Da Galan, presidente della commissione Cultura, ad Azzollini, presidente della commissione Bilancio
Gli impresentabili hanno in pugno le commissioni parlamentari
Le indennità accessorie dei 50 presidenti, 94 vice e 88 segretari costano 2 milioni di euro l’anno

Come i boss mafiosi che dal carcere continuano tranquillamente a dare ordini e a curare gli affari della propria cosca, così i presidenti e i membri delle 50 commissioni parlamentari di Camera e Senato nonostante siano finiti agli arresti o inquisiti per reati gravi e infamanti legati alla corruzione e all'associazione mafiosa continuano a rimanere attaccati alle loro poltrone non solo per la maggiorazione di stipendio che garantiscono ma anche perché un presidente può decidere i destini di una legge, bloccare o accelerare l'iter e i lavori parlamentari su un determinato provvedimento a seconda dei vantaggi o svantaggi che essa comporta per la propria cosca parlamentare.
Emblematico in tal senso è il caso dell'ex governatore della Regione Veneto Giancarlo Galan affiliato ad una Loggia massonica padovana del Grande Oriente d'Italia. L'ex ministro di Berlusconi alle Politiche agricole alimentari e forestali e Beni culturali, da oltre un anno, in seguito al suo coinvolgimento nella scandalosa inchiesta sugli appalti per il Mose di Venezia, è stato condannato per corruzione in seguito a patteggiamento ed è tutt'ora agli arresti domiciliari dopo esser stato detenuto, per 78 giorni, presso il carcere di Opera. Ciononostante Galan continua a ricoprire l'incarico di presidente della VII commissione Cultura della Camera e a dirigere i lavori attraverso la sua vice, Ilaria Capua: virologa padovana eletta con Scelta Civica ma anche lei finita nella rete della magistratura indagata per traffico illegale del virus dell’aviaria finalizzato alla produzione di vaccini.
Una supplenza che durerà fino al 15 luglio quando, scaduti i termini di detenzione, Galan potrà tranquillamente tornare a sedere fisicamente sull'ambita poltrona come se nulla fosse successo.
Situazione quasi analoga anche alla presidenza della commissione Bilancio del Senato guidata da Antonio Azzollini , ex militante del Partito di unità proletaria, prima di passare coi Verdi, poi Pds, Ds e attuale senatore di Ncd. L'ex sindaco di Molfetta, già indagato per truffa ai danni dello Stato e associazione a delinquere in riferimento agli appalti per la bonifica e ristrutturazione del porto di Molfetta, l'11 giugno scorso ha ricevuto, insieme ad altre nove persone, un nuovo provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari spiccato dalla procura della Repubblica di Trani per la bancarotta fraudolenta della casa di cura Divina Provvidenza.
Ciononostante a Palazzo Madama tutti gli altri capibastone sia di maggioranza che di opposizione hanno già sentenziato che: “Anche se, com’è probabile, verrà rinviato a giudizio, Azzollini resterà al suo posto. Senza di lui non passa niente”. Come successe a ottobre scorso, quando la giunta per le immunità ha negato l’accesso alle intercettazioni nel tentativo di salvarlo dall'inchiesta.
Il record spetta di diritto all'ex governatore ciellino e attuale senatore di Ncd Roberto Formigoni che “vanta” ben due procedimenti penali aperti. Nel maggio 2013, il giorno dopo essere stato eletto presidente della commissione Agricoltura, è stato rinviato a giudizio per lo scandalo della sanità lombarda in riferimento alla scandalosa gestione della fondazione Maugeri nel quale è tuttora imputato di associazione a delinquere per aver intascato otto milioni di euro in viaggi, barche e contributi. A maggio di quest'anno sono state chiuse le indagini per i 447 mila euro di regalie che l’ex governatore lombardo ha ricevuto in cambio della promessa di sbloccare due forniture mediche.
Il caso del forzista Altero Mattioli rappresenta invece il colmo: a Palazzo Madama presiede l’ottava commissione, quella sui Lavori pubblici che tra l'altro calendarizza le leggi in tema di appalti; a Venezia invece la procura ha recentemente ottenuto l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti proprio in merito agli appalti inerenti lo scandalo del Mose. Secondo gli inquirenti, l’ex ministro dei Trasporti (del Berlusconi IV) ha ricevuto due mazzette per facilitare le opere di bonifica della zona industriale di Marghera.
Addirittura grottesco il caso della forzista Paola Pelino , vicepresidente della commissione al commercio in Senato, condannata in primo grado per non avere pagato 11mila euro di abiti a una boutique.
Niente di penalmente rilevante, almeno per adesso, ma tanto opportunismo, imbarazzo e sospetti per Lello Di Gioia , eletto nelle file del Pd e poi passato al gruppo misto come socialista. Presiede la commissione bicamerale che dovrebbe controllare l’Attività degli enti di previdenza. Tra questi c’è l’Enpam, la cassa pensionistica dei medici che, si è scoperto, affittava alla moglie di Di Gioia una casa a Roma, mentre la figlia 21 enne veniva assunta a tempo indeterminato dal ramo assicurativo delle Poste. Per non parlare dell'oscura vicenda in cui Di Gioia per far riavere a un amico il bottino sottratto durante una rapina, mediò con i rapinatori della banda del caveau che, tre anni fa, svaligiò la filiale del Banco di Napoli di Foggia trafugando da 165 cassette di sicurezza oltre 15 milioni di euro.
