Seconda retata di “Mafia capitale”: 44 arrestati e 22 indagati, tra cui il sottosegretario Castiglione (Ncd)
Roma e i partiti borghesi nelle mani della mafia
Affari sporchi con migranti, spazzatura, casa e appalti. Il PD travolto dallo scandalo, come i partiti di destra. Buzzi; “La mucca va munta. Se Marino resta lì ci mangiamo la Capitale”. Il comune di Roma va sciolto per mafia
Il capitalismo è marcio e Renzi ne cura gli affari e copre i corrotti

Destra, “sinistra” e centro; boss politici locali e capibastone a livello nazionale, Coop cosiddette “rosse” e Coop bianche: tutti insieme nella mangiatoia politica mafiosa di “Mafia capitale” allestita tra il Campidoglio, la Regione Lazio e Provincia di Roma dalle cosche parlamentari borghesi che in perfetta simbiosi fra loro si spartiscono i miliardi realizzati con gli affari sporchi legati al traffico dei migranti, all'”accoglienza” di profughi e Rom, alla cosiddetta “assistenza alloggiativa” agli sfrattati, all'allarme neve ma anche raccolta e smaltimento rifiuti, emergenza casa e appalti truccati a cominciare da quello per la manutenzione del verde pubblico fino al restauro dell'aula Giulio Cesare del Campidoglio, dove si riunisce il Consiglio comunale, che il 9 giugno ha portato in carcere altri cinque protagonisti della cricca e provocato le dimissioni del capogruppo PD in Regione per un costo totale di 2,5 milioni di euro avvenuto tra l'aprile e il settembre del 2010.
La seconda retata di “Mafia capitale”, dopo quella del 2 dicembre 2014 che si concluse con con 37 arresti e 76 indagati, è scattata il 4 giugno e questa volta punta anche ai piani alti del governo nazionale con il sottosegretario all'Agricoltura Giuseppe Castiglione (Ncd), strettissimo collaboratore del ministro Angelino Alfano, indagato per turbativa d’asta; e l'ex capo del dipartimento della protezione civile di Roma e attuale coordinatrice del dipartimento delle Politiche della Famiglia presso Palazzo Chigi, Patrizia Cologgi , indagata per corruzione.
Gli inquirenti hanno eseguito tra Lazio, Sicilia, Abruzzo ed Emilia, l'ordinanza di 428 pagine firmata dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Roma Flavia Costantini. 44 sono i nuovi mandati di arresto (19 in carcere e 25 ai domiciliari) più 22 indagati tutti accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d'asta, false fatturazioni e trasferimento fraudolento di valori, con l'aggravante delle modalità mafiose in riferimento al vorticoso giro di mazzette milionarie, elargizioni mensili di decine di migliaia di euro, finanziamenti alle fondazioni politiche dei vari candidati, compravendita di voti e preferenze, soldi e appoggio alle rispettive campagne elettorali, acquisti di case e assunzioni di parenti e amici in Comune, Provincia e Regione e nelle aziende municipalizzate o date in gestione alle cooperative che fanno capo alla “Coop 29 Giugno” distribuiti a destra e a manca dall'ex galeotto di “sinistra” Salvatore Buzzi e dal suo sodale Massimo Carminati, ex terrorista dei Nar e componente della Banda della Magliana, che in cambio ottenevano appalti, favori, incarichi e lavori di ogni tipo dagli amministratori corrotti.

