Alle elezioni regionali del 31 maggio
Gli interessi e i programmi dei candidati alla poltrona di Palazzo S. Lucia sono antitetici a quelli delle masse popolari campane
la cellula “vesuvio rosso” di napoli DEL pmli invita a punire severamente la destra e la “sinistra” del regime neofascista

Redazione di Napoli
Nessuno dei candidati della destra e della “sinistra” del regime neofascista, anche nella loro declinazione locale, merita un solo voto dalle masse popolari della Campania il prossimo 31 maggio alle elezioni amministrative regionali. I vari candidati (Caldoro, De Luca, Ciarambino, Vozza ed Esposito) vanno seppelliti dalla valanga astensionista che si abbatterà inevitabilmente sulle loro liste, fatte per lo più da impresentabili e improponibili (come nel caso di Caldoro e De Luca), da perfetti sconosciuti lontani anni luce dai bisogni delle masse (come il Movimento 5 Stelle) o da coloro che nel tempo hanno progressivamente eroso il piccolo “capitale” di voti lasciato dal PCI revisionista fino ad azzerarlo e che, ora, tentano di raccattare voti nel mare magnum degli astensionisti di sinistra (come le liste zeppe di ex PRC,  PCdI, movimentisti e trotzkisti rappresentati da Vozza ed Esposito).