Nessuna inchiesta aperta nemmeno per Ignazio Abrignani, l’ex capo della segreteria politica di Claudio Scajola e oggi vicepresidente della commissione Attività produttive alla Camera. Proprio su consiglio del suo ex mentore, il deputato di Forza Italia ha assunto la moglie del latitante Amedeo Matacena, l’avvenente Claudia Rizzo. “Si trattava di un contrattino da mille euro. Non volto le spalle agli amici”, si è giustificato Abrignani. Mentre il suo personal trainer, Manlio Denaro, ex militante dell'organizzazione neofascista Terza posizione, ex proprietario della palestra Flex Appeal, al Fleming, frequentata anche da Riccardo Brugia, ritenuto il “braccio armato” dell’organizzazione guidata da Massimo Carminati, a sua volta protagonista insieme al boss delle cooperative “rosse” Salvatore Buzzi di “Mafia Capitale”, è accusato del sequestro e dell’omicidio di Silvio Fanella, ucciso il 3 luglio 2014 nel suo appartamento alla Camilluccia perché, come “cassiere” dell'imprenditore romano legato agli ambienti della destra, Gennaro Mokbel, aveva cercato di trafugare il “tesoro” frutto della truffa da due miliardi di euro a Fastweb e Telecom Sparkle.
Il colpo di mano con cui due anni fa Francesco Nitto Palma ottenne la presidenza della commissione giustizia al Senato non è stato nemmeno preso in considerazione dal “rottamatore” Renzi. Il senatore berlusconiano, scudiero di Previti, può dunque continuare a gestire gli affari di Berlusconi anche col PD al governo e anche se Forza Italia è ufficialmente all'opposizione e il patto del Nazareno è stato stralciato.
La palma di riciclato speciale spetta invece a Ivan Catalano : il vicepresidente alla commissione Trasporti è talmente attaccato alla poltrona che è disposto a cambiare casacca anche ogni giorno pur di non mollarla: eletto con i 5 Stelle e quasi subito espulso perché non restituiva diarie e rimborsi; Catalano è passato armi e poltrona al Partito liberale italiano da cui è stato a sua volta cacciato nel marzo scorso. Adesso è approdato nel gruppo di Scelta Civica da cui continua a guidare la commissione con la sua nuova terza casacca nel giro di appena due anni.
Inchiodato alla poltrona, anzi alla doppia poltrona, Claudio Fazzone : vicepresidente della commissione Affari costituzionali in Senato e membro dell’Antimafia. Nonostante un avviso di garanzia per lottizzazione abusiva in riferimento alla costruzione della villa nella piana di Fondi di proprietà della moglie ora confiscata) e un rinvio a giudizio per abuso d'ufficio inerente l'invio di centinaia di lettere di raccomandazione su carta intestata della Regione Lazio.
In attesa del rinvio a giudizio per il suo coinvolgimento nello scandalo della Asl di Benevento c'è anche Nunzia De Girolamo (NCD). L'allora ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali del governo Letta, nonostante le pesanti accuse di truffa e abuso d’ufficio, continua a ricoprire l'incarico di vicepresidente della Giunta per le autorizzazioni al Senato, organo che decide su perquisizioni, arresti e intercettazioni dei parlamentari, (quindi anche relativamente alla sua vicenda giudiziaria) oltre che della Commissione che dovrebbe giudicare sullo stato d’accusa del Presidente della Repubblica.
Insomma uno scandalo nello scandalo specie se si pensa che i cinquanta presidenti, i 94 vice e gli 88 segretari per un totale di 232 incarichi, quasi uno ogni quattro parlamentari, solo di indennità accessorie costano circa 2 milioni di euro l’anno.
Al Senato sono previsti 2.222 euro lordi mensili per il presidente di ogni commissione, 555 euro per i suoi vice, 277euro per ciascun segretario a cui si sommano l’indennità mensile di 10.385 euro, la diaria di 3.500 e il rimborso forfettario di 5.830 euro. Inoltre ogni presidente riceve un rimborso delle spese per il telefono cellulare che può arrivare a 5 mila euro l’anno; dispone di 3.500 euro per le “elargizioni”: una sorta di beneficenza fatta sempre coi soldi rubati al popolo i cui destinatari rimangono però ignoti.
Ci sono poi i fondi extra per i collaboratori, due o tre per ciascun presidente:si tratta di altri 4.859 euro al mese più l'immancabile auto blu.
Alla Camera gli importi delle indennità sono lievemente inferiori: si va dai 1.269 euro mensili per ogni presidente ai 158 per i segretari; ma attenzione, perché in questo caso di tratta di cifre nette. Da differenza col Senato è presto colmata dalle più alte dotazioni per il personale accessorio a cominciare dai 185mila euro che vanno a ogni presidente.
A tutto ciò si aggiungono le spese di funzionamento, che peraltro non considerano la voce più importante: il personale. Il bilancio 2014 della Camera parla di 450 mila euro l’anno, tra cui: 90 mila euro di consulenze, 35 mila di traduzioni, 30 mila euro in convegni e 260 mila in missioni. A queste vanno aggiunte le voci per le commissioni particolari: la commissione Antimafia costa 562 mila euro l’anno, quella per le Elezioni oltre un milione, di cui 579 mila euro per il trasporto delle schede elettorali. Tutto insieme fa 1miliardo 717 milioni di euro che ogni anno le cosche parlamentari rubano al popolo per far funzionare la Camera.

22 luglio 2015