guarguaglini, ha acquistato il gruppo statunitense Drs, che è un grande fornitore di tecnologie militari, per un prezzo astronomico: 5 miliardi e 200 milioni di dollari, che all'epoca corrispondevano a 3,4 miliardi di euro. Oggi il valore del gruppo americano si è quasi dimezzato: lo Stato italiano ci ha rimesso più di due miliardi di dollari. Ciononostante Tremonti ha ugualmente intascato la sua “parcella” milionaria. Non solo. Adesso il ministero dell'Economia deve sborsare altri 250 milioni di euro per l'aumento di capitale necessario a garantire gli imponenti prestiti bancari spesi per comprare Drs.

22 aprile 2015