Discorso di Federico Picerni, a nome del CC del PMLI, per il 39° Anniversario della scomparsa di Mao
Mao e l'istruzione nel socialismo

Pubblichiamo qui di seguito il discorso integrale pronunciato dal compagno Federico Picerni, a nome del CC del PMLI, comprese quelle parti che non ha letto per rimanere entro il tempo programmato.
Il discorso del Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI è stato interrotto più volte da scroscianti applausi, che ne hanno sottolineato i passaggi più salienti ed è stato ascoltato con attenzione dai presenti, per le numerose riflessioni che esso propone e le indicazioni che esso dà ai giovani affinché prendano in mano il loro futuro e concorrano da protagonisti alla lotta contro il capitalismo e il governo Renzi, per il socialismo.
 
 
Compagne e compagni, amiche e amici,
è per me un grande onore pronunciare il discorso commemorativo, a nome del Comitato centrale del PMLI, per il 39° Anniversario della scomparsa di Mao. Grazie per i vostri interventi che hanno lustrato di rosso la Commemorazione, un appuntamento al quale ci ritroviamo ogni anno per ricordare Mao e fare una potente carica rivoluzionaria per l'anno politico che ci attende.
Questa Commemorazione conferma che per noi Mao non è mai morto. Egli, come Marx, Engels, Lenin e Stalin, vive nel PMLI e nelle nostre lotte. Sono i loro insegnamenti, cioè il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, che ci orientano nella lotta di classe contro la borghesia, che ci permettono di capire, criticare e cambiare la realtà che ci circonda, di combattere il capitalismo e la sua cultura, di conoscere e trasformare il mondo e noi stessi. La disoccupazione endemica, la dilagante miseria materiale e morale delle masse e dei giovani, la povertà in aumento, il precariato, lo sfascio e la fascistizzazione di quello che rimane della scuola e dell'università pubbliche, la repressione di chi osa ribellarsi e tutte le altre delizie del capitalismo che proviamo sulla nostra pelle sono la prova che il messaggio rivoluzionario di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao è di assoluta attualità.
Guardate che fine hanno fatto coloro che, dopo il crollo del muro di Berlino, hanno ammainato la bandiera rossa e dichiarato “superato” o addirittura “sconfitto” il comunismo! Sono finiti nella più travolgente bancarotta politica e ideologica, brancolano nel buio, non sanno nemmeno più cosa sia la lotta di classe e tutt'al più vivono di Internet, come i revisionisti e trotzkisti alla Rifondazione, PCdI, Rizzo e soci. Oppure si sono venduti al capitalismo e a Renzi e sostengono le “riforme” istituzionali che daranno forma compiuta al regime neofascista in Italia, stracciando completamente la Costituzione del '48. Li attende la pattumiera della storia.
I marxisti-leninisti italiani non lo dicono certo da ieri. Andiamo a rileggere ciò che scriveva il compagno Giovanni Scuderi già – pensate! - il 26 dicembre 1973: “I revisionisti togliattiani si sono fusi completamente con la borghesia monopolistica italiana dalla quale sono stati corrotti e comprati con le briciole dei suoi enormi sopraprofitti, e alle esigenze della quale si sono adattati servilmente. (...) Essi sono i cani da guardia del capitale, avvelenatori dello spirito rivoluzionario delle masse; man mano che procederà il processo di crisi e di disfacimento dell'imperialismo e si approfondirà la sua politica reazionaria, fascista e bellicista, la loro collaborazione con la classe dominante si intensificherà fino a trasformarsi in socialfascismo, socialsciovinismo e socialimperialismo, poiché questo è lo sbocco inevitabile di tutti i traditori del proletariato” (1). Non è forse proprio la fine che ha fatto il PCI revisionista, che di metamorfosi in metamorfosi si è omologato completamente al capitalismo fino a diventare il PD neoliberale, cioè il principale artefice dei diktat dell'Unione europea imperialista, che ha partorito il nuovo duce Renzi?
Ecco perché, compagne e compagni, noi non ci stancheremo mai di difendere il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e di tramandarlo alle nuove generazioni di combattenti per il socialismo.
Il tema di questa Commemorazione, come sapete, è: “Mao e l'istruzione nel socialismo”.
Impegnati nell'epica lotta per cambiare veramente l'Italia, non potremmo assolutamente mancare di approfondire la posizione del PMLI sull'istruzione, terreno dove, fra l'altro, si sprigionano le energie e l'entusiasmo di una delle forze più fresche e attive della lotta di classe in Italia: il movimento studentesco. Lo dobbiamo fare denunciando con forza anzitutto la “Buona scuola” del regime neofascista.
I riformisti e i falsi comunisti hanno intossicato le masse e i giovani con l'assurda idea secondo cui l'istruzione sarebbe “neutrale”, al di sopra delle classi, dello Stato, dei partiti e persino delle concezioni del mondo. Ma in una società capitalistica divisa in classi come la nostra non esiste campo in cui non infuria, in varie forme, la lotta fra la borghesia dominante e il proletariato oppresso.
“Per quel che concerne la concezione del mondo” , insegna Mao, “nel mondo attuale ci sono fondamentalmente solo due 'scuole': quella della borghesia e quella del proletariato. O si accetta la concezione proletaria del mondo o si accetta quella della borghesia” (2). Sono due concezioni inconciliabili e diametralmente opposte. Il succo della concezione proletaria del mondo è che è giusto ribellarsi contro i reazionari e battersi per un mondo senza sfruttamento dell'uomo sull'uomo, povertà, oppressione, disoccupazione, discriminazioni sociali, razziali, sessuali e guerra. La concezione borghese invece sostiene che tutte le classi sociali devono collaborare armoniosamente per mantenere in vita il sistema economico, istituzionale, politico, sociale e culturale vigente, ossia il capitalismo. Va da sé che sono due concezioni inconciliabili, perché esprimono due modi di pensare, di agire, due modelli di società e di istruzione radicalmente opposti, e la vittoria dell'una si può ottenere solo con la sconfitta dell'altra. Nessun tentativo di annacquare la lotta di classe, di mascherare le contraddizioni di classe nella nostra società, di fingere che il proletariato sia scomparso e di ridicolizzare chi ne parla, potrà mai nascondere questa verità, che è viva e pulsante nella realtà concreta.