Gli arrestati
Tra i primi a finire in carcere: Luca Gramazio , ex consigliere capogruppo PDL in consiglio comunale e poi in Regione, figlio di Domenico detto “Er Pinguino” esponente storico della destra fascista romana (MSI, AN, PDL). Primo fra gli eletti del suo partito nel 2013, dopo essere stato consigliere comunale con Alemanno sindaco, Gramazio junior, già indagato a dicembre scorso per associazione di tipo mafioso, corruzione aggravata e illecito finanziamento, è ora accusato dal Procuratore aggiunto (Pa) Michele Prestipino e dai Pubblici ministeri (Pm) Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli che a più riprese lo accusano di “avere fatto parte di una associazione di stampo mafioso guidata da Buzzi e Carminati e operante su Roma e nel Lazio, che si avvale della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti di estorsione, di usura, di riciclaggio, di corruzione di pubblici ufficiali e per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici”. Di avere messo le sue cariche istituzionali al servizio di detta associazione criminale. Di avere elaborato con loro "le strategie di penetrazione nella Pubblica Amministrazione" ottenendo in cambio tangenti e favori. I Ros, nelle carte dell'indagine, parlano della sua "straordinaria pericolosità" è giustificano il suo arresto in quanto Gramazio “potrebbe sfruttare la rete ampia dei collegamenti per fornire nuova linfa alle attività delittuose e agli interessi dell’associazione, nonostante lo stato detentivo di numerosi sodali”.
In un altro passaggio viene evidenziato come per le elezioni al parlamento europeo del maggio 2014, Gianni Alemanno , già indagato nella prima tranche dell'inchiesta, chiese l’appoggio a Salvatore Buzzi. Quest’ultimo si sarebbe mosso per ottenere il sostegno alla candidatura anche con gli uomini della cosca 'ndranghetista dei Mancuso di Limbadi. Negli atti dell'inchiesta è scritto che: "a fronte di una richiesta di sostegno da parte di Alemanno, sin dalla fine del mese di marzo 2014, in vista delle elezioni europee del 25 maggio 2014, Buzzi aveva espressamente richiesto, tramite Giovanni Campennì, appoggio all'organizzazione criminale calabrese (di cui quest'ultimo è ritenuto espressione), per procurare voti all'ex sindaco di Roma". Si tratta di: “Un ulteriore tassello idoneo a corroborare il rapporto di reciproco riconoscimento tra le due organizzazioni – politica e mafiosa conclude il giudice - costituito dai riscontri intercettivi effettuati in occasione delle elezioni del Parlamento Europeo 2014, che hanno visto il politico Giovanni Alemanno, candidato nella lista 'Fratelli d’Italia - Alleanza Nazionale', nella circoscrizione Sud”.
Arrestato anche il presidente PD del consiglio comunale dimessosi a dicembre dopo la prima ondata di arresti, Mirko Coratti , ex Dc, ex Udeur, ex Forza Italia; Coratti alle ultime elezioni era stato tra i più votati nel PD. Nella scorsa consiliatura, con Alemanno sindaco, era stato vicepresidente dell’Assemblea e vicepresidente della Commissione patrimonio. In quella precedente, con Veltroni sindaco, fu eletto con l’Udeur ed era stato presidente dell’Assemblea. Dietro alle sbarre finisce anche il suo capo segreteria, Franco Figurelli .
Secondo l’accusa Coratti era a libro paga di “Mafia capitale” e ha ricevuto diecimila euro da Buzzi solo per concedergli un incontro. “Me so’ comprato Coratti, gioca con noi” annunciò al telefono il braccio destro di Carminati. Ma poi, in altre telefonate intercettate, Buzzi disse di averlo ribattezzato “Balotelli”, perché Coratti non faceva “gioco di squadra” e, è scritto nell’ordinanza, aveva “pretese continue, tra cui l’assunzione di persone”.
Dietro le sbarre pure Daniele Ozzimo , ex assessore alla Casa targato PD. Iscritto al PDS dal 1994 fu costretto a lasciare la giunta Marino dopo la prima ondata di arresti nel dicembre scorso. Per il Gip era al servizio di Buzzi. Con lui, è indagata tutta la sua segreteria politica: ai domiciliari Angelo Marinelli e la sua assistente Brigidina Paone . I Pm contestano all'assessore PD di avere ricevuto dalla cricca di Buzzi e Carminati una costante "erogazione di utilità a contenuto patrimoniale, comprendente anche un'assunzione" per favorire le attività criminali della “Coop 29 Giugno” a cominciare dalle gare di appalto cucite su misura .
