L'ha stabilito il Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella
L'imperialismo italiano si concentra sulle regioni “euro-atlantica” e “euro-mediterranea”
Il “Libro Bianco” della difesa ritiene che il nostro Paese deve essere pronto “ad assumersi dirette responsabilità in risposta a situazioni di crisi” ed essere preparato a interventi di pacificazione e stabilizzazioni
L'Italia di Renzi e Mattarella si prepara a interventi militari in Libia e contro il “terrorismo”

Il 21 aprile, mentre Renzi si accingeva a chiedere al parlamento nero un mandato pieno per trattare con la UE sull'emergenza immigrazione, comprendente l'intervento militare a guida italiana in Libia che sta già preparando, al Quirinale si teneva la riunione del Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella, con al centro la situazione internazionale e l'approvazione del Libro bianco della ministra della Difesa, Roberta Pinotti, per ridefinire il nuovo modello di difesa interventista pensato prioritariamente proprio in funzione dei conflitti nella regione euro-mediterranea, pur senza rinunciare al ruolo strategico-militare consolidato dell'Italia nella regione euro-atlantica.
La non casuale coincidenza ha fatto quindi di questo vertice presieduto dal capo dello Stato, con i principali ministri del governo e i massimi vertici militari, un vero e proprio consiglio di guerra per pianificare un imminente intervento militare italiano in Libia sotto l'ombrello dell'ONU, tant'è vero che nel comunicato ufficiale si parla di “un generale peggioramento degli scenari di crisi e di conflitto” in quest'area, e che “al riguardo, si è convenuto sulla necessità di focalizzare l'impegno del sistema-paese nelle aree di crisi di più immediato e concreto interesse per la sicurezza nazionale, a partire dalla Libia”.
Ma con l'approvazione del Libro Bianco è stato anche impostato il lavoro per trasformare, attrezzare e riprogrammare l'esercito interventista italiano verso altre future avventure militari a “largo raggio”, in tutti i teatri internazionali dove siano in gioco gli “interessi vitali” dell'imperialismo italiano. In particolare, appunto, nella regione euro-mediterranea, comprendente il Nord-Africa con la Libia, ma con propaggini anche nel Medio Oriente e nel Corno d'Africa, che rappresentano storicamente le direttrici di espansione del colonialismo italiano.
Il pretesto per dotare l'imperialismo italiano di uno strumento militare capace di dargli una simile operatività regionale e finanche globale non poteva che essere, ovviamente, il “terrorismo”, con le “nuove e crescenti minacce” portate da organizzazioni come Al-Qaeda, e soprattutto dallo Stato islamico (“gruppi in grado di prendere il controllo di intere aree sulle quali esercitare un potere civile, militare, economico e giudiziario”, li definisce il Libro). Ma tra i fattori causa di possibili crisi e conflitti ci mette anche le spinte alle migrazioni, con i “flussi incontrollati di rifugiati” che vengono implicitamente additati come potenziali veicoli di infiltrazioni terroristiche.
Nella prefazione al Libro che ha voluto fare personalmente, assicurando il suo impegno e di tutto il governo per sostenere quanto vi è indicato, Renzi scrive infatti che “nuove minacce adombrano le nostre libertà, prima tra tutte quella terroristica, i cui attacchi sono sempre più portati all'interno del nostro continente. Il Mediterraneo, nel cui bacino il nostro Paese è storicamente, politicamente ed economicamente collocato, è tornato a richiamare su di sé l'attenzione internazionale per le crisi e i conflitti che vi si concentrano”. Ragion per cui, l'Italia “deve adeguare i suoi strumenti d'azione, tra cui in primis quello militare, per mantenerli idonei a gestire le nuove sfide alla sicurezza internazionale e assicurare la migliore difesa del Paese”.

Le due aree prioritarie di intervento
Il Libro ribadisce naturalmente che lo spazio euro-atlantico “rappresenta il fulcro degli interessi nazionali e, in quanto tale, la sua sicurezza costituisce la priorità assoluta del Paese”; che “la piena e convinta adesione nazionale all'alleanza atlantica e lo sviluppo di un processo di progressiva integrazione delle Difese dei paesi dell'Unione europea sono le chiavi di volta” della sicurezza e difesa nazionale; e che la NATO è “uno dei più saldi e duraturi pilastri dell'equilibrio mondiale” (NATO forever, insomma, come conferma la partecipazione di cacciabombardieri italiani ai provocatori pattugliamenti ai confini russi). Ma riaffermato ciò sottolinea anche che l'Italia, per “la posizione geografica, i flussi economico-commerciali e l'interconnessione storico-culturale” è al centro di un'ampia e peculiare zona, definibile come euro-mediterranea, assai instabile e in preda a frequenti crisi, e che c'è “un interesse vitale nazionale” ad operare per stabilizzarla, e ad assumere “maggiori responsabilità e un ruolo di partecipante attivo allo sforzo della comunità internazionale per risolvere tali situazioni di crisi”.
Cosìcché, prosegue il Libro, “per l'Italia non è possibile disgiungere la sicurezza della regione euro-mediterranea da quella euro-atlantica, essendo ambedue elementi essenziali e complementari della cornice di sicurezza e difesa nazionale”. Anzi, nell'attuale fase di instabilità di tutta l'area, “la zona euro-mediterranea rappresenta la principale area d'intervento nazionale”, e stabilizzare i Paesi che affacciano sul Mediterraneo è “un obiettivo prioritario per il nostro Paese”. E a questo scopo – sottolinea ancora il Libro venendo al dunque - “qualora specifiche circostanze lo richiedano, la Difesa deve essere pronta ad assumersi dirette responsabilità in risposta a situazioni di crisi ed essere preparata ad interventi di pacificazione e stabilizzazione deliberati dalla comunità internazionale. In taluni casi, l'Italia potrà anche assumere l'onere di guidare, in qualità di Nazione leader, tali operazioni, in particolare in quelle aree ove la conoscenza diretta delle situazioni è maggiore per vicinanza storica, sociale o culturale”.
É questa la cornice politica e legale che Renzi e Pinotti, con l'avallo di Mattarella, si sono dati per giustificare chiaramente un prossimo intervento italiano in Libia sulle orme di Mussolini, ma anche per ogni altra futura avventura neocolonialista in tutta la regione e anche oltre, visto che il Libro include nelle propaggini collegate a quest'area anche i Paesi arabi del Medio oriente, il Golfo persico, il Corno d'Africa e perfino il Sahel, ossia i Paesi a sud della fascia sahariana. Questa rappresenta una novità assoluta che il nuovo duce Renzi ha tirato fuori dal suo sacco, perché mai fino ad ora l'Italia si era spinta a rivendicare il ruolo di “nazione leader” nelle missioni internazionali.