Dunque, visto il ruolo fondamentale della scuola e dell'università nel trasmettere la concezione del mondo e la cultura, l'istruzione non è affatto una zona grigia e neutrale, ma è investita in pieno dalla lotta di classe. Del resto, già Lenin aveva demolito l'idea della “neutralità” della scuola, con queste magistrali parole: “Quanto più evoluto è uno Stato borghese, tanto più sottilmente esso mente affermando che la scuola può restare estranea alla politica e servire la società nel suo complesso. In realtà la scuola è stata trasformata per intero in uno strumento di dominio della classe borghese, è stata permeata dello spirito borghese di casta, si è vista assegnare il compito di fornire ai capitalisti docili servi e operai capaci” (3).
La battaglia sul fronte dell'istruzione vede da una parte la borghesia, che vuole la scuola sempre più chiusa, esclusiva, utile solo a formare i futuri manovali o quadri del sistema capitalista, imbevuti di ideologia borghese e reazionaria; basta andarsi a leggere quanto dicono Marchionne, Giannini, Squinzi e soci in merito. Dall'altra, il proletariato cosciente deve lottare affinché possa essere un servizio goduto da tutto il popolo e non al servizio di un pugno di privilegiati, padroni e baroni.
Oggettivamente anche se non sempre soggettivamente, le lotte condotte dal movimento studentesco per la scuola e l'università pubbliche sono anticapitaliste e dovranno sempre vedere i marxisti-leninisti in campo. Ma come possiamo trasformare davvero l'istruzione e rompere le catene che la legano al mercato e al capitalismo?
 

LA LINEA DI MAO SULL'ISTRUZIONE
La lotta per l'educazione pubblica e gratuita al servizio del popolo è una rivendicazione antica del movimento operaio. Marx ed Engels nel Manifesto del Partito comunista del lontano 1848 scrivevano: “Educazione pubblica e gratuita per tutti i fanciulli” e “Unificazione dell'educazione e della produzione materiale” (4).
Ciò è quanto fu realizzato per breve tempo nella Comune di Parigi, quando, nelle parole di Marx: “Tutti gli istituti di istruzione furono aperti gratuitamente al popolo e liberati in pari tempo da ogni ingerenza della Chiesa e dello Stato. Così non solo l'istruzione fu resa accessibile a tutti, ma la scienza stessa fu liberata dalle catene che le avevano imposto i pregiudizi di classe e la forza del governo” (5).
Lo stesso avvenne nell'URSS di Lenin e Stalin, che fin dal 1917 dichiarò guerra all'analfabetismo. Secondo dati del 1926, a nove anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, per la prima volta nella storia della Russia la percentuale della popolazione che sapeva leggere e scrivere superava quella della popolazione ancora analfabeta e continuò a crescere stabilmente negli anni successivi. Come sottolinea Lenin: “Sino a quando gli operai e i contadini rimangono oppressi dai proprietari fondiari e dai capitalisti; sino a quando le scuole rimangono nelle mani dei proprietari fondiari e dei capitalisti, la giovane generazione resta cieca e ignorante. La nostra scuola invece deve dare alla gioventù le basi del sapere, deve renderla capace di elaborare da sé le concezioni comuniste, deve fare dei giovani delle persone istruite. Durante gli anni di studio la scuola deve forgiare uomini che partecipino alla lotta per la liberazione dagli sfruttatori” (6).
Ma l'esperienza più ricca e completa di rivoluzione socialista dell'istruzione, massimo sviluppo delle suddette importanti esperienze, avvenne proprio in Cina, parallelamente alle epiche lotte rivoluzionarie del popolo cinese, grazie all'attenzione del tutto particolare di Mao e del Partito comunista sotto la sua guida.
“Noi” , affermava Mao, “lottiamo per la liberazione del popolo cinese su diversi fronti, due dei quali sono il fronte della penna e il fronte della spada, ossia il fronte culturale e il fronte militare” (7). Egli in effetti dedicò sempre grande attenzione alla trasformazione degli istituti di insegnamento e degli intellettuali, affinché l'istruzione, che in Cina era appannaggio degli strati abbienti, potesse diventare proprietà comune del popolo.
Il giovane Mao fece le sue prime esperienze politiche proprio come studente, in un periodo in cui le masse studentesche cinesi avanzate, spronate dai soprusi degli imperialisti occidentali e giapponesi e dalla corruzione della classe dominante borghese e feudale, si mobilitarono a milioni per cambiare la Cina, rivendicando anche un nuovo modello di educazione aperto alle larghe masse. Nel 1915, a ventidue anni, Mao fondò l'Associazione per l'autogoverno degli studenti, alla testa della quale diresse le lotte studentesche nella natia provincia dello Hunan. Pur essendo ancora un democratico-borghese, Mao grazie alle sue prime esperienze stava capendo che istruzione e società erano indissolubilmente legate; non era possibile trasformare l'una lasciando intatta l'altra e quindi bisognava innanzitutto cacciare gli imperialisti e la classe dominante. Il suo impegno proseguì infatti nella Nuova associazione popolare di studio e soprattutto con la Rivista del fiume Xiang , da lui fondata nel 1919, strumenti attraverso i quali tentò di integrare la lotta studentesca nella battaglia più generale contro i proprietari terrieri, la grande borghesia e gli imperialisti stranieri. “Diffondere l'educazione e dare al popolo delle conoscenze rappresenta il primo passo verso il progresso” , rilevò Mao in uno dei suoi scritti premarxisti, aggiungendo: “Tuttavia la scuola rappresenta solo un aspetto dell'educazione, […] che comprende un lato la famiglia, dall'altro la società. […] Per far progredire la famiglia e la società,” concludeva, “non è sufficiente parlare solo di 'rinnovare ciò che è vecchio', bisogna piuttosto decidersi a 'creare il nuovo'” (8). Il marxismo-leninismo, portato in Cina dalle cannonate della Rivoluzione d'Ottobre, conquistò Mao poiché gli indicò finalmente la via giusta per realizzare il sogno di salvare la Cina ed emancipare le masse lavoratrici cinesi.
L'esperienza studentesca più matura di Mao, siccome la fece da marxista-leninista, fu l'Università autodidattica dello Hunan, fondata nel 1921. Per capire il carattere avanzato e rivoluzionario di questa scuola, nata appena un mese dopo il Partito comunista cinese, basta leggersi il manifesto fondativo, scritto da Mao, in cui si dice che gli studenti “oltre a studiare, intendono anche acquisire idee avanzate (...) e prepararsi al rinnovamento della società” (9).