Finisce in carcere pure Pierpaolo Pedetti , eletto consigliere comunale nel 2013 con il PD, presidente della Commissione Patrimonio e politiche abitative, e un dipendente del suo dipartimento, Mario Cola . L'accusa nei suoi confronti è anche quella di essersi fatto acquistare un appartamento. Pedetti, in politica col PDS dai tempi dell’università (Roma Tre), membro della segreteria regionale del PD, area dalemiana. Secondo l’ordinanza, esisteva una intesa tra lui, Buzzi e Brigidina Paone per “garantire in sede di dismissione del patrimonio del comune di Roma, condizioni di favore per le cooperative di Buzzi. Il presidente della “Coop 29 giugno”, come emerge da una intercettazione, dettava lui stesso (a una propria collaboratrice) l’emendamento alla delibera comunale che gli avrebbe fatto ottenere “l’ottanta per cento di sconto” sui locali comunali. Nell’ordinanza, una telefonata di Buzzi a Carminati: “E Pedetti se ne va a fanculo.... ma questi i consiglieri comunali devono sta' ai nostri ordini .... faccio come ... (ride, ndr) ... ma perché io devo sta' agli ordini tuoi ....te pago... ma va a fanculo....”.
In manette anche Angelo Scozzafava , ex assessore comunale alle Politiche Sociali della giunta Alemanno, capo del quinto dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della salute di Roma.
Ma c'era anche chi non si accontentava di tangenti e favori una tantum ma pretendeva addirittura uno stipendio fisso dalla cricca di “Mafia capitale”: è il caso ad esempio di Giordano Tredicine , consigliere comunale, vicepresidente dell’assemblea capitolina e vice coordinatore di Forza Italia nel Lazio dopo una lunga carriera nel partito di Berlusconi. Rampollo della discussa famiglia di venditori ambulanti che detengono il monopolio delle licenze per la gestione dei chioschi e camion-bar di Roma (circa 40 su 70 quelle mobili, almeno 150 su 300 di quelle fisse). Secondo il Gip che ha disposto per lui i domiciliari, si era messo al servizio di Buzzi e Carminati, in cambio di "continue erogazioni" di denaro. In un'intercettazione telefonica i due dicono: "Giordano s'è sposato con noi e noi semo felici de stà con lui. E' uno serio e poco chiacchierato nonostante faccia un milione di impicci".
In manette anche per Massimo Caprari , capogruppo di Centro Democratico, formazione creata dall’ex democristiano Bruno Tabacci e a Roma alleata con Marino. Anche per lui remunerazione costante e l'assunzione di un amico. Secondo il Gip Costantini, il “prezzo” che “Mafia capitale” gli ha pagato allo “scopo di formare il consenso politico e istituzionale per il riconoscimento di debiti fuori bilancio” era “la promessa di una remunerazione costante” (quantificabile in circa mille euro al mese) e "l' assunzione" di una persona da lui segnalata. Fulminante l’intercettazione di Buzzi contenuta nell’ordinanza: “Te l’ho detto, Caprari è venuto da me: voleva tre posti di lavoro! Poi alla fine avemo concordato uno”.
Ai domiciliari è finito Andrea Tassone , presidente PD del X Municipio Ostia fino a marzo scorso, quando è stato costretto a dimettersi proprio per i suoi loschi rapporti con Buzzi ed è stato sostituito da Marino con l’assessore alla legalità Alfonso Sabella. Tassone, in politica dal 1994 è un ex Ppi che nel 2001 ha fatto parte della segreteria della Margherita e nel 2007 è stato cooptato nella direzione romana del PD. Secondo gli inquirenti ha ricevuto 30 mila euro in cambio di una serie di favori a Buzzi e Carminati per la gestione di alcune spiagge di Ostia. In una intercettazione in cui si discute proprio del mercimonio di politici e appalti, Buzzi è categorico: “Non c’è maggioranza o opposizione, Tassone è mio”. Insieme a lui anche l'ex presidente della Lega Coop Lazio, Stefano Venditti , il direttore del Dipartimento Politiche Sociali della Regione, Guido Magrini ; il sindaco di Castenuovo di Porto, Fabio Stefoni e il costruttore Daniele Pulcini .
