Calcio marcio
Indagini su Mediaset e Sky. Partite vendute, la mano della 'ndrangheta
Demolire il calcio capitalistico, corrotto e diseducativo e rifondarlo su basi democratiche e popolari

E' come se fossimo condannati a rivedere in eterno lo stesso brutto film: a nove anni di distanza da calciopoli e a quattro dall'inchiesta “Last bet” di Cremona sul giro di scommesse e partite truccate nei campionati di serie B e Lega pro, un altro grosso scandalo torna a mettere alla sbarra il mondo del calcio capitalistico facendo emergere tutto il marcio da cui è costituzionalmente corrotto: “Dirty soccer” (calcio sporco) è denominata non a caso l'inchiesta della procura distrettuale di Catanzaro su un nuovo giro di scommesse e partite truccate nei campionati di Lega Pro e Lega Dilettanti, ma con il sospetto di propaggini anche in serie B e Coppa Italia, scattata dopo sei mesi di intercettazioni telefoniche della squadra mobile e dello Sco di Catanzaro. Inchiesta che ha già portato all'arresto di una cinquantina tra presidenti di società, dirigenti sportivi, allenatori, calciatori, faccendieri e finanziatori, con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, e per alcuni con l'aggravante dell'associazione mafiosa. Una settantina sono gli indagati, mentre le partite truccate accertate sono 28, di cui 17 di Lega Pro e 11 di serie D, per un totale di 33 squadre coinvolte, tra cui Pro Patria, Neapolis, Puteolana, Santarcangelo, Monza, Torres, L'Aquila, Barletta, Brindisi, Sorrento, Akragas, Juve Stabia, Cremonese ed altre.

“Un altro romanzo criminale”
“Siamo di fronte a un nuovo romanzo criminale. Urge una riforma radicale della normativa che regolamenta tali tipologie di scommesse”, ha scritto nell'ordinanza il pm Elio Romano della Direzione distrettuale antimafia catanzarese. E non esagerava, visto che ad essere coinvolti nel giro milionario delle scommesse su partite comprate non erano solo personaggi del mondo del calcio ma anche, in funzione di “compratori” e scommettitori, la 'ndrangheta calabrese, con la cosca Iannazzo di Lamezia Terme; e in aggiunta, come nell'inchiesta di Cremona del 2011, una sarabanda impressionante di delinquenti di provenienza estera: serbi, albanesi, sloveni, maltesi, russi, e perfino kazaki. Personaggi che investivano grosse somme per corrompere giocatori e direttori sportivi per poi scommettere sulle partite combinate, e che non esitavano a mostrare le armi e minacciare di morte i loro referenti e relativi familiari, e finanche ad effettuare sequestri di persona e pestaggi se le cose non andavano come pattuito.
Secondo gli inquirenti la cosca “imprenditrice” di Pietro Iannazzo, in rapporti diretti con il presidente del Neapolis, Mario Moxedano (arrestato insieme al figlio Raffaele, calciatore della stessa squadra, e il cui fratello Francesco è candidato dell'IDV alle elezioni regionali in Campania) e con il direttore sportivo del Monza, Antonio Ciccarone (anche lui arrestato), si occupava di truccare la Lega Nazionale Dilettanti, pagando dai 5 ai 7 mila euro a testa per combinare le partite, ed è dalle loro intercettazioni che è partita l'inchiesta. L'altra organizzazione criminale, quella dei cosiddetti “serbi” (nell'inchiesta di Cremona si chiamavano “zingari”, ma si tratta degli stessi ambienti delinquenziali), si occupava invece di pilotare la Lega pro, attraverso un sistema che ruotava intorno ad un faccendiere ex calciatore, Fabio Di Lauro, definito dagli inquirenti “unico rappresentante in Italia degli interessi dei signori delle scommesse dell'Est Europa”, e legato strettamente al direttore sportivo de L'Aquila, Ercole Di Nicola, una delle 33 società coinvolte nello scandalo. Del giro facevano parte anche due soci occulti della Pro Patria, Mauro Ulizio e Massimiliano Carluccio. Comprare una partita costava tra i 40 e i 50 mila euro, e con 5 mila euro si potevano comprare i calciatori.
Ma il mondo delle squadre dei campionati minori, ex serie C e D, dove le società vivono alla giornata con qualche sponsor minore e senza diritti tv, e i calciatori hanno paghe da precari, quando vengono pagati, non è il solo ad essere facile preda delle organizzazioni dei corruttori-scommettitori, visto che in questa inchiesta non mancano anche i sospetti su squadre blasonate, che avrebbero truccato partite di serie B e Coppa Italia: tra gli incontri sospetti ci sono infatti il Sassuolo-Pescara del 3 dicembre scorso, in Coppa Italia, e due partite di serie B, Livorno-Brescia del 24 gennaio e Catania-Crotone del 16 febbraio. E compaiono ex giocatori di serie A come Arturo di Napoli (Napoli e Inter, oggi allenatore del Savona), ed ex arbitri di serie A come Massimo De Santis (non indagato ma sospettato di aver influito sulla partita Santarcangelo-L'Aquila), unico condannato della scandalosa assoluzione plenaria per calciopoli.