Oltre a essere studente, Mao fu anche insegnante, non solo professionalmente in quanto maestro di scuola elementare, ma soprattutto nei corsi serali per operai da lui organizzati, e naturalmente nelle suddette scuole. Anni dopo, parlando con lo scrittore progressista Edgar Snow, avrebbe ricordato: “Spesso gli studenti sono davvero pestiferi. Se pongono cento domande e il professore riesce a rispondere solamente a cinquanta, già così è impeccabile. Che fare delle altre cinquanta domande? Basterebbe dire: non lo so, proprio come voi; facciamo una ricerca, tutti insieme. E la lezione si svolgerebbe così. Vedi anche tu che grandi vantaggi avrebbe questo metodo! Durante le mie lezioni non permettevo di prendere appunti. A chi voleva dormire era permesso schiacciare un pisolino, a chi voleva andarsene era permesso assentarsi. A dire la verità, schiacciare un pisolino fa molto bene e preserva lo spirito molto più che starsene seduti composti senza ascoltare” (10).
Successivamente, mentre infuriava la tempesta della Guerra di Resistenza contro il Giappone, su iniziativa di Mao nacque l'Università antigiapponese, dove “si studia e contemporaneamente si partecipa al lavoro produttivo” (11). L'Università antigiapponese, da una parte, fu determinante per educare i combattenti dell'Esercito rosso, nella stragrande maggioranza giovani operai e contadini che non avevano potuto ricevere un'istruzione per via delle difficoltà economiche delle loro famiglie, ma soprattutto costituì l'esperienza pilota che avrebbe guidato la successiva rivoluzione dell'istruzione in Cina, fondata sull'unificazione di studio e lavoro produttivo.
Vediamo quindi che il grande maestro del proletariato internazionale che condusse la rivoluzione cinese alla vittoria non è uscito dal nulla o piovuto dal cielo, ma è figlio della lotta di classe, si è formato e ha fatto esperienza nelle battaglie che riguardavano la sua condizione sociale di studente, maturando passo dopo passo, fase dopo fase, trasformando se stesso mentre trasformava il mondo.
Dopo la fondazione della Repubblica popolare cinese, avvenuta il 1° Ottobre 1949, fu questa la base su cui Mao elaborò la linea marxista-leninista per condurre la rivoluzione socialista nel settore dell'istruzione, sintetizzandola con queste parole: “La nostra politica nel campo dell'educazione deve permettere a chi la riceve di formarsi moralmente, intellettualmente e fisicamente e divenire un lavoratore con una buona cultura e una coscienza socialista” (12).
La costruzione del socialismo fu complessa e irta di ostacoli: in ogni sua fase dovette svilupparsi attraverso lo scontro fra la linea marxista-leninista rappresentata da Mao e la linea revisionista controrivoluzionaria di varie cricche di falsi comunisti fino a quelle capeggiate da Liu Shaoqi e Deng Xiaoping. Questi ultimi a parole erano con Mao e il socialismo, ma di fatto sfruttavano le loro posizioni di potere per favorire la restaurazione del capitalismo e trasformare la dittatura del proletariato in dittatura della borghesia; sul fronte dell'istruzione erano per mantenere i vecchi sistemi di insegnamento in vigore sotto le dinastie imperiali e sotto la borghesia, salvaguardare il potere del mandarinato accademico e fare dell'università un'istituzione elitaria urbana. In effetti, benché in Cina la classe operaia fosse al potere, gli accademici borghesi formatisi sotto il regime nazionalista di Chiang Kai-shek, protetti dai revisionisti, continuavano a detenere il monopolio delle scuole, permettendo la sopravvivenza della vecchia cultura feudale e capitalista. Mao si rendeva conto che la popolarizzazione dell'istruzione non basta se quest'ultima continua a basarsi sui vecchi metodi e se continua ad impartire le vecchie idee della classe sfruttatrice rovesciata. “Ai tempi di Chiang Kai-shek” , rimarcò infatti, “i giornali, le stazioni di trasmissione, le scuole, il cinema erano nelle loro mani. Era così che ingannavano il popolo. Tutti noi veniamo da lì” (13). Addirittura la prima rivoluzione dell'istruzione, avviata nel 1958, subì un feroce contrattacco revisionista nel 1961 che quasi la annullò. In breve, la cricca revisionista voleva ripetere in Cina ciò che era avvenuto in URSS dopo il XX Congresso del PCUS, e quindi il controllo dell'educazione, ovviamente fondamentale per la formazione culturale delle giovani menti, era strategico.
Mao non si limitò a criticare, irriducibile, il vecchio sistema di insegnamento, ma chiamò le masse stesse a scendere direttamente in campo per trasformarlo alla radice. E fu proprio agli studenti universitari, organizzatisi spontaneamente nelle Guardie Rosse, ai quali si appellò per lanciare la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, che per dieci anni dal 1966 al 1976 consentì al socialismo cinese di restare rosso, conseguire nuove vittorie e registrare un'esperienza unica nel suo genere. Tant'è che il primo dazibao (manifesto a grandi caratteri) marxista-leninista della Rivoluzione culturale fu redatto spontaneamente proprio da un gruppo di studenti e docenti di filosofia di Pechino per smascherare le autorità accademiche borghesi.
Il 7 maggio 1966, all'alba della Rivoluzione culturale, una direttiva di Mao stabilisce la linea e l'orientamento della trasformazione dell'istruzione in Cina: “I periodi di studio vanno accorciati, l'istruzione va rivoluzionarizzata e non bisogna permettere che continui il dominio degli intellettuali borghesi sulle nostre scuole” . Nella medesima direttiva, Mao aggiungeva che “i lavoratori […] oltre al prioritario lavoro di fabbrica, devono studiare gli affari militari, la politica, l'arte. Anche loro devono […] prendere parte alla critica della borghesia” . “Per gli studenti” , concludeva, “il discorso è lo stesso: lo studio è il loro compito prioritario, ma devono imparare a fare anche altre cose, per esempio il lavoro industriale, agricolo e militare, e devono criticare la borghesia” (14).