Punire la destra Borghese
Non merita alcun voto il presidente uscente Stefano Caldoro, fortemente sostenuto dal neoduce Berlusconi, che tra immobilismo politico e fallimenti sul fronte del lavoro, ambiente, sanità, trasporti, utilizzo fondi europei, si può annoverare tra i peggiori governatori campani del dopoguerra. Si pensi al fallimento della “Astir” ex Recam, l’azienda in house che avrebbe dovuto effettuare le bonifiche necessarie dirette a salvare la vita a migliaia di innocenti morti di tumore nel triangolo maledetto di Acerra-Caivano-Aversa e soprattutto dopo lo scoppio del caso della “Terra dei Fuochi” che coinvolgeva l’area del giuglianese e dell’aversano. La collocazione, il 1 aprile 2001, del fascista Pietro Diodato al vertice dell’azienda (stipendiato con 50mila euro l’anno), invece di ripianare i debiti che ammontavano a 70 milioni di euro, conduceva a un lento ed inesorabile affossamento e alla liquidazione con centinaia di posti di lavoro (circa 600) persi, la cui disperazione è stata sottolineata dal suicidio di un operaio, Angelo Evangelista Coppola, che si è tolto la vita nell’agosto del 2013. Una sconfitta senza pari, quella relativa alla tutela ambientale del territorio, delle bonifiche e del risanamento di Napoli e dell’hinterland partenopeo e casertano, le cui responsabilità politiche ricadono totalmente sull’assessore all’ambiente uscente Romano: basti pensare che in cinque anni la giunta della casa del fascio (grazie anche all’opposizione di carta del “centro-sinistra”, non è riuscita ad insediare il registro dei tumori). Una politica ambientale lasciata completamente alla mercé della camorra e con la sola “alternativa” dell’inceneritore da costruire addirittura nel martoriato comune di Giugliano, mentre ha latitato fino a dissolversi qualsiasi ipotesi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e speciali, con la mancanza di un piano serio e tangibile per un territorio, come quello della Campania, più volte sottoposto alle costosissime e inconcludenti emergenze e commissariamenti.
Sul fronte lavoro è addirittura palmare la completa debacle della giunta antipopolare uscente con assoluta protagonista assessore al “lavoro” Severino Nappi, professore ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università della Calabria (sic!). È incredibile come non vi è traccia di un piano serio di sviluppo che contrastasse l’incredibile emorragia di occupati in Campania, il ritorno all’emigrazione di massa dall’ex regione “felix”, la desertificazione industriale con l’incapacità ad affrontare l’affare “Indesit” di Carinaro (con il rischio, per migliaia di operai e operaie, di perdere il posto di lavoro) in crisi e prossima alla chiusura, oppure quella della “Eavbus”, altra partecipata fallita dalla cattiva gestione della giunta della casa del fascio dopo 50 anni e con 1.300 lavoratori in cassaintegrazione. Non potremmo scordare mai, noi marxisti-leninisti, il trattamento che Nappi ha riservato, poi, al movimento dei disoccupati organizzati che percepivano un bonus del progetto di formazione “BROS” diretto alla partenza della raccolta differenziata porta a porta in tutta la Campania. Una vera e propria macchina repressiva, gestita in comune con una parte della Procura napoletana, che addirittura si costituiva in pool , fino a contestare persino l’associazione a delinquere ai disoccupati organizzati. Una pioggia di misure cautelari, testimonianze ben collaudate e mirate dove in prima fila si collocava proprio l’assessore uscente che ha goduto anche dell’appoggio talvolta diretto, altre volte silenzioso, del neopodestà napoletano Luigi De Magistris: tutti pronti ad eliminare dalla scena politica e delle manifestazioni pubbliche il movimento combattivo e coraggioso dei disoccupati organizzati.
Ai minimi termini si colloca anche la sanità campana con cifre impietose ben elencate da un rapporto del 2013 della “Agenzia nazionale per i servizi nazionali delle regioni” (Agenas), un organismo paragovernativo che ha collocato ben quattro ospedali della Campania tra i primi dieci peggiori sul territorio nazionale. Il peggiore nosocomio in Italia è il nuovo policlinico “Federico II”, cui segue il vecchio policlinico collocato nella zona di Montesanto; si passa poi al Sant’Anna e Sebastiano di Caserta per poi finire tristemente con l’azienda ospedaliera dei Colli-Monaldi. Un museo degli orrori sanitario dove, secondo l’Agenas, si muore più che in altre parti, attesa anche la gestione fallimentare del superconsulente di Caldoro, Raffaele Calabrò, fondatore di Forza Italia e anima dell’Opus Dei a Napoli, cui si aggiunge il direttore dell’azienda dei Colli-Monaldi, Antonio Giordano, ex PSI e fedelissimo del governatore uscente. Per non parlare dello stallo del mastodontico “Ospedale del Mare”, costruito in spregio alle normative ambientali e sismiche, e ancora fermo con la sola inaugurazione ipocrita del lato amministrativo da parte di Caldoro qualche mese fa in funzione elettorale.
Altro capitolo è lo sperpero dei fondi europei per cui il procuratore della Corte dei Conti, Marco Catalano, ha aperto un'inchiesta in ordine alla pessima gestione di centinaia di miliardi del “Fesr”, il “Fondo europeo di sviluppo regionale”, destinati proprio a quel piano di sviluppo e occupazione mai andato in porto in Campania nel quinquennio di giunta Caldoro. Per non parlare dei trasporti, mal gestito dai dinosauri ex PSI ed ex neopodestà di Napoli, Nello Polese, e da Roberto Pepe, vicino all’ex ministro DC Mancino, con la soppressione di centinaia di corse, la crisi di Circumflegrea, Cumana e Circumvesuviana, i disagi subiti dalle masse per il trasporto pubblico e il riemergere del fenomeno dei camioncini privati pagati più del doppio delle corse normali, abusivi e in odore di camorra.

