Varata la Coalizione sociale di Landini e Rodotà
Una iniziativa di democratici e liberali borghesi interna al capitalismo e all'UE imperialista
Non tutti i punti della piattaforma rivendicativa sono condivisibili, a partire dal reddito di cittadinanza
Diffuso il volantino del PMLI sui risultati elettorali che indica la necessità del socialismo e del potere politico al proletariato

Dopo mesi di gestazione e di aspettative accortamente alimentate, il 6 e 7 giugno la Coalizione sociale di Landini e Rodotà ha tenuto la sua prima Assemblea nazionale al centro congressi Frentani a Roma. Hanno aderito all'iniziativa in circa trecento tra organizzazioni sindacali, associazioni, movimenti, centri sociali e onlus, tra cui la Fiom di Landini che l'ha promossa e organizzata, l'Arci, Act, Action, Articolo 21, Emergency, Libera, Legambiente, Libertà e giustizia, Rete 29 Aprile, Rete della conoscenza, movimenti per l'acqua e i beni comuni, Unione degli studenti, Unione inquilini, solo per citarne alcune tra le più note. Ma anche gruppi professionali, avvocati e lavoratori autonomi, come la Federazione parafarmacie, l'associazione dei geometri, quella dei ricercatori, e così via.
Un migliaio circa i partecipanti, tra cui si sono messi in mostra esponenti politici di partiti (anche se non ufficialmente invitati), come i deputati di SEL Nicola Fratoianni e l'ex sindacalista Fiom Giorgio Airaudo, nonché l'europarlamentare Eleonora Forenza della Lista Tsipras-l'altra Europa; e perfino, in cerca di visibilità e riciclo, vecchi imbroglioni trotzkisti dell'”autonomia operaia” come Piperno e Scalzone. Davanti al Frentani i militanti della cellula Rivoluzione d'Ottobre di Roma e dell'Organizzazione di Civitavecchia hanno diffuso il volantino del PMLI sui risultati elettorali che indica la necessità del socialismo e del potere politico al proletariato.
Indubbiamente dal punto di vista della partecipazione questa iniziativa ha avuto successo, perché ha intercettato un diffuso e condivisibile bisogno di unità e di lotta tra i lavoratori, compresi i precari, i giovani e in generale l'elettorato di sinistra che si è astenuto per protesta e schifati da questo governo. Che si tratti di una coincidenza o no, sta di fatto che cadendo proprio all'indomani delle elezioni regionali, che con un astensionismo senza precedenti hanno evidenziato la profonda frattura tra l'elettorato di sinistra e il PD di Renzi, questo evento non avrebbe potuto essere mediaticamente più tempestivo, dato che questo “nuovo soggetto politico” si propone di essere un “contenitore” per raccogliere e unire tutto ciò che si muove in maniera frammentaria alla sinistra del PD. Ma su quali basi, e per fare cosa?

Un progetto che “non si sa dove inizia e dove finisce”
Va detto subito che questa due giorni romana non ha aggiunto molto al già vago progetto di Landini e Rodotà come si era delineato fino ad oggi. Costoro insistono a dichiarare che non è e non vuole essere un partito, anzi che non ha nemmeno una collocazione politica precisa, “di destra o di sinistra” che sia, considerate categorie del '900 ormai superate e incapaci di rappresentare la frantumata realtà della società attuale. “Oggi inizia un percorso che ha come obiettivo quello di unire tutto quello che è stato diviso e rimettere al centro il lavoro con un'idea diversa di sviluppo, di sostenibilità ambientale e tutta la questione del diritto al sapere e alla conoscenza”, ha detto infatti Landini confermando con queste fumose parole tutta la vaghezza del suo progetto politico; un progetto “nato fuori dai partiti, ma per ricostruire una politica con la 'p' maiuscola che parli dei problemi delle persone, che permetta alle persone di partecipare”, ha aggiunto enfaticamente. E ai giornalisti che gli chiedevano se Coalizione sociale intende porsi alla sinistra del PD, il segretario Fiom ha risposto stizzito: “Questa iniziativa non è richiudibile dentro una dimensione di destra, centro o sinistra, è un'altra cosa. Dentro ai recinti noi non ci stiamo. Noi parliamo alle persone, poi decideranno le persone cosa fare”.
“Partire dalle persone”, “lavorare nei territori”, “mettere in rete le informazioni”, “cambiare concretamente le leggi”, sono state infatti le definizioni ricorrenti in questa assemblea, che anche nel linguaggio usato ha voluto marcare una netta presa di distanza non solo dalle precedenti esperienze fallimentari come la Sinistra arcobaleno di Bertinotti, Rivoluzione civile di Ingroia e le stesse Rifondazione, PCd'I e SEL , già liquidate da Rodotà come “zavorre” e “residui della storia”, ma anche e più in generale dai principi, dal linguaggio e dall'esperienza storica del movimento operaio del '900. Appiattendosi e confondendosi invece, senza più alcun riferimento ideologico e politico e disegno strategico generale, nella realtà “liquida” delle “Associazioni, movimenti, sindacati, donne e uomini che in questi anni si sono battuti contro le molteplici forme di ingiustizia, di discriminazione e di progressivo deterioramento dei diritti”, come recita l'apertura del documento “Per la Coalizione” che ha fatto da base ai lavori dell'assemblea.
Ma con ciò stesso si tengono anche aperte tutte le porte a ogni possibile sbocco futuro, non soltanto politico ma anche elettorale. Non a caso Michele Di Palma, responsabile Auto della Fiom e braccio destro di Landini, esaltando nel suo intervento il fatto che nei quattro workshop svoltisi nella due giorni non si fosse parlato di come “funziona il mondo e come cambiarlo”, ma di individuare un percorso partendo “dalla propria condizione soggettiva o collettiva”, ha puntualizzato che “noi non sappiamo dove comincia e dove finisce questo percorso”.