La grande fiducia di Mao nelle masse fu ampiamente ripagata: la classe operaia, i contadini, gli studenti e i docenti rivoluzionari presero la Direttiva del 7 maggio come guida per mettere in discussione e trasformare tutti quei numerosi aspetti della scuola e dell'università cinese che rimanevano borghesi, reazionari, non socialisti. E infatti tutto viene capovolto. Le università, a partire dai “centri di eccellenza” (così li chiamerebbero i politicanti borghesi nostrani), vengono aperte al popolo con l'abbattimento delle restrizioni d'accesso. Il vecchio sistema fossilizzato degli esami viene sostituito da un sistema vivace e stimolante fatto di inchieste, dibattiti e analisi critiche. L'annoso divario fra teoria e pratica, insuperabile sotto il capitalismo, viene colmato dalla partecipazione periodica di studenti e docenti al lavoro manuale; le materie umanistiche, scientifiche e tecniche vengono impartite e studiate non in modo nozionistico ma creativo, originale e conforme alle esigenze economiche e culturali delle larghe masse. L'arroganza delle autorità accademiche borghesi viene sepolta dalla partecipazione studentesca alla didattica: gli studenti vengono sollecitati a concorrere attivamente a definire le materie di studio scuola per scuola, facoltà per facoltà. La didattica, per Mao, non deve essere mnemonica, smorta e inossidabile. “Il metodo d'insegnamento che vi viene impartito” , rilevò più volte, “assomiglia all'irrigazione. Andate a lezione tutti i giorni, e quante parole dove sorbirvi? (...) Gli studenti universitari, specialmente quelli degli anni superiori, devono imparare principalmente ad analizzare e ad approfondire i problemi. A che servono tante chiacchiere?” (15). Finalmente l'educazione, emancipata, poteva essere realmente intesa come servizio per la formazione intellettuale delle masse, capace di sprigionare la creatività degli studenti e di mettere tutte le loro energie nell'impresa titanica della costruzione della società dei lavoratori.
Mao sapeva che la chiave di volta per trasformare radicalmente l'istruzione e distruggere completamente il sistema educativo delle classi sfruttatrici spodestate era la classe che deteneva il potere. Se la borghesia continuava a monopolizzarlo con la propria concezione del mondo, non sarebbe mai stato possibile trasformare compiutamente questa sovrastruttura culturale affinché corrispondesse alla base economica socialista. “Per portare a compimento la rivoluzione proletaria nel campo dell’insegnamento” , sostenne infatti Mao, “è necessario che la classe operaia ne assuma la direzione” (16). Così, a partire dall'estate del 1968, gli operai, i contadini e i soldati, organizzati in squadre di propaganda del pensiero di Mao, fecero il loro ingresso nelle scuole e nelle università per dirigerle, non in via temporanea, ma strategica, di lungo termine, con lo scopo di trasformarle insieme agli studenti. Come evidenziò Mao: “La direzione delle scuole apparterrà sempre a loro” (17).
Se gli operai e i lavoratori venivano invitati ad entrare nelle scuole e nelle università, da sempre una terra proibita per loro, parallelamente dopo la laurea gli studenti intraprendevano dei periodi di lavoro nelle officine, nelle campagne e nel commercio per scoprire la realtà della società e legarsi alle larghe masse. “La lotta di classe è il vostro principale corso di studi” (18), ricordava loro Mao, il quale aveva particolarmente a cuore l'integrazione del lavoro intellettuale e manuale per scoraggiare la nascita di intellettuali piccolo-borghesi distaccati dal popolo e dalla realtà, permettendo invece la formazione di autentici intellettuali del popolo utili alla causa del socialismo. Pertanto invitò a “percorrere la strada della fabbrica di macchinari di Shanghai che forma il proprio personale tecnico fra gli operai. Gli studenti vanno scelti fra gli operai e i contadini con esperienza pratica, i quali, dopo qualche anno di università, dovranno rientrare al lavoro produttivo” (19).
Per popolarizzare il sapere, durante la Rivoluzione culturale si diffusero a macchia d'olio le scuole nelle fabbriche e nelle comuni agricole, dove spesso andavano a insegnare giovani laureati. Un luminoso esempio è l'esperienza dei medici scalzi, ovvero giovani laureati in medicina che andavano nelle campagne ad aprire cliniche e ambulatori per contadini, in zone dove prima era difficile persino accedere alle cure mediche di base. Questo ci è particolarmente vicino se si pensa che oggi in Italia viviamo sempre più la mancanza di ambulatori e strutture mediche di base in molti centri periferici, aumentando il degrado di questi ultimi.
Queste conquiste epocali resteranno incastonate a lettere d'oro nella storia gloriosa del socialismo. Proprio per questo la rivoluzione dell'istruzione fu il primo bersaglio dei revisionisti capeggiati da Deng Xiaoping che presero il potere dopo la morte di Mao e restaurarono il capitalismo. Il loro primo atto fu proprio restaurare gli esami e ribaltare tutti i cambiamenti portati dalla rivoluzione dell'istruzione, che evidentemente consideravano una minaccia al loro dominio. Il socialimperialismo cinese, che sta attraversando una crisi economica e finanziaria tipica dei Paesi capitalisti, poggia la sua corsa alla conquista dei mercati mondiali sullo sfruttamento delle larghe masse operaie e lavoratrici, ma anche su un sistema educativo punitivo, selettivo, regredito a livelli prerivoluzionari, in cui vige la legge del più forte, dove le porte delle università migliori sono sbarrate ai giovani provenienti da famiglie povere o zone periferiche, che non riescono a permettersi gli studi necessari per ottenere alti risultati ai moderni “esami imperiali”.
Quali insegnamenti utili possiamo trarre, noi marxisti-leninisti italiani, dall'esperienza di Mao e della rivoluzione dell'istruzione in Cina? Il nocciolo è che senza cambiare il sistema politico ed economico, senza rovesciare la classe dominante borghese e senza condurre una lotta serrata e sistematica contro la sua cultura e la sua pedagogia, non potremo mai conquistare un'istruzione che faccia esclusivamente gli interessi del proletariato, delle masse, delle studentesse e degli studenti. Questo è il punto principale su cui richiamiamo l'attenzione del movimento studentesco del nostro Paese, che lotta per spezzare le catene che legano il sapere al mercato.
Un altro insegnamento prezioso, che Mao ribadì ripetutamente per tutta la sua vita, è che si possono fare grandi cose se si ha fiducia nelle masse lavoratrici e popolari e che il marxismo-leninismo-pensiero di Mao diventa davvero una grande forza materiale capace di cambiare il mondo se viene assimilata, impugnata e usata dalle masse.
Il movimento studentesco, così come in generale tutti coloro che vogliono liberarsi del capitalismo e conquistare un mondo migliore, troverebbero una miniera d'oro se studiassero la storia del movimento operaio e comunista internazionale che la borghesia e i revisionisti cercano di occultare e infamare, con il PMLI solo o quasi ad impegnarsi per rompere questa cappa di falsità anticomuniste.
 

L'ISTRUZIONE IN ITALIA
In Italia l'istruzione è borghese, in mano alla borghesia e al servizio della borghesia. I suoi contenuti e metodi hanno l'obiettivo di formare i quadri, i burocrati, i funzionari e gli intellettuali del capitalismo e delle sue istituzoni da una parte, e gli schiavi salariati dall'altra.
