Nell'enciclica “Laudato si'”
Importante denuncia del papa contro la finanza colpevole della devastazione della terra e della povertà
Bergoglio però non chiama col loro nome i colpevoli, ossia il capitalismo e l'imperialismo

Alla fine di maggio papa Francesco ha scritto una lettera enciclica dal titolo “Laudato Si' - Sulla cura della Casa Comune”. I temi principali trattati da Bergoglio nelle circa 200 pagine del documento, sono stati la tutela dell'ambiente e la povertà; un lungo testo che contiene parti e denunce che riteniamo positive, mentre altre non sono condivisibili. Bergoglio si rivolge indistintamente ad ogni persona che abita il pianeta e tenta di metterla in guardia circa il “deterioramento globale dell'ambiente”, sulle cause che la Chiesa individua e sulle risposte che propone.

Sul degrado ambientale e sulla povertà
L'inizio dell'esposizione riassume brevemente le pregresse denunce mosse fin dal 1971 dall'allora papa Paolo VI e dopo di lui da Giovanni Paolo II e infine da Benedetto XVI, come a dire che l'impegno della Chiesa sul tema ambientale è sempre stato presente e costante, fin dai tempi di Francesco d'Assisi.
La prima denuncia dell'inquinamento è sulla cosiddetta “cultura dello scarto ” connessa al grande sistema industriale che non ha ancora sviluppato la capacità di riassorbire e riutilizzare i rifiuti di tale produzione e le sue scorie, proponendo la necessità di adottare un “modello circolare ” di produzione che assicuri risorse per tutte le future generazioni, limitando al massimo l'uso delle fonti non rinnovabili, moderando i consumi e massimizzando il riutilizzo ed il riciclo. Una importante critica diretta alle multinazionali, viene mossa sul tema dell'esportazione dei rifiuti tossici dai paesi industrializzati in quelli invia di sviluppo: “costatiamo che spesso le imprese che operano così sono multinazionali che fanno qui ciò che non è loro permesso nel Primo Mondo. Generalmente quando cessano le loro attività e si ritirano, lasciano grandi danni umani ed ambientali ”.
L'analisi del papa sul clima è sostanzialmente condivisibile poiché alta è la preoccupazione del surriscaldamento planetario che comporta, fra l'altro, l'innalzamento del livello del mare e sempre maggiori eventi meteorologici estremi, su tutti la desertificazione, dei quali i primi a farne le spese sono le popolazioni povere del Sud del mondo. Le cause individuate sono la grande concentrazione di gas serra, diretta conseguenza del modello attuale di produzione basato sull'uso intensivo di combustibili fossili che dovrebbe lasciar spazio allo sviluppo di fonti rinnovabili.
E' positiva la critica alla strategia di compravendita dei Crediti di Emissione e concordiamo sul fatto che essi potrebbero dar luogo ad una nuova forma di speculazione che oltre a non servire a ridurre l'emissione di gas inquinanti, potrebbe portare a rafforzare il super-consumo di alcuni Paesi e settori. Tali cambiamenti climatici spingono le specie animali, incluso le persone, a vere e proprie migrazioni quando ciò intacca sensibilmente le risorse produttive dei più poveri, già rapinate dai Paesi sviluppati; ne sono testimonianze tangibili i sempre maggiori flussi di migranti che fuggono dalla guerra e dalla miseria aggravata dal degrado ambientale, senza ottenere alcuna tutela normativa al momento dell'arrivo nei cosiddetti paesi ricchi ed industrializzati. Bergoglio, indica come principali responsabili della povertà e del degrado ambientale “coloro che detengono più risorse e potere economico e politico e si sforzano tentando di nascondere i problemi ed i sintomi, limitandosi ad addolcire gli aspetti più estremi della loro attività ”.
Sull'acqua, fondamentale bene comune, il papa lamenta la situazione che vede grandi settori della popolazione, in particolar modo africana, non avere accesso all'acqua pubblica e sicura a causa dell'inquinamento delle falde acquifere per mano di attività agricole, industriali ed estrattive a sfondo esclusivamente speculativo. E denuncia la privatizzazione dell'acqua, “controllata da grandi imprese mondiali, che in gran parte del mondo è trasformata in merce e soggetta quindi alle leggi del mercato ”.