Il sistema Odevaine
Ai domiciliari sono finiti anche Domenico Cammissa , Salvatore Menolascina e Carmelo Parabita : tutti manager della cooperativa "La Cascina" gestita da Comunione e Liberazione (CL) che è stata anche perquisita dai carabinieri. Mentre per il vicepresidente, Francesco Ferrara , si è reso necessario l'arresto in carcere. Al centro di questo vergognoso mercimonio fra CL e PD consumato sulla pelle dei migranti, Rom, rifugiati e richiedenti asilo politico, c'è il negriero Luca Odevaine , già in carcere a Torino da sei mesi. Condannato per droga nel 1989, indultato nel 2001 e riabilitato nel 2003, Ovedaine, grazie alle coperture di cui gode al ministero degli Interni, è riuscito anche a cambiare diverse volte il cognome per non compromettere la sua fulminante carriera politica; ha iniziato tra le file di Legambiente nel 1990, poi è diventato vice capo di gabinetto con Walter Veltroni, quindi capo della polizia provinciale col PD Nicola Zingaretti prima di approdare al Coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell’Interno con Maroni a capo del dicastero.
Secondo il Gip, Odevaine ha ricevuto dai quattro manager CL "la promessa di una retribuzione di 10.000 euro mensili, aumentata a euro 20.000 mensili dopo l'aggiudicazione del bando di gara del 7 aprile 2014". Inoltre “La Cascina” "di concerto" con il boss delle Coop “rosse” Buzzi, ha "turbato una gara per l'individuazione dei centri in cui accogliere 1.278 migranti già presenti a Roma e altri 800 in arrivo". Non a caso in una famigerata intercettazione pubblicata nella prima tranche dell'inchiesta a dicembre scorso Buzzi assicurava che: “Con gli immigrati si fanno più soldi che con la droga”.

Sono tutti corrotti
Dunque da Alemanno a Marino il “sistema Ovedaine” non cambia e gli affari sporchi di Buzzi e Carminati addirittura vanno di bene in meglio al punto che, dopo essersi comprato mezzo consiglio comunale a suon di mazzette e favori e ottenuto appalti per decine di milioni, Buzzi esulta e annuncia ripetutamente ai suoi sodali: "La mucca deve mangiare... Se non mangia, non può essere munta. E se Marino resta sindaco altri tre anni e mezzo, con il mio amico capogruppo, ci mangiamo Roma".
Una metafora che la dice lunga sulle gravissime responsabilità di Marino e della sua amministrazione di “centro-sinistra” che va immediatamente sciolta per mafia. Specie se si pensa che, sia Palazzo Chigi che il Campidoglio sapevano benissimo che gli appalti per le cooperative di Buzzi e Carminati non erano regolari, perché fin da gennaio 2014 avevano ricevuto una relazione ispettiva in proposito da parte del ministero dell'Economia e Finanze.
