Per tentare di fermare le proteste contro la “Buona scuola”
Il ricatto di Renzi: nessuna assunzione dei 100 mila insegnanti
I docenti in lotta non mollano la piazza: “O ritirano il disegno di legge o sarà guerra”

Bocciato nelle piazze dalla grande rivolta di docenti, studenti, genitori e pesonale Ata che da ottobre scorso hanno dato vita a una grande mobilitazione nazionale in tutte le scuole di ogni ordine e grado culminata con lo sciopero generale del 5 maggio e il blocco totale degli scrutini; il nuovo duce Renzi è tornato alla carica con un odioso ricatto politico che impone la rapida approvazione del disegno di legge (DDL) in cambio dell'assunzione dei 100 mila professori precari di prima fascia (a fronte di altri 450 mila tagliati fuori) annunciata nei mesi scorsi in seguito alla sentenza della Corte di giustizia europea che lo obbliga ad assumere almeno 250 mila lavoratori nella scuola ottemperando a un diritto acquisito con anni di lotte dai precari e non sono una sua graziosa concessione.
Renzi dunque non fa nessun “passo indietro”; anzi, sulla pelle dei precari, è deciso più che mai a stroncare con ogni mezzo la protesta contro il DDL neofascista e piduista per la cosiddetta “Buona scuola”.
L'erede di Mussolini, Craxi e Berlusconi all'indomani della sonora batosta elettorale rimediata alle recenti elezioni ammnistrative e sputtanato insieme a tutto il PD dallo scandalo di “Mafia capitale” e dalla pessima gestione dall'emergenza migranti, ha dato libero sfogo a tutta la sua arroganza e il 16 giugno, dal salotto televisivo dello strapagato anchorman di regime Bruno Vespa, ha minacciato il ricorso al voto di fiducia per far passare il provvedimento fermo in VII Commissione Cultura al Senato. Non solo, Renzi ha sprezzantemente attaccato gli insegnanti in lotta e i sindacati accusandoli fra l'altro di aver fatto saltare il piano di assunzioni previsto nel DDL.
“Quest’anno con tremila emendamenti in commissione non si riesce ad assumere i 100mila precari a settembre – ha tuonato Renzi dagli schermi di Porta a Porta - Le scelte dell’opposizione hanno come conseguenza che il provvedimento non riuscirà a entrare in vigore in tempo per settembre”. Perciò ha proposto Renzi: “Nei primi giorni di luglio faremo una Conferenza nazionale sulla scuola: li chiamiamo tutti, sindacalisti, presidi, docenti, famiglie. Faremo parlare tutti, noi presentiamo la nostra proposta e una volta ascoltati si chiude”.
Una falsa “apertura al dialogo” prontamente smascherata dagli insegnanti in lotta che da mesi invece chiedono lo stralcio delle assunzioni da mettere subito in cantiere con un decreto legge ad hoc e il ritiro del DDL che di fatto cancella la scuola pubblica e la consegna nelle mani dei presidi-manager, dei padroni e delle borghesie locali.
"Se la riforma non passa o non passa in tempo – è tornato a minacciare Renzi nei giorni seguenti - le assunzioni saranno quelle del turn over, che sono circa 20-22mila persone”. Numeri che contraddicono il suo stesso partito, dato che la responsabile scuola del PD, Francesca Puglisi, aveva garantito 50mila assunzioni in caso di ritardo nell'approvazione della riforma. Mentre uno studio della FLC-CGIL ha confermato che per assumere tutti i precari non c'è bisogno di stavolgere gli ordinamenti e “il modello organizzativo della scuola”.
Oggi – ha inveito ancora il nuovo duce - qualcuno parla di ricatto, ma la verità è molto semplice: puoi assumere solo e soltanto se cambi il modello organizzativo. Dare più professori alle scuole impone l’autonomia degli istituti e una diversa organizzazione. Altrimenti la scuola diventa ammortizzatore sociale per i precari che sono tre volte tanto e vorrebbero essere assunti tutti, ovviamente non è possibile. In molti però – ha ammesso Renzi – hanno contestato questo provvedimento chiedendone il ritiro e dicendo che avrebbe distrutto la scuola pubblica. Al Senato di conseguenza il provvedimento è bloccato da migliaia di emendamenti... Ora, delle due l’una. O questo provvedimento è una sciagura, come dice chi protesta. Oppure, come pensiamo noi, può essere migliorato. Discutiamo, facciamo modifiche, ma poi votiamo. Altrimenti saltano gli investimenti”.
Praticamente una pistola puntata sulla tempia degli insegnanti e soprattutto dei precari di fronte alla quale la convocazione dell'ennesima “Conferenza nazionale sulla scuola” (la quinta da ottobre ad oggi) annunciata da Renzi per i primi di luglio “per ascoltare tutti: sindacalisti, presidi, docenti, famiglie” non è altro che ulteriore fumo negli occhi. La verità è che Renzi da ottobre fino ad oggi non ha mai voluto ascoltare nessuno e ha sempre rifiutato il confronto coi sindacati e i docenti in lotta. Adesso, pressato dalla protesta che non accenna a placarsi, con manifestazini di piazza, scioperi della fame, assemblee, cortei e sit-in tutt'ora in corso in decine di città, ha concesso solo “una pausa di riflessione alle opposizioni... tre giorni di tempo per ritirare tutti gli emendamenti” perché martedì 23 giugno riparte l'esame del provvedimento in Commissione con la presentazione di un maxiemendamento da parte del governo che contiene alcune modifiche di facciata ma non sposta di una virgola l'impianto del DDL. Un vero e proprio colpo di mano con cui Renzi intende azzerare i 2.158 emendamenti e i 500 subemendamenti presentati dalle opposizioni e imporre l'approvazione delle “modifiche” suggerite dalla maggioranza. In caso contrario, ha minacciato ancora Renzi, si va al voto di fiducia al Senato anche senza l'approvazione del provvedimento da parte della VII Commissione.
E mentre la senatrice renziana Francesca Puglisi, responsabile scuola del PD e relatrice del provvedimento al Senato, minaccia: “Non arretriamo di un millimetro sulla volontà di andare avanti”; i docenti che animano il presidio divenuto di fatto permanente davanti al Pantheon, a Roma, non mollano la piazza e assieme ai tantissimi altri colleghi che partecipano allo sciopero della fame a staffetta, da Bologna a Lamezia Terme, da Modena a Ferrara, fino a Cagliari dove i professori si sono incatenati prima dell'inizio della maturità, rispondono per le rime e assicurano: “O ritirano il disegno di legge o sarà guerra”. Il movimento contro il DDL Renzi-Giannini non va in vacanza ma continua la lotta con flash mob a valanga in tutto il Paese; organizza un treno da Catania a Randazzo che lancia l’appello ai senatori: “Fermatevi!” e prepara accampamenti per dormire nelle piazze. Dal 23 al 25 giugno durante la discussione del DDL al Senato sono previste decine di manifestazioni in varie città e un presidio permanente sotto le finestre di Palazzo Madama.

24 giugno 2015