Bergoglio afferma che anche le altre risorse della terra vengono “depredate a causa di modi di intendere l'economia e l'attività produttiva e commerciale, troppo legati al risultato immediato ”; la cura degli ecosistemi richiede uno sguardo che vada al di là dell'immediato poichè “quando si cerca solo un profitto economico rapido e facile, a nessuno interessa veramente la loro preservazione ”. Sull'Amazzonia, ad esempio, si dice chiaramente che “proposte di internazionalizzazione delle foreste servono solo agli interessi economici delle multinazionali ” che sono dunque direttamente chiamate in causa. Relativamente alla condizione delle barriere coralline e degli oceani in generale, il papa individua nell'inquinamento industriale e nell'eccessivo sfruttamento degli oceani, unito alla deforestazione e metodi inopportuni di pesca, la causa principale.
Fa altresì riferimento all'”intervento umano” che “spesso è al servizio della finanza e del consumismo ” le cui conseguenze vengono subite dai più poveri. Il punto 109 inquadra il problema della finanza che soffoca l'economia reale, “non avendo ancora imparato la lezione neanche dell'ultima crisi finanziaria mondiale ” e ha portato al salvataggio incondizionato delle banche pagato dalla popolazione. Interessante il parallelismo fra “bolla finanziaria e bolla produttiva ”. Parole dure per il “mercato ” che da solo non garantirebbe, assieme alla massimizzazione dei profitti, lo sviluppo umano integrale e l'inclusione sociale. Sul tema del lavoro, critica ampiamente il progresso finalizzato a ridurre i costi di produzione che quasi sempre si traducono in diminuzione dei posti di lavoro.
Il papa attacca la crescita economica rea di aver creato città invivibili dal punto di vista sanitario per inquinamento e caos; “sintomi che mostrano in questi due secoli lo sviluppo economico non ha significato un progresso integrale ed un miglioramento della vita ma, al contrario, sintomi di vero degrado sociale ”, mentre denuncia la subalternità della politica alla tecnologia ed alla finanza e registra i fallimenti dei vertici internazionali sull'ambiente, laddove i poteri economici continuano nei fatti a giustificare l'attuale sistema mondiale “in cui prevalgono una speculazione ed una rendita finanziaria che ignorano ogni effetto sulla dignità umana e sull'ambiente” . Bergoglio ipotizza in futuro “nuove guerre economiche, mascherate da nobili rivendicazioni ”.

Sulla risoluzione del problema
Quali sono le proposte del papa per uscire da questa insostenibile situazione?
Bergoglio sostiene che occorre anzitutto dare consapevolezza di una “ecologia integrale vissuta con gioia ed autenticità” e che è necessaria una nuova “solidarietà universale ” dal momento che “il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo cammino che ha portato ad una maggiore presa di coscienza, anche se i risultati sono minati dal rifiuto dei potenti e dal disinteresse dei più” . A suo dire la via d'uscita primaria sta nel miglioramento dell'individuale responsabilità delle persone e nel conseguente avvio delle buone pratiche sui rifiuti e sull'utilizzo delle risorse energetiche nella quotidianità ma ciò non può essere che un aspetto ulteriore e non centrale alla risoluzione del problema ambientale, dal momento che la stragrande maggioranza della produzione dei rifiuti e del consumo energetico è a carico delle aziende e delle multinazionali.
E' vero che il debito dei paesi poveri è uno strumento di controllo ma non è semplicemente apportando risorse ai Paesi più bisognosi promuovendo politiche e programmi internazionali di “sviluppo sostenibile ”, poiché questa è la solita ricetta che maschera la rapina di fonti energetiche e di risorse in generale per mano dell'imperialismo.
Il papa rileva la necessità del ripristino della sovranità nazionale ma ciò non può comportare la nascita di una “Autorità Politica Mondiale ” per la salvaguardia dell'ambiente e per la migrazione: del resto egli stesso in altre parti dell'enciclica ha lamentato il sistematico fallimento degli organismi internazionali a causa degli interessi economici e finanziari dei loro componenti.
In tutta l'enciclica il papa parla dell'umanità in maniera interclassista; a poco serve il concetto di “consapevolezza di essere una sola famiglia umana ”, così come è privo di reale efficacia l'invito ai “potenti”, gli stessi che sono la causa di ciò che egli a parole contesta, a “realizzare un consenso mondiale che porti a programmare un'agricoltura sostenibile, forme rinnovabili di energia, a promuovere una gestione delle risorse sostenibile ”. Questi inviti si annullano se inseriti di fatto nel liberismo, nel capitalismo e nell'imperialismo che ad oggi governa il mondo e che Bergoglio, il Vaticano e la Chiesa si guardano bene dal mettere in discussione.
