I curdi, guidati da un liberale, entrano per la prima volta nel parlamento turco
Fallito l'obiettivo di Erdogan per ottenere la maggioranza assoluta

 
Alle elezioni politiche del 7 giugno, il Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha perso quella maggioranza assoluta in parlamento che gli aveva permesso dal 2002 di governare il paese con un esecutivo monocolore. Erdogan puntava a ottenere la maggioranza dei 2/3 dei voti (330 deputati) per le riforme presidenzialiste che voleva realizzare, invece sarà costretto a rinunciarci e restando l'Akp il partito con la maggioranza relativa dovrà dare vita un governo di coalizione. A bloccare la costituenda dittatura di Erdogan ha contribuito la larga opposizione popolare che negli ultimi anni ha dato vita a importanti lotte contro la politica del governo come quelle del movimento di piazza Taksim e quelle successive nate per la difesa di Gezi Park; alla redistribuzione dei seggi ha contribuito anche la crescita elettorale del Partito democratico del popolo (Hdp), il partito curdo guidato da un liberale che per la prima volta ha superato la soglia di sbarramento del 10% ed è entrato in parlamento.
Alle elezioni del 7 giugno per eleggere i 550 membri del Parlamento unicamerale della 25esima legislatura dalla nascita della Repubblica nel 1923, gli aventi diritto erano 53,7 milioni, più altri 2,9 milioni registrati all'estero e distribuiti in 54 paesi. Secondo l'agenzia di stampa Anadolu l'affluenza alle urne è stata dell'86%; sono quindi stati circa 8 milioni, pari al 14%, gli elettori che hanno disertato le urne.
L'Akp di Erdogan ha ottenuto il 40,8% dei voti validi e 258 seggi, 18 in meno di quelli necessari per avere la maggioranza assoluta; rispetto alle elezioni del 2011 ha perso 3 milioni di consensi, il 9% dei voti validi e una settantina di parlamentari.
I repubblicani del Chp, eredi del partito laico del fondatore della repubblica Mustafa Kemal Atatürk, hanno conquistato il 25% dei suffragi e 131 rappresentanti; i nazionalisti della destra xenofoba, militarista e fascista e braccio politico dei Lupi grigi del Mhp ha ottenuto il 16% dei voti validi e 82 seggi; il partito filo-curdo Hdp ha sfiorato il 13% e ha conquistato circa 80 seggi.
L'Hdp guidato da Salahattin Demirtas ha conquistato consensi non solo nel Kurdistan, dove ha rastrellato anche parte del voto conservatore che nel 2011 era andato al partito di Erdogan, ma anche in altre parti del paese dopo che assieme ai repubblicani del Chp aveva inserito nel proprio programma le richieste dei giovani protagonisti della rivolta di Gezi Park nel 2013 contro le misure fasciste imposte al paese da Erdogan e repressa col pugno di ferro dal governo dell'Akp.
L'Hdp è nato ufficialmente nell'ottobre 2013, ha due copresidenti, una femminista curda e un socialista turco, e presta particolare attenzione ai diritti delle minoranze etniche e religiose. Ma anche ai giochi di potere a Ankara dato che non escludeva la possibilità di votare il candidato dell'Akp al secondo turno di ballottaggio. Alle presidenziali del 2014 presentava un proprio candidato, Salahattin Demirtas, avvocato, attivista per i diritti umani e fondatore di Amnesty international a Diyarbakir, arrivato terzo con poco meno del 10% dei consensi.
Demirtas commentava i risultati elettorali affermando che “i popoli oppressi della Turchia che vogliono giustizia, pace e libertà hanno ottenuto un’importante vittoria oggi. È la vittoria dei lavoratori, dei disoccupati, dei contadini. È una vittoria della sinistra”. Di quella sinistra “moderna”, al contempo revisionista e liberale, incarnata da Demirtas, ribattezzato da molti lo “Tsipras turco” dopo la partecipazione di Syriza alle iniziative dell'Hdp di Izmir in campagna elettorale.

17 giugno 2015