Punire la “sinistra” borghese
Non da meno è sicuramente l’ex neopodestà Vincenzo De Luca, già sconfitto nelle precedenti regionali del 2010 e rilanciato dal PD nazionale con una lista piena zeppa di impresentabili tanto da allarmare anche lo scrittore anticamorra Roberto Saviano, che ha parlato addirittura di una riedizione di “Gomorra” tra i candidati (fascisti, indagati, inquisiti, condannati, ex fascisti, cosentinani) a sostegno della coalizione di “centro-sinistra”. Quello in cui si distingue De Luca è il suo piglio ducesco che ha caratterizzato gli anni di neopodestà di Salerno dove questo rinnegato del comunismo si è distinto in repressione degli immigrati, minacce di radere al suolo i centri sociali, propugnatore incallito dell’inceneritore. Sotto la sua gestione Salerno, come hanno dichiarato anche i portavoce dei Comitati ambientalisti, è diventata peggio di Pechino per ciò che concerne le polveri sottili, in particolare, e l’inquinamento, in generale, con lo scandalo delle Fonderie Pisano che hanno caratterizzato in peggio la vita delle masse popolari salernitane. Al di là della grave condanna per abuso di ufficio che più volte ha tentato di minimizzare, De Luca è stato inquisito in diverse vicende di cui Il Bolscevico più volte si è occupato: il candidato PD non è altro che la faccia della stessa medaglia dei partiti al servizio del capitalismo.
Una falsa alternativa è l’ex volontaria missionaria Valeria Ciarambino, del Movimento 5 Stelle, che ritenta l’avventura politica dopo la bocciatura alle elezioni europee del 2014 dove ha racimolato poco più di un migliaio di voti. Nella presentazione sul suo sito ufficiale, la Ciarambino clamorosamente omette di affermare che è stata non solo dipendente di Equitalia, ma anche di aver ricoperto i ruoli di assistente dell’amministratore delegato e poi responsabile dell’ufficio stampa. Delfino del vicepresidente della Camera, il destro Luigi Di Maio, con cui condivide l’appartenenza al M5S di Pomigliano D’Arco, la Ciarambino va più volte in contraddizione nelle interviste concesse laddove parla non di abolire Equitalia, ma di riformarla: “il modello su cui si regge Equitalia non è più adeguato e va assolutamente modificato l’impianto”. Sembra assente nel programma un serio piano di rilancio del lavoro e di sviluppo della Campania, nonostante più volte Ciarambino parli di “desertificazione industriale”, salvo poi rispolverare il vecchio armamentario caro ai neorevisionisti e trotzkisti del “reddito di cittadinanza”, del “programma partecipativo”, della rivalutazione culturale e del patrimonio artistico, puntando sul rilancio del lavoro con maggiore attenzione per il turismo e le “eccellenze enogastronomiche”.

No agli imbroglioni neorevisionisti e trotzkisti
Trovano rifugio nelle liste a sostegno di Salvatore Vozza (“Sinistra al Lavoro”) e Marco Esposito (“MO”) i neorevisionisti e i trotzkisti storici, rottami degli ultimi anni appartenenti al PRC e PCdI che per la prima volta in Campania non presentano una propria lista, al pari del PC di Rizzo che non riesce nemmeno a raccogliere le firme per candidarsi. Vozza, ex assessore allo Sport nella giunta Valenzi e ingraiano di ferro, rinnega il comunismo e, dal 1992 al 2001, è parlamentare prima nel gruppo PDS e poi DS-L'Ulivo, per poi confluire nel tempo in SEL del trotzkista narcisista Nichi Vendola, di cui diventa coordinatore regionale. Marco Esposito, già giornalista de “La Voce”, il giornale di Indro Montanelli, firma un libro con Gianni Pittella, europarlamentare PD, e in un altro, “Separiamoci” propugna “le ragioni che potrebbero rendere inevitabile il ritorno a un Sud indipendente”, secondo quanto afferma in prefazione lo scrittore Pino Aprile, propendendo per una sorta di secessionismo speculare a quello leghista. Nel dicembre 2009 Esposito sospende l'attività giornalistica per un periodo di aspettativa ed è nominato da Antonio Di Pietro responsabile della sezione dipartimentale Politiche per il Mezzogiorno di Italia dei Valori. Nel giugno 2011 entra nella giunta antipopolare De Magistris al Comune di Napoli come assessore alle attività produttive, fino a finire nel repulisti generale con l’inevitabile cacciata da parte del neopodestà nel maggio 2013. I rigurgiti secessionisti riaffiorano il 23 giugno 2013, laddove nel corso del primo congresso, svoltosi a Casalduni (Benevento), viene eletto segretario di Unione Mediterranea, movimento politico “per il riscatto del Sud” fondato pochi mesi prima a Napoli.
Come affermato giustamente dalla Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI in un documento del 12 maggio scorso, distribuito in questi giorni in diversi quartieri del capoluogo partenopeo, bisogna punire “severamente con l’astensionismo questi partiti della borghesia al servizio del capitalismo” non votando i partiti borghesi e del regime capitalista e abbandonando definitivamente ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, riformista, costituzionale e pacifista, astenendosi (disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco). E invitiamo tutti i fautori del socialismo napoletani a unirsi e a combattere assieme contro il capitalismo, i suoi governi nazionale e locale e le sue istituzioni e per il socialismo creando le istituzioni rappresentative delle masse, costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari basati sulla democrazia diretta.

27 maggio 2015