Sul tema del lavoro tutta l'analisi viene sepolta dall'invito alla promozione di una economia che favorisca la “creatività imprenditoriale ”; è esattamente questo ciò che sta accadendo in base alle opportunità di mercato esistenti nel mondo nelle quali si tuffano con grande creatività – stralciando diritti e regole del lavoro alle quali il papa non fa cenno – proprio i pescecani capitalisti artefici delle criticità sociali esistenti. Addirittura al punto 129 definisce l'attività imprenditoriale come “una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza ed a migliorare il mondo per tutti ”.
Per risolvere il problema ecologico e della povertà, il papa propone anche “di facilitare forme di cooperazione comunitarie che sappiano difendere gli interessi dei piccoli produttori preservando gli ecosistemi locali dalla depredazione, grazie ad una “politica sana e capace di riformare le istituzioni ”. Possibile che non sappia che anche simili esperienze debbano scontrarsi con le solite leggi di mercato che finiranno per farle soccombere o, nel migliore dei casi, a tenrle piccole e subalterne?

Le nostre critiche
Prendiamo atto della denunce mosse dal papa su temi di fondamentale importanza ma non possiamo non evidenziare le numerose contraddizioni che limitano l'efficacia dell'enciclica, riducendola a nostro avviso nella pratica ad un nulla di fatto e ad una accettazione “suo malgrado” della situazione attuale, rafforzandone addirittura alcuni suoi aspetti.
Oltre alla critica politica che segue, ovviamente, non condividiamo le parti strettamente religiose, a cominciare dal dogma della creazione divina del mondo che non intendiamo in questa circostanza approfondire. La prima grande ed evidente contraddizione è l'assoluta mancanza nelle circa 200 pagine dell'enciclica di una citazione diretta alle cause principali di questa sciagura ambientale e sociale: il papa non chiama mai col loro nome i veri colpevoli e cioè il capitalismo e l'imperialismo.
Ci pare quantomeno opportunistico da parte di Bergoglio affermare e sottolineare in varie parti dell'enciclica che “la Chiesa su molte questioni concrete non ha motivo di proporre una parola definitiva, bensì deve promuovere il dibattito rispettando le diversità di opinione ”. Va da sé che nella società odierna, l'unica opinione che conta e che è applicata praticamente ovunque, proposta dai governi e dai media a loro asserviti, è quella della classe dominante borghese e conseguentemente nulla si fa per cambiare nella sostanza le nefaste conseguenze dell'esistenza del sistema economico capitalista.
Secondo il papa, è sufficiente essere umani, meglio se cristiani, per prendersi cura dell'ambiente del quale facciamo parte. Mentre ribadisce con forza che “Dio è il padrone della terra” e l'essere umano non deve sentirla sua. Eppure più volte difende la proprietà privata. L'unico appunto che le muove, citando il vangelo, è relativa all'insufficiente condivisione del frutto del lavoro tra il padrone e il lavoratore: ”quando mieterete la messe della vostra terra non fatelo fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare; quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero e per il forestiero ”. Nessuna parità di condizione, dunque, solo miseria per il povero ed elemosina del padrone.
Le affermazioni del papa, riassunte nel punto 190, secondo le quali “conviene evitare l'avere una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese e degli individui poiché (…) non è realistico pensare che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni ”, potrebbero essere condivisibili in prima lettura, ma se si presta maggiore attenzione non si può non notare che la critica è diretta solo a certi aspetti più deteriori del capitalismo e non al capitalismo stesso, come detto mai citato direttamente nell'intera enciclica. Il problema non è della “concezione del mercato”; la vera questione è proprio la natura stessa del mercato capitalistico che per il benessere generale non può essere terreno di scambio economico né di armonica distribuzione dei beni comuni né di rispetto dell'ambiente e di ogni altra fonte atta al soddisfacimento dei bisogni primari dell'umanità. Può il mercato capitalistico, che è finalizzato unicamente alla realizzazione del massimo profitto, essere benevolo al punto da annullare tali disparità sociali? No, non può esserlo.