Rivendicazioni condivisibili e non
Ma al di là della vaghezza e ambiguità del programma, degli obiettivi e delle forme di organizzazione, quel che è certo è che la Coalizione sociale di Landini e Rodotà è un'iniziativa ideata, promossa e diretta da democratici e liberali borghesi, sia pure della “sinistra” della borghesia, e che si muove ed è tutta interna al capitalismo e alla UE imperialista. Non si propone infatti di cambiare la società borghese, ma di attenuarne le iniquità più macroscopiche, non di abbattere il sistema capitalista e sostituirlo col socialismo, che non è nemmeno nominato negli atti e nei discorsi dei suoi promotori, ma solo di correggere e migliorare gli aspetti più intollerabili di tale sistema e della politica europea, appoggiandosi alla democrazia borghese e alla Costituzione.
Nel documento “Per la Coalizione”, per esempio, si riconosce che “in questi anni le politiche europee e dei governi nazionali” hanno fatto un vero scempio dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle masse popolari per uscire dalla crisi, e si dice anche che “è arrivato il momento di rivitalizzare la partecipazione alla vita pubblica sulla base di alcuni fondamentali valori e obiettivi”. Molti dei quali sono certamente condivisibili e sui quali si può e si devono costruire azioni e lotte di fronte unito nelle piazze e nei luoghi di lavoro e di studio, come il diritto al lavoro, la tutela dell'ambiente e dei beni comuni come patrimonio non privatizzabile, i diritti alla salute, all'istruzione, alla cultura, alla casa, alla pensione e all'assistenza, il superamento del divario Nord-Sud, i diritti dei migranti, la lotta alle mafie e alla corruzione, ecc. Altri non sono invece condivisibili, come il reddito minimo di cittadinanza, che è stato uno dei temi dominanti della due giorni. Ma non certo perché siamo d'accordo con Renzi, che dal palco della festa de La Repubblica a Bologna l'aveva bocciato con sufficienza come una misura “assistenziale”. Non siamo d'accordo perché il reddito di cittadinanza sarebbe solo un'elemosina, mentre invece bisogna creare un forte movimento di lotta per rivendicare il lavoro, stabile, a tempo pieno, adeguatamente retribuito e sindacalmente tutelato per tutti.
Ma soprattutto non siamo d'accordo sui metodi e gli obiettivi di lotta che si propongono per conquistare o riconquistare i diritti e le rivendicazioni indicate nel documento: come appellarsi alla Costituzione del 1948, che “va applicata per renderla davvero operativa”, mentre sappiamo benissimo che ne è stata fatta ormai carta straccia e sostituita di fatto da una Costituzione materiale neofascista, presidenzialista e interventista: e non da una “democrazia autoritaria”, come nel suo intervento ha chiamato Stefano Rodotà l'attuale regime neofascista.
Come non siamo d'accordo sull'obiettivo che “l'Europa va sottratta alle logiche tecnocratiche”, che impongono le politiche di austerità, per riportarla “al senso di solidarietà, di collaborazione, di pacifica e rispettosa convivenza tra i popoli, nel ripudio della guerra e di ogni forma di xenofobia e razzismo, nella condivisione di opportunità e di comune crescita culturale”: una visione idilliaca che non è mai appartenuta, se non nelle vuote e retoriche dichiarazioni ufficiali, alla UE imperialista fin dalla sua stessa fondazione, Unione che è invece solo un club di grandi monopolisti capitalisti, di grandi banche e di grandi lobby finanziarie, affaristiche, massoniche e militari, che non disdegna l'interventismo armato per tutelare i suoi interessi, e che pertanto va combattuta per distruggerla e non per “cambiarla”.