I manager della cooperativa La Cascina – si legge nell'ordinanza di arresto - erano “partecipi degli accordi corruttivi con Luca Odevaine” e hanno commesso “plurimi episodi di corruzione e turbativa d’asta” dal 2011 al 2014, mostrando così una “spiccata attitudine a delinquere”. La retribuzione di 10 e poi di 20 mila euro - spiega il Gip - è il “prezzo per lo stabile asservimento della sua funzione di pubblico ufficiale componente del Tavolo di Coordinamento sull’immigrazione istituito presso il ministero degli Interni” e “per il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio come componente delle commissioni di aggiudicazione delle gare indette per la gestione dei servizi presso il Cara di Mineo”. L’effettiva, periodica consegna delle somme pattuite, è confermata dalle intercettazioni ambientali e, “con certezza”, in “almeno cinque episodi”, dalle indagini tecniche. Le intercettazioni svelano l'esistenza «un vero e proprio tariffario per migrante ospitato» con Odevaine che fissa il prezzo e ai suoi sodali spiega i rapporti di affari con Buzzi e Carminati: “Gli ho fatto avere altri centri, in Sicilia... in provincia di Roma e quant’altro, quindi su tutto quella... quella parte là ci mettiamo d’accordo dovremo..., più o meno, stiamo concordando una cifra tipo come 1 euro a persona, ci danno, calcolando che so’ almeno un migliaio di persone, dovrebbero essere grosso modo un migliaio di persone, insomma so’ 1000 euro al giorno quindi 30.000 euro al mese che entrano...”.

Coinvolto il governo Renzi
Le perquisizioni sono scattate non solo a Roma ma anche in Sicilia presso il Centro di accoglienza e richiedenti asilo “Cara” di Mineo. Nell'infame gestione del centro di accoglienza è coinvolto anche il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione (Ncd), strettissimo collaboratore del ministro Angelino Alfano, indagato per turbativa d’asta insieme ad altre 5 persone in una inchiesta parallela a quella romana condotta dal procuratore etneo Giovanni salvi e dai sostituti Raffaella Agata Vinciguerra e Marco Bisogni che nei giorni scorsi hanno perquisito e sequestrato molto materiale interessante negli uffici comunali di Mineo.
I Ros si sono presentati anche negli uffici della Manutencoop a Zola Predosa (Bologna) per sequestrare un faldone di documenti relativo ad una gara del 2014 per la gestione del servizio sanitario Cup della Regione Lazio. Lo stesso appalto per cui è stata perquisita anche l'abitazione dell'ex capo di gabinetto di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, Maurizio Venafro , già indagato dai Pm romani per il reato di turbativa d'asta e dimessosi nel marzo scorso. Nel decreto la Procura di Catania ipotizza che gli indagati “Giuseppe Castiglione nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo; Giovanni Ferrera, nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza; Paolo Ragusa, nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino; Luca Odevaine nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni, e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra; tubavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l’affidamento e prevedevano gare idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014”.
Le perquisizioni dei carabinieri sono “finalizzate a verificare se gli appalti per la gestione del Cara siano stati strutturati dal soggetto attuatore al fine di favorire l’Ati condotta dalla cooperativa catanese Sisifo, così come emerso anche nelle indagini della Procura di Roma, con la quale è costante il coordinamento delle indagini”.
Dalle carte dell’inchiesta risulta che tra gli indagati a piede libero figurano, tra gli altri Marco Visconti , ex assessore all’Ambiente della giunta capitolina guidata da Alemanno; indagato e perquisito pure Antonio Pulcini , costruttore e padre di Daniele, agli arresti domiciliari; Calogero Salvatore Nucera , ex capo segreteria di Francesco D’Ausilio quando era capogruppo del PD in consiglio comunale a Roma; Clelia Logorelli , responsabile parchi e giardini di Eur Spa; Mirella Di Giovine , ex direttore del Dipartimento Patrimonio del Campidoglio; Silvio Praino , imprenditore alberghiero impegnato nelle strutture di accoglienza dei migranti; Maurizio Marotta , presidente della cooperativa Capodarco; Fabrizio Amore , Ettore Lara e Gabriella Errico , quest’ultima presidente della cooperativa sociale “Un sorriso” finita nell’occhio del ciclone qualche mese fa in seguito alle tensioni nel quartiere romano di Tor Sapienza tra residenti e immigrati del centro di accoglienza di via Morandi.