Allo stesso modo non può essere una soluzione a un tema così preoccupante e vasto, la “decrescita” poiché, in regime capitalistico non è quanto ma perché si produce, non si tratta di diminuire semplicemente la produzione ma di indirizzarla al soddisfacimento della popolazione invece che alla sete di profitto individuale; non è diminuire la produzione per tutti ma ridistribuirla, togliendo alle classi dominanti e ricche e dando alle classi oppresse e affamate, togliendo reddito ai ricchi dell'opulento Nord per destinarlo ai poveri dell'arretrato, sfruttato e disperato Sud del mondo.
Caposaldo di questo rapporto intimo d'alleanza fra Chiesa e capitalismo è il punto 157 nel quale si legge che “il bene comune richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine ”. In pratica poveri subalterni ai ricchi in pace ma senza giustizia sociale. Strumentale a questo fine il continuo incedere sulla “immensa dignità del povero ” che però, in mancanza di riscatto sociale, rimane tale.
E' totalmente inaccettabile l'invito del papa al punto 228 che risulta strumentale al mantenimento di quell'ordine costituito già citato: “L'amore fraterno può solo essere gratuito (…) per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare il vento, il sole o le nubi benché non si sottomettano al nostro controllo ”. La differenza però è sostanziale: il vento, il sole e le nubi non sono le cause della povertà e del devastazione ambientale; lo sono invece i capitalisti che non meritano amore ma lotta di classe al fine di sradicare le profonde ingiustizie che il capitalismo e l'imperialismo generano fra le popolazioni di tutto il mondo. Noi siamo contrari non solo all'idea che la specie umana sia padrona assoluta della natura ma ai padroni capitalisti e qualsiasi idea di padrone. E quindi alla stessa figura dogmatica di un “Padre creatore e unico Padrone del mondo, perché altrimenti l'uomo tenderà sempre a voler imporre alla realtà le proprie leggi ed i propri interessi ”. Tale dogma religioso favorisce la subalternità dei lavoratori ai proprietari dei beni e mezzi di produzione. Finisce per negare che la Terra è di tutti e i suoi frutti dovrebbero essere equamente distribuiti tra chi li ottiene con il lavoro.
La tutela della proprietà privata rimbalza più volte nell'enciclica ma soprattutto al punto 93 in cui si legge che “la tradizione cristiana ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata ” quindi anche quella dei mezzi di produzione inclusa la terra; ma se poi si ribadisce che “ è secondo il disegno di Dio gestire questo dono in modo tale che i suoi benefici non siano a vantaggio soltanto di alcuni pochi ”, che scopo ha la proprietà privata stessa di tali beni?
Dire come al punto 95 che chi “possiede una parte dell'ambiente è solo per amministrarla a beneficio di tutti ”, significa nella sostanza giustificare e rafforzare il capitalismo negando che esso sia insieme all'imperialismo la vera causa della povertà e del devastazione ambientale.
Nell'enciclica c'è spazio anche per apprezzamenti alla “sussidiarietà”, che rappresenta un puntello della Chiesa al capitalismo.
Inaccettabile anche l'affermazione nel punto 94, collegata al tema precedentemente accennato, secondo la quale “il ricco ed il povero hanno uguale dignità perché il Signore ha creato l'uno e l'altro ”. Com'è possibile attribuire la condizione sociale alla “creazione divina” e negare che sono i rapporti di produzione a creare il ricco e conseguentemente il povero?
Inoltre il papa non perde nemmeno questa occasione per attaccare il comunismo, reo, assieme al nazismo, un'equazione mostruosa a cui ricorrono in genere i peggiori reazionari anticomunisti, di aver esasperato “la tecnologia al servizio dello sterminio di milioni di persone ”(punto 104); nello stesso modo riafferma prepotentemente altri capisaldi oscurantisti del cristianesimo più quali la difesa a spada tratta degli embrioni umani, equiparati a persone con disabilità, la condanna dell'aborto rapportandolo addirittura alla logica “usa e getta” dei rifiuti, e la centralità della famiglia per lo sviluppo sociale e culturale sostenendo che mettere in discussione tali dogmi, significa in pratica “essere incapaci di considerare nel suo complesso la propria responsabilità sulla natura ”.
Noi marxisti-leninisti siamo impegnati nella lotta quotidiana contro la devastazione della terra e la povertà, ricercando le più larghe alleanze politiche, sui fronti politici, sociali, culturali e religiosi. Tuttavia riteniamo che l'unico modo che possa risolvere alle radici questo grave problema sia quello dell'abbattimento del capitalismo e dell'instaurazione del socialismo.

8 luglio 2015