Le superpotenze imperialiste Usa e Cina si scontrano per il controllo degli arcipelaghi del Pacifico

 
Le Spratly sono una serie di isolotti, piccoli atolli, del Mar Cinese Meridionale, nelle acque davanti al Vietnam, non abitate ma sempre più popolate da piccoli insediamenti militari costruiti dai paesi che si affacciano su quel mare e che le reclamano come proprie, dalla Cina al Vietnam, dalle Filippine alla Malesia. La loro importanza è data dal fatto che si trovano in un mare ricco di risorse energetiche e soprattutto lungo le importanti se non vitali rotte marittime che portano merci e petrolio per Cina, Giappone, Corea del Sud e tutti i paesi del Sud Est asiatico. Questa zona è diventata uno dei punti caldi del confronto in particolare delle due principali superpotenze imperialiste, Cina e Usa, che si scontrano per il controllo degli arcipelaghi del Pacifico.
In passato le Spratly sono state teatro di scaramucce fra unità navali dei due paesi che si tenevano d'occhio a distanza; di recente i ricognitori e i satelliti spia americani hanno rilevato cantieri cinesi per costruire isole artificiali sulle quali installare basi aeree e banchine di attracco per navi, con piste protette da batterie di cannoni costieri. Le piste per aerei sono lunghe fino a tre chilometri e sono quindi in grado di essere utilizzate da tutti i tipi di aerei da guerra di Pechino. Oltre alla costruzione di 7 isole artificiali sugli atolli nell’arcipelago delle Spratly la Cina ne ha in cantiere altre due nell'arcipelago delle Paracel, nella zona il cui controllo è rivendicato anche da Taiwan e Brunei.
Secondo l'ammiraglio Harry Harris, il comandante in capo della Flotta Usa del Pacifico, la Cina sta costruendo un’autentica “grande muraglia di sabbia” nel Mar Cinese Meridionale. Certo la decisione di Pechino di costruire basi militari nelle isole contese rappresenta un salto di qualità nella oramai infinita discussione sulla sovranità di questi arcipelaghi nata dopo la fine della seconda guerra mondiale. Con la costruzione delle isole artificiali, delle basi militari di appoggio per aviazione e marina la superpotenza imperialista cinese si garantirà dei punti di appoggio lontani fino a mille chilometri dalla terraferma per aumentare le attività aeronavali di controllo sul Mar Cinese Meridionale.
In attesa della realizzazione delle “Nuove vie della seta”, terrestre e marittima verso l'Europa, e del potenziamento dei collegamenti che passano per l’Asia Centrale verso la Russia, Pechino importa attraverso lo Stretto di Malacca e il Mar Cinese Meridionale i due terzi del proprio fabbisogno di petrolio e il 30% di quello di gas. Una vitale rotta di approvvigionamento energetico fondamentale per sostenere lo sviluppo economico del paese che la Cina imperialista ha deciso di difendere meglio con l’espansione della sua presenza fra le Spratly e le Paracel.
Un'area nella quale anche gli altri paesi, spinti dall'imperialismo americano, stanno lavorando.
Le Filippine hanno costruito una pista sterrata di 1.300 metri su Thitu Island, la Malesia ne ha una utilizzata da aerei militari e civili da 1.367 metri su Swallow Reef, Taiwan ha un aeroporto militare con una pista da 1.200 metri su Taiping e il Vietnam ha una piccola pista e un eliporto a Truong Sa mentre sta lavorando all’ampliamento di altri due atolli nelle Spratly.
Finora le attività per il controllo delle aree marittime del Mar Cinese Meridionale erano passate in secondo piano; maggiore eco hanno avuto quelle nel Mar Cinese Orientale, prima fra tutte quella attorno al controllo dell'arcipelago delle isole Senkaku/Diaoyu tra Cina e Giappone, ma ce ne sono altre che interessano anche Taiwan e Corea del Sud. Una situazione sempre più delicata che vede la Cina in contrasto con buona parte dei suoi vicini che tengono botta perché spalleggiati dagli Usa. In ultima analisi lo scontro è direttamente fra Cina e Usa.
Lo scorso 30 maggio il ministro della Difesa americano Ash Carter ha intimato a Pechino che “si fermi con l’espansione nel Mar Cinese Meridionale”. E comunicava che gli Usa avrebbero inviato una flotta navale di superficie e dei sottomarini davanti alle installazioni cinesi in costruzione, una esibizione di muscoli per ribdire che “gli Stati Uniti intendono restare la principale potenza militare nell'Asia Orientale per decenni a venire”.
In supporto alla flotta americana nel Mar Cinese Meridionale potrebbero arrivare unità della Marina giapponese in base agli impegni sottoscritti di recente da Obama e da Shinzo Abe nel documento che definisce le nuove “Linee guida per la cooperazione alla difesa fra Stati Uniti e Giappone”, che prevede il supporto logistico alle Forze armate Usa da parte della cosiddetta Forza di autodifesa del Giappone che può intervenire quindi oltre limiti geografici del territorio nipponico.
Di recente Washington ha negoziato l’accesso a 8 basi militari filippine per far ruotare le proprie truppe dislocate nella regione e fra queste figurano in particolare la base aerea di Antonio Bautista e la base navale di Carlito Cunanan che sono situate in prossimità delle isole contese nel Mar Cinese Meridionale. Forze americane e filippine hanno di recente svolto esercitazioni che prevedevano uno sbarco anfibio a 140 miglia marittime dall’atollo Scarborough, rivendicato da Manila e occupato da Pechino nel 2012.

24 giugno 2015