Denuncia della Cgil Milano: centinaia di lavoratori mandati a casa sulla base di segnalazioni della polizia
Non possono lavorare a Expo i contestatori del capitalismo e del regime neofascista!
È bastata una nota sugli schedari, una segnalazione o una denuncia mai arrivata a processo, come aver partecipato ad una qualsiasi manifestazione di protesta

Redazione di Milano
Se da un punto di vista del diritto al lavoro con EXPO Milano 2015 si è andati oltre la precarietà e la flessibilità imposte alla prestazione della forza-lavoro, rendendola persino gratuita, dal punto di vista dei diritti civili il regime neofascista si rivela nelle sue più tipiche forme di oppressione politica.
Dentro l’area di EXPO può lavorare infatti solo chi ha il nulla osta della questura, solo chi non è mai stato citato in un Registro di polizia, e non si tratta soltanto di reati, di fedina penale, di “allerta terrorismo”: è sufficiente una nota sugli schedari, una segnalazione o una denuncia mai arrivate a processo perché venga bloccata l'autorizzazione all’accesso lavorativo all’Esposizione universale, basta aver partecipato ad una qualsiasi manifestazione di protesta.
Tutto è documentato negli esposti che sta raccogliendo la Cgil di Milano: già 500 casi di persone che avevano richiesto il pass per entrare alla fiera da dipendenti, giornalisti o interpreti e si sono viste negare il documento “per ragioni sconosciute”. Un giovane ha raccontato la sua storia al microfono di Radio Popolare : “Il 9 aprile sono stato assunto regolarmente da Coop Lombardia per lavorare al ‘Supermercato del futuro’, dentro Expo. Ho seguito la formazione teorica e l'addestramento pratico. Nessun problema fino al 30 aprile. Chiamati dall'azienda, io e altri due ragazzi - che poi ho scoperto essere nella mia stessa situazione - restiamo in attesa fuori dall'ufficio del personale. Quando entro mi dicono: ‘Ci dispiace ma il nostro rapporto termina qui. Per ragioni a noi sconosciute la Questura ha negato il suo pass’. Sono cascato dalle nuvole, ho chiesto spiegazioni, hanno detto che la polizia non gliene aveva date. Solo che aveva respinto la richiesta. Così mi hanno licenziato seduta stante dicendomi che ero stato assunto per l'Expo e il fatto di non poter entrare era sufficiente a lasciarmi a casa”. I suoi precedenti penali? Nessuno, spiega lui, che ha fatto causa con un avvocato della “Rete San Precario”: “Da studente universitario ho partecipato alle proteste dell'Onda contro la riforma scolastica di Mariastella Gelmini e frequento spazi sociali”. Basta questo per diventare una minaccia alla “sicurezza” ed essere considerati un “pericolo pubblico” senza possibilità di appello. Partecipare all'Onda o alle manifestazioni contro la guerra è un reato ? No, non lo sarebbe, secondo il diritto democratico borghese. Ma ormai siamo in pieno regime neofascista dove basta dichiarare l’area interessata al “grande evento” come “obiettivo sensibile”, nonché “sito di interesse strategico nazionale”, per cui, per essere accreditati, occorre non solo non aver mai commesso reati ma anche non essere minimamente sospettati di essere un qualsiasi contestatore dell’“ordine costituito” capitalista, neofascista, antipopolare ed interventista.
Dalle prime testimonianze raccolte dalla Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, ci sono molti casi in cui l’esclusione dal lavorare ad EXPO non nasce da reati contestati o riconosciuti ma da semplici informative di polizia mai arrivate nel casellario penale. “Nessuna istituzione ci ha risposto – spiega Antonio Lareno responsabile CGIL per EXPO - su quali siano i criteri in base ai quali vengono negati o concessi i pass. Né è stato indicato quale ordinanza o disposizione di legge autorizzi EXPO a fare questi controlli. E non è mai stato firmato alcun protocollo a riguardo”. Per questo, spiega Lareno, la Cgil sta inviando diffide alla società dell'Esposizione e alle aziende che licenziano per i “visti” negati: “Dal nostro punto di vista queste procedure sono violazioni palesi dello statuto dei lavoratori sul diritto all'opinione e di quello della privacy”.
Dal nostro punto di vista, quello marxista-leninista e antifascista conseguente, è l’ennesima riprova del regime neofascista in atto e dei suoi sistemi polizieschi di controllo e di sistematica discriminazione politica. Ad oggi, infatti, sulla “piattaforma accrediti” di Expo, sono registrate circa 30mila persone per le quali, così come per gli altri che sono stati rifiutati, EXPO e questura hanno potuto segretamente fare uno screening “di sicurezza” approfondito. La risposta è sempre la stessa: che i controlli vengono eseguiti “accedendo a fonti strutturate” e che sono “le autorità di polizia a gestire queste informazioni”. Tali dinieghi alla concessione dei pass di accesso, a seguito di verifica di questura, vengono comunicati dalla società EXPO alle agenzie interinali e alle aziende che assumono il personale, le quali a loro volta licenziano i discriminati e difficilmente li riassumeranno in futuro per altre mansioni al di fuori di EXPO visti i pregiudiziali precedenti discriminatori del regime.
Ovviamente il regime neofascista tiene nel mirino anche i giornalisti scomodi come Valeria che ha scritto a Radio Popolare quello che le è successo: “Invio a maggio tutti i moduli necessari per ottenere l'accredito stampa e visitare i padiglioni. Il 12 maggio vedo sul portale web che la richiesta è stata negata. Chiedo spiegazioni e mi rispondono: “Non abbiamo informazioni, solo la sua domanda non è passata al vaglio della Questura”. Chiamo l'Ordine dei giornalisti ma dicono che non si può fare nulla fino a che non sarà chiarito il motivo del diniego. Chiamo due volte la Questura e non mi fanno sapere nulla. Conclusione: posso pagare il biglietto ed entrare a EXPO da turista ma non accedere come giornalista. Siamo nel Cile anni '70 e non me ne sono accorta?”.
Non sarà il Cile di Pinochet ma sicuramente è l’Italia neofascista di Renzi, la reincarnazione moderna e tecnologica di Berlusconi e Mussolini!

10 giugno 2015