Sospetti su accordi Mediaset-Sky
In parallelo allo scandalo delle scommesse è emerso anche quello dei diritti televisivi spartiti tra Mediaset di Berlusconi, che è anche proprietario del Milan, e Sky del finanziere Rupert Murdoch, vicenda che è conseguenza ed anzi è emblematica dello stesso marcio e corrotto mondo del calcio capitalistico, con alcuni personaggi, come Claudio Lotito, presidente di Lazio e Salernitana (ma anche presidente occulto di Brescia e Bari) e Adriano Galliani, presidente del Milan, che fanno da snodo tra i due scandali. Quest'altro risale al giugno 2014, all'asta per i diritti tv sul calcio per il triennio 2015-2018 messi in vendita dalla Lega Calcio. Se li era aggiudicati tutti Murdoch con una super offerta, sia per il satellite che per il digitale, ma Mediaset aveva protestato e accusato Sky di posizione monopolistica, mentre la Lega Calcio, dove il Milan e Galliani hanno una posizione dominante, aveva bloccato tutto.
A quel punto le due parti hanno trovato un accordo, sotto la mediazione di Infront, un'agenzia di Advisor presieduta un ex manager della Fininvest, per scambiarsi i diritti tv tra di loro (a Sky il satellite, a Mediaset il Digitale, e le squadre minori girate da quest'ultima a Sky), tagliando così fuori i terzi concorrenti (come l'americana Discovery) e risparmiando milioni di euro rispetto a quanto avrebbero dovuto pagare gli stessi pacchetti alzando le offerte per assicurarseli. E questo in flagrante conflitto di interessi (Galliani è contemporaneamente in Lega Calcio e cointeressato in Mediaset) e a scapito della stessa Lega Calcio, che invece dei 3,3 miliardi promessi dall'ex manager della Fininvest ne hanno presi alla fine 2,9. Tutto ciò è entrato nel mirino dell'Antitrust, che ha mandato la guardia di finanza negli uffici di Mediaset, Sky, Infront e Lega Calcio per vederci chiaro, dopo le rivelazioni stampa su intercettazioni riguardanti Claudio Lotito, che si vantava di essere stato lui “a far parlare Berlusconi e Murdoch” affinché si mettessero d'accordo per spartirsi i diritti tv.
Infront, che fattura 230 milioni di euro, gestisce i diritti commerciali di una quantità di società calcistiche e della stessa nazionale di calcio (assegnati subito dopo l'ascesa in Figc del duo Tavecchio-Lotito), è socia di Gazzetta dello Sport in Gazzetta tv , e ultimamente si è data anche da fare rilevando a prezzi stracciati società in stato fallimentare, come il Parma, il Bari ed il Brescia. Ogni squadra acquistata è un presidente e quindi un voto in più in Lega Calcio. E in quest'ultima, come si legge anche in un'intercettazione dell'inchiesta “Dirty soccer”, sono Galliani e Lotito a comandare di fatto: “Lotito – dice infatti al telefono Vittorio Galigani (ex direttore sportivo, non indagato) a uno degli arrestati – ha rotto. Macalli e Tavecchio sono in mano a lui che li ricatta (…) Ora con Infront insieme a Galliani hanno preso anche il Brescia. Infront è Galliani”.

Un unico sistema marcio e corrotto
In sostanza, cioè, il mondo del calcio e il mondo delle tv commerciali fanno parte della stessa macchina di profitto capitalistico, dove a spadroneggiare sono gli interessi economici e non certo la passione sportiva, ma piuttosto è quest'ultima, pagata da molti, che viene sfruttata per far fare soldi ai pochi che gestiscono il sistema: dai presidenti delle grandi società e dai magnati delle tv, che lucrano miliardi ai piani alti, giù giù fino ai “serbi” e ai mafiosi che tengono in mano e pilotano i campionati minori e perfino quelli dilettanti.
Quest'ennesimo scandalo dimostra che non si può più parlare di casi isolati, ma che è tutto il sistema del calcio capitalistico che è marcio e corrotto, e che altri scandali seguiranno sempre più frequenti e sempre più gravi, alla faccia degli spettatori e dei tifosi che continueranno ad essere truffati da partite taroccate, giocatori e arbitri comprati, giornalisti sportivi compiacenti e società disposte a tutto pur di fare profitti, in inquietante contiguità col malaffare e la delinquenza organizzata.
Il calcio capitalistico marcio, corrotto e diseducativo è irriformabile e va abolito come tale. Esso perciò va demolito e completamente rifondato su basi democratiche e popolari: un calcio esclusivamente pubblico, senza intrusione diretta o indiretta di privati, gestito direttamente dai tifosi e in cui i giocatori siano pagati con stipendi da lavoratori. Le partite devono essere trasmesse gratuitamente in televisione e i biglietti agli stadi devono essere a prezzi popolari. Come indica il Programma d'azione del PMLI, il sistema sportivo pubblico deve “favorire e sviluppare lo sport dilettantistico e non agonistico. Lo sport come diritto inalienabile e occasione formativa per i giovani, per migliorare la qualità della vita di tutti, compresi gli anziani, i disabili, ecc.”.

27 maggio 2015