Alla festa dell'“Unità” a Bologna e alla manifestazione sindacale di Bolzano
Contestato il nuovo Mussolini
La polizia manganella i contestatori. Tre feriti e tre fermati.
Renzi come il duce: “Abbiamo il compito di cambiare l'Italia e la cambieremo”

Erano in centinaia il 3 maggio, lavoratori della scuola e studenti, collettivi universitari e medi, centri sociali, in due cortei che hanno portato in piazza la dura e vivace protesta con striscioni come “Sfiduciamo Renzi”. Sono arrivati fino ai cancelli della Montagnola, il parco bolognese dove il nuovo Mussolini stava tenendo il discorso di chiusura della settantesima Festa de “l’Unità”, blindato da un imponente apparato repressivo. Nonostante lo schieramento di “forze dell'ordine” non è stato possibile per il governo contenere la protesta, che già nei giorni scorsi aveva duramente colpito la ministra dell'istruzione, Stefania Giannini, costringendola a scappare dalla festa del PD, e il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, sbeffeggiato con delle cassette di insalata.
Un corteo era composto da insegnanti precari, che si sono fatti sentire battendo rumorosamente delle pentole, e studenti in piazza contro la “riforma” della scuola. Bloccati davanti ai cancelli gli insegnanti hanno cantato “Bella ciao” per contestare Renzi e il suo atteggiamento dispotico e antisindacale nei confronti dei lavoratori e hanno urlato “Scuola pubblica! Scuola pubblica”!
L'altro corteo, composto da giovani precari, studenti universitari e attivisti dei centri sociali bolognesi, era partito dalla stazione centrale, per concludersi davanti la l’ingresso blindato del parco. Molti gli striscioni tra cui “Sfiduciamo Renzi”.
Per alcuni minuti il corteo e le “forze dell'ordine” si sono fronteggiati. I giovani con le mani alzate, urlando “Renzi, carogna, fuori da Bologna!”, hanno tentato di superare il blocco per accedere alla festa ed “esprimere il loro dissenso davanti a Renzi”. Ma sono stati tenuti fuori dai cancelli e, non solo, una violenta carica è partita nel tentativo di zittire la protesta. Una giovane, rimasta ferita, è stata portata in ospedale. La carica è stata talmente violenta che persino una passante è rimasta ferita ed è finita al pronto soccorso. Tre attivisti sono stati fermati e denunciati durante la carica e rilasciati poco dopo.
Nonostante l'imponente schieramento di “forze dell'ordine” la protesta è arrivata fin sotto il palco, dove, circondato da un cordone scelto di dirigenti del PD osannanti, il nuovo Mussolini ha tentato l'ennesimo affondo antidemocratico e violento contro i lavoratori. Anche qui centinaia di insegnanti, lavoratori, precari, studenti, che avevano superato i serrati controlli ai cancelli, hanno fischiato e duramente contestato l'intervento di Renzi, urlandogli “Scuola pubblica, scuola pubblica!” e “bugiardo” e “ignorante” “Vai a casa! Vai a casa”!.
I contestatori che non hanno lasciato parlare Renzi, hanno preso atto che “il PD non è un partito democratico e che in ogni luogo, in ogni piazza e in ogni sciopero lo contesteranno e difenderanno la scuola pubblica statale”.
Il nuovo Mussolini infuriato ha urlato: “La prima libertà è quella di potere esprimere le proprie idee, è quella di rispondere con un sorriso a chi ti urla dietro. E' anche quella, lasciatemelo dire, di chi non si fa certo spaventare da tre fischi. Abbiamo il compito di cambiare l'Italia e la cambieremo”!
Falso! In primo luogo gli insegnanti, i precari, gli studenti in mesi di lotta non hanno certo avuto la libertà di “esprimere le proprie idee”, non è stato loro risposto “con un sorriso”, ma più volte a colpi di manganello e lacrimogeni, e non si è tratta di “tre fischi”, né a Bologna, né nelle contestazioni che si susseguono ad ogni uscita pubblica del governo. Ormai è una valanga di fischi al nuovo Mussolini. Come è accaduto anche a Bolzano il 5 maggio in occasione della manifestazione unitaria degli insegnanti, dei lavoratori Ata e degli studenti promossa dai sindacati confederali e dai “sindacati di base”.
Ma una cosa è vera: quel piglio ducesco che aveva stampato sul volto mentre rispondeva con arroganza ai lavoratori, lo rivela senza alcun dubbio come il massimo esponente del nuovo fascismo, piduista, liberista e interventista ed erede diretto, passando per Craxi e Berlusconi, del capo storico del fascismo italiano.
Il nuovo Mussolini ha chiuso la settantesima festa de “l'Unità” con una violenta dichiarazione di guerra alle masse italiane, ricalcando persino il lessico e le frasi del suo maestro. “Cambiare l'Italia e la cambieremo!”, è senza alcun dubbio la declinazione contemporanea in chiave piduista del “vincere e vinceremo!” con cui Mussolini concludeva l'annuncio dell'entrata dell'Italia nel massacro imperialista della seconda guerra mondiale.
Alza i toni dello scontro il nuovo Mussolini. Bisogna fargli calare la crestina nera.
Per queste ragioni il PMLI applaude alla contestazione bolognese che Renzi ha dovuto ingoiare a casa sua, mentre calcava una scena minuziosamente preparata dai suoi fedelissimi dirigenti del PD neofascita.
Queste contestazioni mostrano come le masse popolari italiane sono combattive e determinate. Devono solo liberarsi del riformismo, del parlamentarismo e di ogni illusione costituzionale.
Il PMLI invita gli operai, i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, gli studenti ad andare avanti nelle contestazioni, a non dare tregua al nuovo Mussolini, a riunirsi in un vasto fronte abbia l'obbiettivo di spazzare via con la lotta di piazza e di massa il governo neofascista, piduista, liberista e interventista del nuovo duce. Il proletariato in primo luogo deve prendersi sulle spalle e guidare fino alla vittoria questa cruciale battaglia antifascista, essendo ben cosciente che il suo obiettivo strategico non può che essere la conquista del potere politico, con l'abbattimento del sistema capitalistico e l'instaurazione del socialismo.

6 maggio 2015