La “sinistra” borghese e i teorici riformisti hanno drogato il movimento studentesco con l'illusione secondo cui la mercificazione di scuola e università e il loro asservimento economico e culturale al mercato sarebbero tipiche solo del neoliberismo e non inerenti al sistema capitalista stesso. Così facendo, disorientano le lotte studentesche e fanno credere che sia possibile spezzare le catene che legano l'istruzione al mercato senza rompere la gabbia del capitalismo.
“La borghesia […] si ingegna appunto di ingannare in questo modo le masse. E, quanto più un'istituzione ha importanza in tali paesi, tanto meno essa è indipendente nei confronti del capitale e della sua politica. In tutti gli Stati borghesi il legame tra l'apparato politico e l'istruzione è eccezionalmente stretto, benché la società borghese non possa riconoscere apertamente questo fatto. Eppure, questa società opera sulle masse mediante la Chiesa, mediante tutto il sistema della proprietà privata” (20); questo replica non l'abbiamo scritta noi ma Lenin, quasi un secolo fa, a riprova che i riformisti in fondo non fanno che ripetere le stesse illusioni di sempre, già smentite dalla storia.
E infatti la natura profonda della scuola borghese sta nell'impartire alle masse idee, concezioni e abitudini per salvaguardare il capitalismo e frenare la lotta di classe. Pensiamo alla didattica della scuola italiana: i libri di testo sono imbevuti di calunnie contro il socialismo e la Resistenza; per contro, l'imperialismo, il capitalismo, l’UE, persino il fascismo mussoliniano e l’antico feudalesimo sono presentati sotto una luce positiva. Lo spirito di concorrenza capitalistico del libero mercato permea la vita degli studenti e lo studio non è una formazione e un arricchimento di sé, bensì una gara a determinare chi può avere successo a scapito degli altri, grazie alle disponibilità economiche della famiglia di origine che possono permettergli maggiori possibilità, come ripetizioni e corsi aggiuntivi, e l'accesso ai livelli più alti della formazione. Le studentesse e gli studenti sono infatti sottoposti ad una rigida selezione di classe già a partire dalla scuola media superiore, tra chi prosegue gli studi e chi cerca subito lavoro, fra chi sceglie un liceo e chi una scuola tecnica o professionale, quasi sempre in base alle condizioni economiche della famiglia di origine. Questa scrematura si aggrava con l'accesso all'università e, al suo interno, anche fra le lauree triennali e magistrali e i master, per non parlare poi della disoccupazione che attende i neolaureati privi di comode connessioni familiari, raccomandazioni o disponibilità economiche.
È certamente possibile e assolutamente necessario raggiungere delle conquiste a favore delle masse, com'è avvenuto grazie alla Grande Rivolta del Sessantotto, ma a cambiare è la forma e non ancora il contenuto, perché nello Stato capitalista fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo la borghesia mantiene il suo potere politico ed economico e, di conseguenza, il suo monopolio culturale. Basti pensare che, appena si è esaurita l'onda lunga del Sessantotto, la borghesia e i suoi governi hanno subito lanciato le controriforme Ruberti, Zecchino, Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini e Giannini per cancellare una per una le conquiste del movimento studentesco di allora e provocare lo sfascio della scuola e dell'università pubbliche, sempre più privatizzate, aziendalizzate, verticilizzate e irrigimentate.
Oggi l'Italia è l'ultima in Europa per spesa dedicata all'educazione; le tasse universitarie sono cresciute del 63% dal 2005, a fronte dei continui tagli alle borse di studio, del crollo delle immatricolazioni e dell'abbandono degli studi; si toglie alle scuole pubbliche per dare alle scuole private; la ricerca universitaria pubblica è ridotta a brandelli con i ricercatori condannati al precariato perenne, insieme ai giovani che cercano di accedere alla professione di docente; gli edifici scolastici sono fatiscenti e crollano sulle teste di chi vi studia e lavora.
Con la cosiddetta “autonomia”, le scuole e le università sono aziendalizzate e gettate in pasto al mercato, costrette a cercarsi da sé i finanziamenti per sopravvivere, in balia dei privati che possono entrare negli organi di governo e determinarne gli indirizzi didattici, rendendoli più confacenti alle proprie esigenze economiche, pena la bancarotta. Con la “Buona scuola” Renzi-Giannini la scuola è fascistizzata in quanto i presidi-manager potranno persino licenziare gli insegnanti scomodi, togliendo ogni spazio alle insegnanti e agli insegnanti progressisti e antifascisti.
Questo, insieme ai tagli al diritto allo studio a fronte di piogge di denaro sulle private, all'aumento delle tasse, alla paventata abolizione delle borse di studio a favore dei prestiti d'onore, al caro-libri e al caro-scuola sempre più cari, allo scarico degli oneri sulla famiglia, mette fortemente in discussione la libertà d'insegnamento nel quadro costituzionale e il diritto universale all'istruzione.
Periodicamente, gli studenti vengono addirittura messi a disposizione delle imprese come lavoratori gratuiti nei famigerati tirocini.
Forse mai, nella storia del nostro Paese, l'istruzione pubblica è stata tanto sfacciatamente asservita al capitale, sacrificata sull'altare del mercato e del profitto. La strada intrapresa dai governi Berlusconi, Prodi, Monti, Letta e Renzi è quella di trasformare le scuole e le università in fondazioni private, con scuole e atenei di serie A e di serie B, in preda ad una concorrenza spietata, in cui i ricchi potranno permettersi i servizi migliori e ai figli del popolo resteranno le briciole. La “Buona scuola”, approvata fregandosene della grande protesta di piazza, a colpi di maggioranza e a scuole chiuse, non è quindi un fatto a sé stante, ma parte integrante del disegno neofascista della P2 teso a cambiare di sana pianta la sovrastruttura del capitalismo.
Un disegno che va fermato immediatamente, ma non contando sul PD che lo sta attuando, bensì sulla lotta nelle scuole, negli atenei e nelle piazze, rilanciando la mobilitazione che a primavera ha riempito le strade di studenti, docenti e lavoratori Ata.
Noi chiediamo che lo sciopero generale annunciato dalla FLC-CGIL per ottobre sia trasformato in uno sciopero generale di otto ore di tutti i sindacati con una grande manifestazione nazionale a Roma per cacciare il governo Renzi.
 

LA LOTTA DEL PMLI
Il PMLI lotta per la scuola e l'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti.
