Nella Puglia di Vendola (Sel) ed Emiliano (PD)
Stroncato dal supersfruttamento bracciante sudanese
Lavorava in nero: 3 euro e mezzo per 3 quintali di pomodori raccolti. 12 ore sotto il sole, anche a 42°. L'azienda è già sotto processo per tratta di uomini
La sete di profitto dei padroni non conosce limiti

Uomini trattati peggio delle bestie. Questa è la dura realtà vissuta da migliaia di lavoratori, molti dei quali migranti. In alcuni settori come quello agricolo le condizioni di vita e di lavoro sono quelle di una vera e propria schiavitù. Anzi, a dirla tutta la situazione attuale per certi aspetti è ancora peggiore di quella conosciuta nelle antiche civiltà, nel medioevo e all'epoca del colonialismo perché allora il padrone doveva tenere in vita il suo schiavo mentre il capitalismo adesso lo lascia morire di fame e di fatica.
E di fatica è morto Mohamed, un bracciante africano di 47 anni originario del Sudan. Nella campagna vicino a Nardò, in provincia di Lecce, si è accasciato ed è morto sotto il sole rovente in un campo di pomodori; era senza alcun contratto, come al nero erano i due compagni che gli hanno prestato i primi soccorsi. Ma anche per gli altri 28 che sono risultati “regolari” il padrone ha a disposizione tanti metodi e contratti che legalizzano il lavoro nero (voucher, contratti a termine, part-time ecc.). Forse Mohamed era già troppo “vecchio” per sopportare lo sfruttamento a cui sono sottoposti i raccoglitori di frutta e verdura. Sveglia ancora con il buio, inizio della giornata alle 5 del mattino fino alle 17-18 del pomeriggio, per 12 ore a una temperatura che in questo caldo mese di luglio in Puglia ha raggiunto anche i 42 gradi.
Centinaia di lavoratori immigrati sono impiegati nella raccolta di angurie e pomodori in tutta la regione, specie nella provincia di Foggia e nel Salento. Come già detto più un rapporto schiavistico che di lavoro: 3,50 euro per ogni cassone raccolto, ognuno dei quali contiene 3 quintali di pomodori. Per qualche decina di euro giornalieri occorre spaccarsi la schiena come un somaro, oltre a subire le vessazioni del padrone ci sono quelle dei caporali, i quali si fanno pagare a caro prezzo anche l'acqua, indispensabile per lavorare a 40 gradi. Una realtà ben diversa dalle frottole raccontate dal fascista e razzista Salvini dove i migranti sono raffigurati come dei privilegiati a cui viene regalata casa e cibo per stare tutto il giorno al telefonino pagato da “noi italiani”.
Certamente la morte del bracciante africano ha portato in prima pagina la condizione dei lavoratori stranieri e italiani supersfruttati nei campi, ma questa situazione non è certo nuova ma si protrae da tempo ed è conosciuta da tutti. La stessa ditta per cui è morto Mohamed era già finita sotto processo per tratta di uomini due anni fa, coinvolta in una tratta di clandestini dall’Africa all’Italia, tanto che l'azienda era stata intestata alla moglie dell'effettivo proprietario.
Anche se gli italiani sono di nuovo tornati ad accettare queste disumane condizioni fin'ora questo lavoro agricolo è stato riservato agli immigrati. Ci sono i tunisini che furono i primi ad arrivare nel Salento, accanto a loro ci sono quelli giunti più di recente dai Paesi a sud del Sahara, alcuni già immigrati in Libia e poi costretti a fuggire dopo i bombardamenti imperialisti sul paese arabo dove, come dice uno di loro “”si guadagnava più che in Italia”. Sono presenti anche immigrati che hanno avuto esperienze di lavoro nelle fabbriche del nord e poi licenziati a causa della crisi capitalistica e si sono riciclati braccianti per sfamare la famiglia.
Come già successo a Rosarno in Calabria, nel Casertano, anche in questa parte di Puglia ci sono state rivolte e proteste dei migranti contro questo schiavismo degli anni 2000. Nel 2011 a Nardò i braccianti scioperarono per ben 13 giorni. Volevano un aumento della paga e almeno una parziale eliminazione del cottimo, acqua corrente, presidio sanitario e controlli medici. Fino ad allora i migranti bivaccavano tutta la notte sparpagliati sotto gli ulivi, aspettando l'alba per la nuova giornata di raccolta.
Grazie anche ad alcune associazioni avevano ottenuto l'utilizzo di alcuni casolari abbandonati e seppur abitando in condizioni fatiscenti, vivere assieme contribuì a creare l'unità e la consapevolezza della propria condizione, trovando la forza di rispondere alle intimidazioni, alle minacce e anche alle botte, specie contro i lavoratori più combattivi. Ma nonostante alcuni passi in avanti, i seppur timidi tentativi di aprire vertenze della Cgil (Cisl e Uil se ne fregano dei migranti), le condizioni di lavoro sono rimaste praticamente immutate.
La sete di profitto dei padroni non conosce limiti, è troppo facile dare la colpa alle organizzazioni criminali che spesso gestiscono la forza lavoro dei migranti. Il capitalismo e le istituzioni borghesi sono complici di questo schiavismo all'epoca dei computer che, come abbiamo visto, è ben conosciuto e alla luce del sole. In tutto il mondo, specie per certi settori, esiste e si espande una nuova forma di schiavitù, anche nei paesi a capitalismo “avanzato”. Ad esempio in alcuni stati degli Usa con la manodopera anche minorile messicana e ispanica.
Anche la Puglia del governatore PD Emiliano e prima dell'imbroglione trotzkista Vendola fa la sua parte. L'attuale presidente della regione dopo la morte di Mohamed ha versato lacrime di coccodrillo e promesso fuoco e fiamme contro questo superfruttamento, ma le istituzioni locali, comprese province e comuni, non hanno fatto mai nulla di concreto, semmai hanno coperto le ditte che praticavano questo schiavismo, in certi casi addirittura erano di proprietà di uomini delle istituzioni borghesi.
Del resto parlano i dieci anni di governo del suo predecessore, il trotzkista e narcisista capo di SeL Vendola. Tante chiacchiere su una “Puglia migliore”, le “buone pratiche di governo”, “partecipazione attiva dei cittadini” ma quello per cui sarà ricordato, tra i tanti disastri che ha causato, sarà la collusione sua e della sua giunta con la famiglia di pescecani capitalisti dei Riva che Vendola in una telefonata rassicura, promettendo il suo interessamento per coprire l'inquinamento causato dalle sue acciaierie, vicenda per cui sarà nuovamente processato. Ci ricordiamo bene delle sue risate e di come prende in giro un giornalista che stava indagando sui tumori causati dall'ILVA di Taranto.

29 luglio 2015