Il business dei rifiuti e degli sfratti
I tentacoli di “Mafia capitale” tenevano saldamente in pugno anche gli appalti per la raccolta rifiuti della municipalizzata Ama. La gara veniva curata dall’ex amministratore Giovanni Fiscon e puntualmente conferito a una cooperativa della galassia Buzzi-Carminati “con costi triplicati – scrivono gli inquirenti - rispetto ai valori medi praticati in Italia, superiori a quelli indicati da Federambiente per il multimateriale leggero (300 euro tonnellata contro i 900 di Ama), dunque tali da essere remunerativi per gli assegnatari, che hanno offerto ribassi minimi”. Fiscon era stato nominato da Alemanno, tutti sapevano dei suoi loschi intrallazzi all'Ama, ma nessuno, sindaco Marino compreso è riuscito a farlo dimettere.
Altra fonte di lucro e di guadagni per Buzzi e Carminati è la cosiddetta “assistenza alloggiativa” agli sfrattati. Il cardine è l’assessore PD alla Casa, Daniele Ozzimo , grande amico di Buzzi. Il boss piddino è alle prese col fallimento di una storica cooperativa edilizia romana; il boss di “Mafia capitale” invece vuole “mettere in sicurezza” gli affari costruiti con la giunta di centrodestra che ora rischiano di saltare in aria con Marino. Una preoccupazione che non ha ragione di esistere dato il livello di corruzione che permea anche la giunta Marino. Infatti l'accordo politico-mafioso è presto fatto: Buzzi mette sul piatto 150mila euro per salvare la cooperativa PD in difficoltà e compra 14 appartamenti invenduti, ma non gli basta. “Io me so’ impegnato - dice Buzzi in un’intercettazione - anche ad acquistare tutti gli appartamenti se il Comune me rinnova la convenzione sull’Emergenza abitativa, quindi...”. E ancora: “Ahh questa cosa qui noi l’abbiamo fatta con l’impegno che la nostra convenzione che è molto cara... noi semo quelli che so’ pagati più de tutti.. hai visto lo scandalo dell’emergenza alloggiativa? noi siamo quelli pagati più de tutti...noi abbiamo detto.. 'benissimo, la facciamo se ci resta la Convenzione a questi patti in condizione.. perché, se tu me la lasci o me l’abbassi, non posso più comprarmi casa'... Noi abbiamo firmato un impegno di 4 milioni di euro e quindi siamo rimasti d’accordo con Magrini e co’ Ozzimo che andava... quindi noi dobbiamo avere la garanzia”. Alla fine Buzzi grazie a Ozzimo in Comune e Gramazio in Regione ottiene l'appalto di 5 milioni di euro.
Di fronte a tutto ciò il nuovo duce Renzi invece di condannare pubblicamente e senza appello tutti i protagonisti di questo vergognoso mercimonio, in una intervista a la “Repubblica delle Idee” difende a spada tratta la cricca di “Mafia capitale” sentenziando fra l'altro che: “Marino e Zingaretti sono completamente altro rispetto alla cricca. Non si può sparare nel mucchio”. Quanto a Castiglione “non si deve dimettere. È indecente che per vent’anni con un avviso di garanzia si decretasse la fine di una persona. Ho cinque sottosegretari indagati, tra cui alcuni del PD. Non chiederò mai le dimissioni per un avviso di garanzia. Io credo che un cittadino sia innocente fino a prova contraria”. Mentre il presidente del PD Matteo Orfini oltrepassa il limite del ridicolo affermando che "Marino e Zingaretti sono stati un baluardo della legalità".
Ciò conferma che il sistema economico capitalista, le istituzioni e il governo borghesi sono marci e corrotti fino al midollo, sono irriformabili e vanno spazzati via insieme al governo del nuovo duce Renzi che attualmente ne regge le sorti, cura gli affari, difende e copre i corrotti.

10 giugno 2015