Pubbliche, perché devono essere al servizio del popolo e non delle imprese private, della Chiesa cattolica o di qualsivoglia organizzazione capitalistica o religiosa con i propri fini didattici e pedagogici. Gratuite, perché a tutti deve essere consentito di poter accedere ad ogni grado dell'istruzione indipendentemente dalla propria condizione economica. E soprattutto, governate dalle studentesse e dagli studenti, perché altrimenti nessuna legge dello Stato capitalista le toglierà dal controllo dei potentati economici e politici borghesi. Ciò non significa entrare negli attuali “organi collegiali”, dove gli studenti sono una minoranza priva di potere reale, bensì sostituirli con nuovi organi con poteri vincolanti in cui gli studenti siano la maggioranza, con i docenti e il personale Ata come minoranze, e tutti i componenti siano eletti dalle assemblee generali fondate sulla democrazia diretta. In via preliminare serve abbandonare ogni illusione circa i cosiddetti “organi collegiali”, anche a livello nazionale come il CNSU, creati appositamente per imbrigliare il movimento studentesco e costringerlo ad accettare le regole del gioco del governo, privi in realtà di quel potere effettivo che gli studenti devono invece rivendicare come loro di diritto in quanto principali fruitori della scuola e dell'università.
Si tratta di una lotta di lungo respiro, che dobbiamo fare maturare lavorando all'interno del movimento studentesco. Fin da subito però possiamo proporre di creare organi di governo alternativi, sempre con gli studenti come maggioranza e i docenti e il personale Ata come minoranze.
Dobbiamo batterci quindi per l'abrogazione di tutta la legislazione sull'autonomia scolastica e universitaria e delle controriforme che hanno ridisegnato la scuola e l'università in senso aziendalista e meritocratico, “Buona scuola” in primis, per l'abolizione delle tasse scolastiche e universitarie, per il finanziamento delle scuole e università pubbliche tagliando la spesa militare e chiudendo il rubinetto alle private, per l'abolizione del numero chiuso e di ogni altra limitazione degli accessi e del proseguimento degli studi compreso l'esame di Stato, per il diritto di sciopero, manifestazione e assemblea degli studenti, per la partecipazione studentesca alla definizione dei piani didattici, per l'abolizione dei crediti formativi, per il mantenimento del valore legale del titolo di studio, per la gratuità del materiale didattico e delle ripetizioni anche durante l'anno, per agevolazioni nel vitto, nell'alloggio e nei trasporti, per l'edilizia scolastica e il potenziamento delle strutture, per l'IMU alle scuole cattoliche e l'abolizione dell'ora di religione in quelle pubbliche, perché a tutti gli studenti sia riconosciuto un lavoro dopo il diploma o la laurea. Chiediamo la libertà di frequentazione per tutti gli studenti, affinché sia riconosciuto loro il diritto di partecipare a scioperi e manifestazioni, ma anche di studiare individualmente o visitare in autonomia musei, cinema, teatri e così via.
Rivendichiamo la fine del precariato scolastico e accademico e il superamento dell'odiosa distinzione fra docenti di ruolo e di fatto attraverso un piano di stabilizzazione, da affiancare al rinnovo del contratto nazionale degli insegnanti.
Occorre rivoluzionare il rapporto studenti-docenti. Per noi, lo studente deve avere un ruolo attivo e non passivo, paritario e non subordinato rispetto al docente. Ne consegue che la didattica, i metodi d'insegnamento, i voti devono essere sottoposti al dibattito fra studenti e insegnanti. Ciò richiede il contributo attivo dei docenti progressisti e antifascisti, ai quali facciamo appello affinché aiutino gli studenti ad opporsi alla fascistizzazione ed a conquistare il potere nelle scuole e nelle università, ma anche perché si aprano al marxismo-leninismo-pensiero di Mao ed alla cultura del proletariato e li usino nell'insegnamento per combattere il potere borghese.
La borghesia tratta i giovani da ignoranti, incapaci di autogovernarsi, di responsabilizzarsi e di creare e dirigere alcunchè e li spinge a non dedicarsi ad altro che allo svago, all'individualismo ed all'edonismo, perché teme che potrebbero prendere coscienza che possono fare a meno del governo e delle istituzioni del capitalismo. Il PMLI, formatosi alla scuola di Mao e nato dalle fiamme del Sessantotto, la pensa all'esatto opposto e si batte perché le studentesse e gli studenti siano al centro della scuola e dell'università e perché tutto venga fatto nel loro interesse.
Tutte le istanze di base devono dare grande importanza alla propaganda della linea del Partito sull'istruzione di fronte alle scuole, alle università e nelle manifestazioni studentesche ed alla conquista di nuovi militanti e simpatizzanti studentesse e studenti. Mao ha insistito più volte che: “Ci si può affidare soltanto agli insegnanti e studenti rivoluzionari. (...) Solo chi si trova nelle unità di base in questione è in grado di lottare e di trasformarsi” (21).
Gli studenti marxisti-leninisti devono essere in prima fila nelle battaglie della loro scuola o ateneo, partecipare attivamente alle loro lotte come elementi d'avanguardia riconosciuti e apprezzati, e allearsi con gli altri elementi avanzati per spostare a sinistra l'asse della lotta. Devono acquisire la capacità di spiegare e argomentare la nostra piattaforma scolastica e universitaria legandola ai problemi reali degli studenti con cui sono a contatto, di calarla e farla vivere nelle lotte concrete.
L'esperienza dei grandi movimenti studenteschi ha dimostrato che, restando preda dello spontaneismo, del leaderismo e del frazionismo è impossibile battere il governo e i suoi provvedimenti sull'istruzione, anzi si rischia di bruciare le energie e generare sconforto. Il movimento studentesco può vincere solo mettendo in campo una lotta senza soluzione di continuità, unitaria, fondata sul protagonismo della base e su una piattaforma comune discussa dal basso. È quindi attuale il tema dell'organizzazione del movimento studentesco, che per noi dovrebbe dotarsi di assemblee generali fondate sulla democrazia diretta, alle quali dare il compito di definire collegialmente gli indirizzi politici, programmatici, rivendicativi e organizzativi.
La lotta per cambiare la scuola e l'università deve inserirsi nella più ampia lotta per cambiare complessivamente la società, altrimenti ogni conquista resta momentanea e relativa, come dimostra la stessa esperienza di Mao di cui abbiamo parlato poco fa. Il nostro ruolo di avanguardia cosciente e organizzata del proletariato nella lotta contro il capitalismo che abbiamo assunto dalla storia, ma che dobbiamo meritarci nella pratica, in questo ambito consiste proprio nell'elevare la coscienza politica degli studenti affinché leghino la loro lotta particolare alla lotta generale, sviluppino una coscienza pienamente anticapitalista e orientino le loro giuste lotte sulla base della strategia per il socialismo. In altre parole, dobbiamo convincerli a mettere in discussione il sapere borghese che viene loro impartito e acquisire la concezione proletaria del mondo. “La cultura rivoluzionaria” , spiega Mao, “è per le masse popolari una poderosa arma rivoluzionaria. Prima della rivoluzione, essa prepara ideologicamente il terreno, e, durante la rivoluzione, è un settore necessario e importante del fronte generale rivoluzionario” (22). Ovviamente ciò va fatto per gradi e senza sopravanzare troppo la coscienza politica delle masse studentesche.