Un esercito interventista più “pronto” e “proiettabile”
Secondo la dottrina del Libro Bianco, quindi, la “difesa” dell'Italia non si può limitare al territorio nazionale, e nemmeno alla sola regione euro-atlantica come stabilito dalle alleanze di cui fa parte, ma va estesa alla regione euro-mediterranea e potenzialmente a tutto il mondo. Un modo ipocrita per giustificare gli appetiti neocolonialisti e interventisti del rinato imperialismo Italiano che Renzi, Pinotti e Mattarella ben rappresentano. Una tale dottrina necessita di un modello di forze armate professionali interventiste ben foraggiate, armate e addestrate e con spiccate capacità di “proiettarsi” rapidamente sui più disparati teatri di crisi e di conflitti, ed eventualmente anche stazionarvi a lungo.
Da qui la revisione strategica delle forze armate, l'unico settore dello Stato a non dover subire tagli alla spesa (anzi, in prospettiva e secondo le raccomandazioni NATO dovrebbe aumentare “almeno” fino al 2% del Pil), ma che prevede di concentrare di più le risorse sull'ammodernamento, sui sistemi d'arma e sull'addestramento a fronte di un dimagrimento nel personale fisso sia militare che civile, per un modello di esercito interventista meno numeroso ma ringiovanito negli effettivi, meglio pagato, addestrato, armato ed equipaggiato, e dotato di una “postura” adatta al nuovo ruolo interventista che gli si richiede, basata sulla sua “utilizzabilità”, “sostenibilità” e “proiettabilità”. Una forza “snella”, ma armata fino ai denti con strumenti tecnologicamente di avanguardia, e sempre pronta per rispondere immediatamente a quattro obiettivi: operazioni di “tempestiva tutela degli interessi vitali nazionali”, operazioni di “pace e stabilizzazione” internazionali, attività di “supporto specialistico e addestrativo” (di forze di governi locali alleati) e attività di “concorso alla salvaguardia delle istituzioni” (leggi, essere sempre pronte a reprimere e schiacciare eventuali moti o insurrezioni popolari per difendere lo Stato capitalista).
Un esercito di tal fatta ha bisogno di forze giovanili, ed è qui che si vede il ruolo particolarmente sporco giocato dal PD di Renzi, per attrarre i giovani nelle forze armate e cercare di migliorare i rapporti tra militari e popolazione. Nel Libro Bianco, infatti, si calca particolarmente l'accento sulla priorità di offrire ai giovani che si arruolano forti incentivi economici e professionali e aiuto per il reinserimento lavorativo nella vita civile, attraverso uno specifico “Progetto giovani” e un “Progetto lavoro futuro”. Inoltre si prevedono futuri programmi di “collaborazione” tra centri di ricerca tecnologica militare e centri di ricerca universitaria, così da poter sfruttare studenti e ricercatori universitari come “stagisti” a basso costo col miraggio di un impiego nel personale civile della Difesa. Col che si arriverà rapidamente ad un asservimento delle Università e della ricerca scientifica ai finanziamenti e alle esigenze delle gerarchie militari, come avviene già per le Università americane.

Ignorata la riduzione degli F35
Un'altra operazione particolarmente infame che la Pinotti ha fatto con questo Libro Bianco è stata quella di “dimenticarsi” scientemente degli F35, che non vengono neanche nominati, quando una mozione del parlamento del 24 settembre 2014 (a firma fra l'altro di un deputato del suo stesso partito, Scanu) l'aveva impegnata a dimezzare le spese per i costosissimi cacciabombardieri. Lei aveva chiesto e ottenuto di rinviare tutto ad un piano di riduzione delle spese da presentare contestualmente al Libro bianco. Ma dopo tutti questi mesi, mentre nel frattempo il programma di acquisto degli F35 è andato avanti, di questo piano non c'è ancora traccia, né lei si è degnata nemmeno di nominarlo.
In compenso nel Libro della generalessa Pinotti si stabilisce un nuovo meccanismo di controllo parlamentare sulle spese militari per armamenti, che non sarà più fatto anno per anno, ma avverrà in base a una legge di acquisto pluriennale di investimento contenente tutti i programmi di acquisto di armamenti previsti nell'arco di sei anni. Legge che verrebbe sottoposta solo ogni tre anni all'approvazione delle aule parlamentari e non più alle commissioni Difesa, così da ridurre ulteriormente la frequenza e la già scarsa efficacia dei controlli del parlamento sulle decisioni dei vertici militari.

20 maggio 2015