Mutualismo o lotta di classe?
Non siamo assolutamente d'accordo poi sulla voluta cancellazione di ogni riferimento di classe, per cui non c'è più la società divisa in classi fondata sullo sfruttamento capitalistico dei lavoratori da parte della classe dominante borghese, né la classe operaia come classe generale sua antagonista storica, e alla quale tutte le masse sfruttate e oppresse devono unirsi nelle lotte quotidiane per conquistare migliori condizioni di vita e di lavoro e, in prospettiva, il socialismo, bensì una non meglio precisata “società fondata sull'individualismo e sulla competizione tra le persone”, la cui alternativa è “unirsi, fare rete, coalizzarsi”, e per fare cosa? Per “mettere in comune esperienze di azione, volontariato, mutualismo, competenze, intelligenze per affrontare in modo solidale nei luoghi di vita e di lavoro un cammino che con la partecipazione e il protagonismo delle persone conquisti giustizia e dignità”: una visione e un programma più adatti ad una cooperativa di mutuo soccorso o ad una onlus assistenziale che ad una organizzazione di lotta.
E non solo non c'è il socialismo, ma non c'è nemmeno una denuncia degna di questo nome del governo Renzi e della sua politica neofascista, liberista, antioperaia e piduista né tanto meno si chiede di lottare per farlo cadere. Si chiede solo, come ha fatto Landini, di “cambiare le politiche economiche e sociali di questo governo”, e di “cambiare le leggi sbagliate, anche fino al referendum”, come se fosse ancora possibile far cambiare linea al governo del nuovo Mussolini. Magari facendo affidamento sull'”opposizione” della sinistra del PD in parlamento, per cambiare qualche virgola al disegno di legge sulla “Buona scuola”, e sui referendum per abrogare il Jobs Act e le altre leggi fasciste che nel frattempo saranno varate, ma sempre dando praticamente per scontata la durata di questo governo fino al 2018.
Perfino sul disegno piduista di Renzi di riscrivere in senso fascista la Costituzione, la legge elettorale e le istituzioni, cancellando il Senato ed assumendo poteri personali di stampo mussoliniano, non è stata fatta chiarezza e si è sottovalutato gravemente il pericolo da esso rappresentato. Lo stesso Rodotà, dal quale ci si sarebbe aspettati una forte e chiara denuncia, si è limitato a girarci intorno, usando le solite definizioni riduttive e ambigue come “oggi è in discussione la democrazia in questo Paese”, “c'è una democrazia autoritaria”, e indicando come antidoti non la lotta per spazzare via il nuovo duce e il suo governo piduista, bensì azioni per “riequilibrare la democrazia attraverso la partecipazione sociale”, “reinventare i diritti, che sono già scritti nella Costituzione”, la “ricostruzione dell'etica civile e pubblica”, e così via.

Una nuova trappola per gli astensionisti
Non siamo d'accordo neanche con la posizione strumentale che la Coalizione sociale ha nei confronti dell'astensionismo elettorale, che per noi non è solo una “presenza impressionante” che denota una “perdita di capacità rappresentativa delle istituzioni”, come ha esordito nel suo intervento Rodotà, il quale ha messo al primo posto per la Coalizione sociale il compito di “intervenire su questa separazione tra società e istituzioni restituendo significato alla rappresentanza”. “La sfiducia che porta la gente a non andare a votare – ha anzi chiarito ancor meglio il professore liberale borghese – deve essere sfidata e, mi auguro, vinta”. Rivelando con ciò che il vero e inconfessato motivo per cui insieme al segretario della Fiom ha dato vita a questo “nuovo soggetto” è proprio quello di proporsi come alternativa a sinistra del PD, un nuovo imbroglio politico, un nuovo inganno riformista per tenere ingabbiati gli astensionisti di sinistra nell'elettoralismo, nel parlamentarismo e nelle istituzioni borghesi da cui stanno prendendo sempre più le distanze. E quel che è peggio è che strumentalizzando la Fiom si propongono di tirare dentro a questo inganno anche la classe operaia e i lavoratori.
Per noi invece – come i partecipanti all'assemblea hanno potuto leggere sul volantino diffuso dai militanti del PMLI - “l'astensionismo è oggettivamente un voto anticapitalista, antigovernativo e antistituzionale ma non lo è ancora soggettivamente. L'elettorato di sinistra deve maturare la coscienza di concepire l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo e che solo lottando contro il capitalismo per il socialismo è possibile cambiare davvero l'Italia e dare il potere politico al proletariato”.
 

10 giugno 2015