Le studentesse e gli studenti più coscienti dovrebbero studiare l'importante esperienza del Sessantotto, quando settori importanti del movimento studentesco denunciavano apertamente la cultura e il sapere borghese, rivendicavano il governo dell'università e praticavano la democrazia diretta ispirandosi al pensiero di Mao sull'istruzione. A riprova che quest'ultimo non è affatto estraneo alla storia del movimento studentesco italiano, ma anzi ha ispirato la fase più importante della lotta di classe in Italia dopo la Resistenza.
 

SPAZZIAMO VIA IL NUOVO DUCE RENZI
Compagne e compagni,
il capitalismo non smette di opprimere e sfruttare i popoli del nostro Paese e dell'intera Unione europea, dove i mercati, le banche, la BCE e il Fondo monetario internazionale continuano a dettare il bello e il cattivo tempo scavalcando persino i governi nazionali. L'esperienza della Grecia ne è una chiara dimostrazione. Ma tutto il male non vien per nuocere, perché con il tradimento di Tsipras sono andati in fumo il suo modello governativo e la cosiddetta “Altra Europa”, sostenuti anche dai riformisti italiani. C'è arrivato perfino Ingroia, già sostenitore della lista “Con Tsipras”, a capire che: “Questa Europa è irriformabile. Va azzerata”. Invece altri esponenti della “sinistra” borghese, come Rodotà e Landini, si ostinano a spargere ancora l'illusione di un'”Europa sociale” da far nascere, chissà come, nelle istituzioni dell'attuale UE. Per noi l'UE imperialista va distrutta e l'Italia ne deve uscire subito. Intanto chiediamo con forza che tutti i paesi dell'UE, a cominciare dall'Italia, aprano le loro frontiere per evitare altre orribili ecatombe di migranti e profughi che ci indignano e addolorano.
In Italia, le condizioni di vita e di lavoro delle masse continuano a peggiorare. Ci sono 8 milioni di poveri, con un aumento del 130% rispetto all'inizio della crisi, la disoccupazione è al 12% e quella giovanile stabilmente oltre il 40%, quasi la metà dei pensionati prende meno di 700 euro al mese. Il “Jobs Act”, imposto dal nuovo duce Renzi a colpi di voti di fiducia, ha esteso le relazioni industriali mussoliniane introdotte da Marchionne in Fiat, ha dato carta bianca ai padroni, ha distrutto il diritto democratico-borghese del lavoro e il potere contrattuale dei lavoratori e dei sindacati, ed ha reso permanente il precariato. Renzi non ha mosso finora nemmeno un dito per liberare il Mezzogiorno dal sottosviluppo e dal caporalato.
La ripresa tanto strillata dai megafoni di regime non si vede, anzi i giovani disoccupati hanno toccato il record del 44,2%. E comunque, quand'anche ci fosse una ripresa, essa nascerebbe dalle macerie dei diritti dei lavoratori, compresi i precari, dei pensionati e degli studenti.
Giunto al governo grazie ad un intrigo dai toni massonici e piduistici per far cadere Letta e ricattare Napolitano, come hanno rivelato le intercettazioni del generale Adinolfi pubblicate dal Fatto Quotidiano del 10 luglio, Renzi in appena due anni ha realizzato ciò che nemmeno Berlusconi aveva potuto, grazie anche all'impotenza cronica della cosiddetta “opposizione interna” e soprattutto alla pressoché totale passività del vertice della CGIL, incluso Landini. Oltre alla controriforma del lavoro, ha esautorato definitivamente il parlamento con l'Italicum fascistissimum; si è lanciato all'attacco dei lavoratori pubblici; ha messo la mordacchia ai magistrati con la responsabilità civile dei giudici; minaccia la sanità pubblica; in politica estera, assistito dal ministro della guerra Gentiloni, punta alla crociata contro lo Stato Islamico ed ad una nuova impresa coloniale in Libia, avventure che fanno solo gli interessi dell'imperialismo italiano ma che mettono in pericolo il nostro popolo.
Tutto ciò conferma che Renzi è la reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini, Craxi e Berlusconi. Il suo è un regime in tutto e per tutto neofascista che non tollera il dissenso, sia esso interno o protesta di piazza, e che accentra tutto il potere nell'esecutivo. Va buttato giù prima che possa blindarsi per vent'anni con conseguenze disastrose per le masse lavoratrici e le libertà democratico-borghesi. Bisogna mettere in campo una forte e tenace opposizione sociale nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università, in tutti gli altri luoghi di lavoro, nei movimenti di lotta, nelle piazze per abbattere il governo del nuovo duce. Senza appiattirsi sui referendum abrogativi che, nei sogni di imbroglioni politici e astri nascenti del riformismo come Civati e Landini, dovrebbero sostituire la lotta di classe, di piazza e di massa e finirebbero invece per lasciare ampi spazi e tempi al governo.
A tale proposito, il compagno Giovanni Scuderi ha recentemente indicato: “Il proletariato italiano, deideologizzato e decomunistizzato dall'opera ultracentenaria dei revisionisti e dei riformisti, ha perso nel tempo la sua coscienza di classe rivoluzionaria, di classe per sé, il cui compito è quello di emanciparsi dal capitalismo e di conquistare il potere politico, che peraltro gli spetta di diritto in quanto produce l'intera ricchezza del Paese. Un diritto che esso deve rivendicare con forza e imporlo con la rivoluzione socialista armata, quando avrà accumulato le forze necessarie, a milioni, per estromettere dal potere la borghesia e instaurare il socialismo.
“Ciò corrisponde all'ABC del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, che è la cultura del proletariato nata in lotta e in contrapposizione col liberalismo che è la cultura della borghesia, ancora adesso dominante nel nostro Paese. Il proletariato deve quindi necessariamente e doverosamente riappropriarsi della sua storica cultura per sottrarsi all'influenza della cultura borghese, che gli viene propinata dai falsi capi operai con artifici, inganni e nuove forme, per comprendere appieno quali sono i suoi compiti immediati e a lungo termine, per lottare come classe generale e per dare un carattere rivoluzionario alla lotta di classe. Ne ha bisogno anche per evitare di cadere nelle trappole degli agenti della borghesia, i riformisti di sinistra, i falsi comunisti e i trotzkisti, che gli impediscono di uscire dal pantano del capitalismo.
