Elezioni amministrative in Spagna
Il 35% dell'elettorato diserta le urne
I popolari del premier Rajoy restano il primo partito ma perdono consensi, come i socialisti. All'esordio elettorale i nuovi inganni di Podemos e Ciudadanos seminano nuove illusioni parlamentariste

 
La scadenza delle elezioni amministrative parziali spagnole del 24 maggio riguardava l'elezione dei parlamenti di 13 delle 17 regioni del paese e il rinnovo di oltre 8 mila comuni. Una scadenza che ha fatto registrare anzitutto il leggero aumento della diserzione del voto passata dal 34% delle precedenti elezioni del 2011 al 35%; un risultato di non poco conto a fronte del forte richiamo al voto esercitato dalla nuova formazione della “sinistra” borghese, Podemos, e da quella di centro Ciudadanos, all'esordio in una competizione di questo livello. Due formazioni che hanno in parte incanalato le espressioni di protesta verso la ingannevole speranza di una alternativa alle politiche liberiste del Partito popolare (Pp) del premier Rajoy e della finora principale opposizione parlamentare dei socialisti del Psoe guidati da Pedro Sanchez; col risultato di non scalfire la diserzione del voto ma di togliere consensi ai due principali partiti.
In alcune circoscrizioni il peso delle illusioni elettorali in particolare di Podemos si è fatta sentire nei comuni più importanti come nel caso di Barcellona dove la diserzione ha perso più di dieci punti percentuali, fermandosi comunque attorno al 40%, e dove la formazione guidata da Pablo Iglesias ha conquistato la poltrona di sindaco.
Fino alle precedenti elezioni le due forze principali, Pp e Psoe, si spartivano i due terzi dei voti validi, nella tornata del 24 maggio hanno superato di poco la metà.
Il Pp resta il primo partito in 9 delle 11 comunità autonome in cui aveva la maggioranza assoluta anche se nella maggior parte di esse non potrà più governare da solo e nelle ex roccaforti delle città di Madrid e Valencia o nella regione Castiglia-La Mancia rischia di lasciare il passo a una coalizione della “sinistra” borghese.
Dai dati aggregati a livello nazionale il Pp resta in testa con 5,8 milioni di voti, pur perdendone un terzo degli 8,5 che aveva nel 2011 mentre il Psoe resta il secondo partito con 5,4 milioni contro i più di 6 delle precedenti. Il terzo partito è risultato Ciudadanos con 1,4 milioni di voti. Seguono i revisionisti di Izquierda Unida (Iu) con un milione di voti, contro il milione e mezzo di 4 anni fa, nei comuni dove partecipava da sola, in altri si presentava in coalizione.
Nella classifica nazionale non è presente Podemos che non si presentava con il proprio simbolo ma in locali “coalizioni di unità popolare” fra le quali quella che ha vinto a Barcellona, guidata dalla ex portavoce della Piattaforma vittime del mutuo, Ada Colau, la cui lista ha ottenuto 11 consiglieri, uno in più del centrodestra di Convèrgencia i Unió del sindaco uscente Xavier Trias. A Madrid la coalizione Ahora Madrid di Manuela Carmena è arrivata a solo un consigliere in meno della popolare Esperanza Aguirre. Nelle due città saranno comunque possibili solo governi di coalizione.
Un risultato che secondo il leader di Podemos, Pablo Iglesias, “segna l’inizio della fine del bipartitismo in Spagna. Pp e Psoe hanno registrato uno dei peggiori risultati della loro storia” e “il cambiamento ora è irreversibile”. Alle politiche di novembre Podemos, ha annunciato, “sfiderà il Pp” per il governo del paese. Punta in alto il movimento nato un anno e mezzo fa da una costola degli Indignados e che alle europee era riuscito a far eleggere cinque eurodeputati con una campagna elettorale costruita contro la “casta” finanziaria, mutuando gli slogan di Occupy Wall Street. Una formazione che si dichiara vicina alla Syriza greca di Alexis Tsipras e che sviluppa l'azione politica come l'M5S prevalentemente col largo uso della rete. Al punto che a un mese dalle elezioni ha dovuto registrare l'addio di Juan Carlos Monedero l’ideologo del movimento e braccio destro di Iglesias accusava i dirigenti di Podemos di non aver “più tempo per mantenere il contatto con i piccoli circoli, è più importante un minuto di televisione”.
L'altro protagonista del “rinnovamento” spagnolo è la formazione Ciudadanos, cittadini, nata nel dicembre 2014 e guidata da Albert Rivera. Rivera si definisce di “centro-sinistra”, dice di ispirarsi a John Fitzgerald Kennedy e di essere pronto a dialogare con i socialisti di Pedro Sanchez. Punta dichiaratamente a conquistare la classe media e ha un programma che comprende reddito minimo, riforma del sistema pensionistico in senso contributivo, eliminazione del Senato e l'introduzione di un “contratto a tutele crescenti” con decontribuzioni fiscali per le aziende che assumono a tempo indeterminato. Rivera è a favore anche dell'introduzione delle primarie come strumento di selezione della classe politica. Un programma quasi “renziano”.

4 giugno 2015