Per corruzione elettorale
Arrestati 5 esponenti delle istituzioni e dei partiti borghesi siciliani
Tra cui Dina (UDC) presidente della commissione bilancio del parlamento siciliano
Crocetta deve dimettersi

Dal nostro corrispondente della Sicilia
Sono 5 gli arrestati dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, su ordinanza del GIP (giudice delle indagini preliminari) di Palermo. Agli arresti domiciliari 3 esponenti delle istituzioni borghesi: Nino Dina, autosospesosi dell’UDC a seguito di un'indagine, e presidente della commissione Bilancio all’Ars, Roberto Clemente, eletto all'Ars con Pid-Cantiere popolare di Saverio Romano, Franco Mineo, ex deputato regionale con Grande Sud. C'è poi un esponete del Pid-Cantiere popolare, Giuseppe Bevilacqua. Tra gli indagati anche un finanziere, Leonardo Gambino.
I tre deputati o ex-tali sono stati scarcerati pochi giorni dopo i domiciliari.
L'inchiesta, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, ha portato all'accusa di corruzione elettorale, a vario titolo per i coinvolti, per la compravendita di voti, durante la campagna elettorale del 2012 per il rinnovo del Consiglio Comunale di Palermo, l'elezione del governatore e del parlamento siciliani.
Le intercettazioni rivelano come Bevilacqua, primo dei non eletti alla carica di consigliere comunale, avrebbe gestito la compravendita, grazie ai suoi rapporti con la cosca di Tommaso Natale, un borgo marino di Palermo. Trenta voti valevano centocinquanta euro. A Giuseppe Antonio Enea, il capomafia in carcere, Bevilacqua prometteva di fare assumere il fratello e fare avere alla cosca i soldi per la festa rionale. Da intermediario, avrebbe poi messo a disposizione dei politici i voti in cambio di favori, tra cui posti di lavoro e finanziamenti per le proprie associazioni di volontariato. Bevilacqua, usando il suo ruolo nella fondazione Banco Opere di Carità, vendeva a prezzo stracciato in cambio di voti i generi alimentari che avrebbe dovuto semplicemente dare agli indigenti, mentre quelli costosi, come il parmigiano, se li ammuccava lui o li rivendeva ai ristoranti.
Sono i deputati regionali Nino Dina e Roberto Clemente che avrebbero principalmente contato sui voti raccolti da Bevilacqua in cambio dei suddetti favori.
L'altro caporione della vicenda è Franco Mineo, ex parlamentare di Grande Sud, non rieletto nel 2012, già condannato in primo grado ad 8 anni e due mesi per essere prestanome dei boss Galatolo del quartiere Acquasanta. Si aggiunge poi un'altra condanna in primo grado per abuso d'ufficio per favorito alcune cooperative nei mercati comunali di Palermo. E siccome non c'è due senza tre quando per i politicanti borghesi si tratta di delinquere, adesso dovrà anche rispondere di corruzione elettorale.
I pubblici ministeri avevano chiesto per gli inquisiti l'addebito del ben più grave reato di voto di scambio politico-mafioso, ma, non si comprende in base a quali valutazioni il Gip non ritiene che Bevilacqua, con la sua condotta, abbia avvantaggiato Cosa nostra e ha optato per la contestazione della corruzione elettorale. Lo stesso per deputati regionali ed ex, in quanto, secondo il procuratore Teresi, non risulterebbe che essi “fossero consapevoli dell’appartenenza mafiosa dei soggetti a cui richiedevano i voti“ (sic!).
Però, a Palermo i pacchetti voti non si vanno certo a cercare sulle bancarelle del mercato, tutti sanno che i politici li vanno a cercare dalla mafia e per giunta in cambio di favori. E allora?

Il governo e il parlamento sono i responsabili politici
Come si fa a credere che non sapessero? Del resto, il collaboratore Nino Giuffrè, nell'inchiesta “Ghiaccio” aveva indicato Antonio Dina come colui che nel 2003 avrebbe svolto il ruolo di intermediario tra l’imprenditore mafioso Michele Aiello, condannato a 14 anni, e l’ex presidente Totò Cuffaro.
Un altro problema è quello delle responsabilità politiche. Si può davvero, come sostiene Giovanni Ardizzone presidente UDC dell'ARS, “separare l’immagine e il ruolo dell’Assemblea regionale siciliana dai comportamenti penali e morali dei singoli”? No, non si può, ormai l'intero sistema politico borghese siciliano si regge sulla corruzione e gli scambi con la mafia. Del resto Ardizzone, commilitone di partito di Dina, non si è certo opposto alla nomina di quest'ultimo alla commissione bilancio, non un “semplice” seggio parlamentare, ma un posto che ha consegnato ad un eletto con i voti di mafia le chiavi della spesa pubblica in Sicilia. Responsabile tutto il parlamento, dunque. E ciò benché Dina fosse da tempo chiacchierato.
Non solo. Cosa dire del coinvolgimento politico del governo Crocetta, PD, nella cui maggioranza entra a pieno titolo l'UDC, con i suoi arrestati per corruzione?
Fa lo gnorri il governatore, mentre sembra provare “una certa sofferenza” perché uno degli arrestati fa parte di un partito della maggioranza. Lo “inquieta sapere che oggi ci possa essere ancora voto di scambio con la mafia”.
E' questa l'antimafia di Crocetta, ci chiediamo noi?
E' inutile che il governatore tenti di sollevare un polverone per allontanare da sé le responsabilità. Il dato politico è uno: un esponente della sua maggioranza ha preso voti dalla mafia ed è stato nominato, con il consenso del governatore presidente della commissione che gestisce i milioni di euro delle masse popolari. Non c'è altro da dire.
E' stato, peraltro Crocetta a garantire l'ascesa di questi loschi personaggi dell'UDC, rafforzando la presenza di tale partito nel governo.
Crocetta deve andarsene, ma non lo farà da sé. A cacciarlo insieme al suo protettore, il nuovo duce Renzi, può essere solo la mobilitazione di piazza che veda impegnate le masse lavoratrici, i pensionati, i disoccupati, i precari, gli studenti, i sindacati e i movimenti, le forze politiche, sociali, culturali e religiose antifasciste, antimafiose, democratiche e progressiste.
 

17 giugno 2015