“Vedi le varie proposte organizzative oggi in campo, di cui la più insidiosa è la coalizione sociale riformista di Maurizio Landini, che il proletariato deve studiare attentamente sulla base dei suoi interessi, della sua cultura e dei suoi compiti e obiettivi di classe. Analizzandole da questo suo punto di vista di classe, non tarderà a capire che tutte queste nuove proposte non mettono in discussione il capitalismo e il potere della borghesia e delle sue istituzioni, e che considerano invalicabili i confini della Costituzione democratica borghese, capitalista e anticomunista del '48, anche se ormai è stata fatta a brandelli. Soprattutto si renderà conto che nessuna di esse mette al centro il proletariato e la sua egemonia, ossia la sua direzione in tutti i campi.
“Che senso avrebbe allora per il proletariato aderire a una qualsiasi di tali proposte? Non gli rimane che valutare la proposta del PMLI” .(23)
Alle lavoratrici e ai lavoratori, in primo luogo alle operaie e agli operai, proponiamo: venite con noi per combattere il sistema capitalista che vi licenzia, delocalizza le fabbriche, vi taglia gli stipendi e vi toglie i diritti conquistati al prezzo di dure e sanguinose lotte mentre il 10% delle famiglie più ricche detiene il 46% della ricchezza.
A chi è di sinistra, soprattutto a chi si ritiene sinceramente comunista, proponiamo: abbandonate le illusioni di chi da oltre vent’anni vi racconta che il capitalismo è riformabile tramite governi di “sinistra” finendo per consegnarvi il nuovo duce Renzi e dedicate invece il vostro impegno alla conquista dell’Italia unita, rossa e socialista unendovi al PMLI come militanti o simpatizzanti.
Ma il nostro appello più appassionato lo rivolgiamo alle giovani e ai giovani, a partire dalle studentesse e dagli studenti: il mondo vi appartiene, ma il capitalismo e il governo Renzi vi stanno strappando il futuro a colpi di disoccupazione, precariato e attacchi all’istruzione pubblica, in nome del profitto di pochi borghesi, finanzieri e politicanti corrotti. Non dovete permetterglielo! Fate vostra l'esortazione di Mao ad “osare pensare, osare parlare, osare agire, osare attaccare e osare fare la rivoluzione” (24)! Prendete saldamente in mano il vostro futuro e dedicate la vostra energia, il vostro coraggio, il vostro infinito entusiasmo alla conquista di un mondo senza più sfruttamento, povertà, disoccupazione, guerre e disuguaglianze di classe. Questo mondo è possibile e si chiama socialismo.
Con Mao per sempre contro il capitalismo per il socialismo!
Aiutiamo le studentesse e gli studenti a conquistare il potere nelle scuole e nelle università!
Lavoriamo affinché le ragazze e i ragazzi di sinistra apprezzino e applichino la linea del PMLI sull'istruzione e nel movimento studentesco!
Spazziamo via il governo del nuovo duce Renzi!
Avanti con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista!
Con i Maestri e il PMLI vinceremo!
 
NOTE
1) Scuderi, Prefazione a Mao, Sulla lotta contro il revisionismo moderno , 26 dicembre 1973, pp. XIII-XIV.
2) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito Comunista Cinese sul lavoro di propaganda , 12 marzo 1957, in Opere scelte , Einaudi, vol. 5, p. 590.
3) Lenin, Punto del programma relativo all'istruzione pubblica , febbraio 1919, in Opere complete , Editori Riuniti, vol. 30, p. 116.
4) Marx-Engels, Manifesto del Partito comunista , dicembre 1847-gennaio 1848, Piccola biblioteca marxista-leninista, Firenze 1998, p. 46.
5) Marx, La guerra civile in Francia , 1871, in Opere scelte , Editori Riuniti, p. 905.
6) Lenin, I compiti delle unioni della gioventù , 2 ottobre 1920, in Opere scelte , Ed. Lingue estere, Mosca 1948, vol. 2, p. 648.
7) Mao, Discorsi alla Conferenza di Yan'an sulla letteratura e l'arte , in Opere scelte , Ed. Lingue estere, Pechino 1973, vol. 3, pp. 67-68.
8) Mao, Il lavoro degli studenti , 1 dicembre 1919, in Inventare una scuola. Scritti giovanili sull'educazione ”, Manifestolibri, Roma 1996, pp. 85-87.
9) Mao, Manifesto di fondazione dell'Università autodidattica dello Hunan , agosto 1921, op. cit., p. 128.
10) Mao, Conversazione con Edgar Snow , 18 dicembre 1970.
11) Mao, Dedica all'Università antigiapponese , 1939, in Il presidente Mao sulla rivoluzione dell'istruzione , dicembre 1967.
12) Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo , 27 febbraio 1957, Piccola biblioteca marxista-leninista, Firenze 1998, p. 29.
13) Mao, Rettificare la nostra politica sulla letteratura e l'arte , 14 luglio 1975.
14) Mao, direttiva del 7 maggio 1966.
15) Mao, Verbale della conversazione con Mao Yuanxin , 5 luglio 1964, in op. cit.
16) Mao, citato nell’articolo Una scuola di tipo nuovo che unisce la teoria alla pratica , in “Bandiera rossa” n. 4/1968.
17) Mao, Nota e modifiche all'articolo: “La classe operaia deve dirigere tutto” , agosto 1968.
18) Mao, Verbale della conversazione con Mao Yuanxin , cit.
19) Mao, direttiva del 22 luglio 1968.
20) Lenin, Discorso alla conferenza dei comitati per l'istruzione politica presso le sezioni provinciali e distrettuali della pubblica istruzione , 1920, Opere complete , cit., vol. 31, p. 348.
21) Mao, Fare affidamento sulla base , 21 luglio 1966, su “Il Bolscevico” n. 20/2013.
22) Mao, Sulla nuova democrazia , gennaio 1940, in Opere scelte , cit., vol. 2, p. 399.
23) Scuderi, Che il proletariato prenda in mano la situazione , Editoriale per il 38° Anniversario della fondazione del PMLI, su “Il Bolscevico” n. 14/2015.
24) Mao, Direttiva alla III Sessione plenaria del IX CC della Lega della Gioventù comunista , aprile 1966.

6 settembre 2015