La polizia del governo fascista di Orban li carica e li confina nella stazione di Budapest mentre completa la costruzione del muro lungo 175 km alla frontiera
Migranti respinti e marchiati come nei lager
A Vienna manifestano 20 mila antirazzisti contro la politica xenofoba delle autorità europee
Basta muri, stragi e deportazioni: la Ue apra le frontiere ai migranti

 
Dopo che un fiume umano di migranti a piedi aveva preso il via il 4 settembre dalla capitale ungherese diretto verso Austria e Germania, scavalcando il blocco costruito dalla polizia del governo fascista di Orban alla stazione Keleti, i governi di Berlino e Vienna decidevano una parziale apertura delle frontiere per permettere l'ingresso nel loro territorio ai migranti e ai rifugiati siriani. Il blocco dei migranti in fuga messo in piedi dall'Unione europea imperialista era già in parte fallito in agosto in Macedonia al confine con la Grecia, rotto dalla pressione dei profughi; la stessa fine che faceva il secondo blocco in Ungheria e nella vicina Repubblica ceca dove i migranti erano marchiati come nei lager. Il muro si sgretolava anche per una crescente solidarietà che nasceva nei popoli europei verso i migranti, alimentata dallo sdegno per una serie di morti, dai 71 trovati il 27 agosto all'interno di un camion abbandonato in Austria al piccolo siriano Aylan di tre anni raccolto sulla spiaggia di Bodrum in Turchia.
Il 30 agosto almeno 20 mila manifestanti sfilavano a Vienna contro la politica xenofoba delle autorità europee e a favore dei diritti dei rifugiati; il corteo partiva dalla stazione ferroviaria di Westbahnhof, dove iniziavano a arrivare i primi migranti, e percorreva la Mariahilferstrasse fino al Museumsquartier, davanti al monumento dedicato nel 2000 a Markus Omofuma, il giovane africano morto soffocato sull’aereo per il cerotto sulla bocca messo dalla polizia durante il volo di espulsione da Vienna.
Dopo il via libera di Austria e Germania, l'Ungheria faceva ripartire i treni dalla stazione di Budapest verso i due paesi e significative erano le iniziative della popolazione ungherese e austriaca che con auto private accompagnava i migranti che si erano incamminati lungo il loro percorso. Nella prima settimana di settembre erano almeno ventimila i migranti arrivati a Monaco mentre altri 5 mila raggiungevano la Macedonia dalla Grecia, la maggior parte siriani, alimentando il flusso lungo quella via di fuga dalla guerra in territorio europeo raggiunta a partire dalla Turchia che si aggiungeva alle vie di ingresso in Europa già utilizzate nel Mediterraneo da Lampedusa a Ceuta e Melilla.
Il flusso dei profughi in particolare siriani e iracheni in fuga dalla guerra cresceva nel mese di agosto e trovava un blocco sostanziale nell'Ungheria del governo fascista di Orban che in previsione dell'evento aveva già dato il via alla costruzione del muro di filo spinato lungo 175 km della frontiera con la Serbia; muro completato a metà settembre e controllato da soldati in armi. L'Ue aveva lasciato fare. Il flusso dei migranti superava la frontiera ma era bloccato alla stazione di Kelesi a Budapest, dove i migranti cercavano di salire sui treni diretti nel nord europa. La polizia ungherese li confinava nella stazione e a colpi di manganello li indirizzava su treni che li portavano in centri di accoglienza che erano delle prigioni. Il portavoce del governo ungherese spiegava che la stazione era stata chiusa perché il governo di Budapest applicava la normativa Ue che richiede agli extracomunitari che vogliano muoversi all'interno dell'area Schengen di aver un passaporto riconosciuto e un visto. Che i profughi non hanno.
Quelli che riuscivano a passare oltre la frontiera con la Repubblica ceca venivano fermati nella cittadina di Breclav dove la polizia di Praga metteva in atto delle vere e proprie retate, una caccia al migrante che si concludeva col fermo e il contrassegno con un numero sul braccio; una marchiatura stile nazista. Una sequenza di eventi inaccettabile che alimentava sdegno verso i governi fascisti e la Ue e solidarietà per i migranti.
Si svegliava persino l'Onu col suo segretario generale Ban Ki-moon che invitava i leader europei a "essere la voce di chi ha bisogno di protezione" e elogiava coloro che hanno espresso preoccupazione "per la crescente xenofobia, discriminazione e violenza contro o migranti e i rifugiati in Ue".
Toccava all'italiana Federica Mogherini, l'Alto Rappresentante per la politica Estera Ue, annunciare che la Commissione avrebbe presentato "nuove proposte che vanno nella direzione di una maggiore responsabilità e una maggiore solidarietà degli europei e tra noi europei. È arrivato il momento di mostrare che siamo capaci di quei valori di solidarietà, di pace, di promozione e rispetto dei diritti umani, anche al di fuori delle nostre frontiere".
Come al solito a smuovere la Ue era la Germania che annunciava di stanziare 6 miliardi di euro per richiedenti asilo e rifugiati. Ma non per tutti. "Quelli che non hanno necessità di protezione" affermava la Merkel "dovranno tornare indietro". La Germania "è pronta" ad agire nell'emergenza migranti affermava la cancelliera, ma è "necessaria una distribuzione equa" nei paesi Ue.
Il fronte anti rifugiati era sempre guidato dall'Ungheria di Orban che bocciava ancora una volta il sistema delle quote di spartizione dei rifugiati in discussione alla Commissione; "noi, in Ungheria - affermava Orban - conviviamo da secoli con i rom, ma non vogliamo convivere con musulmani. È un'altra cultura, e gli ungheresi non vogliono questa presenza". Una posizione razzista condivisa dal primo ministro slovacco Roberto Fico che si diceva disposto ad accoglierne duecento ma soltanto siriani cristiani. Repubblica ceca e Polonia completano il cosiddetto gruppo di Visegrad che nella Ue si distingue per le posizioni razziste e fasciste.
Ma nei fatti è tutta la Ue imperialista che ha una posizione anti immigrati che tra l'altro alimenta le stragi, con la politica di presidio delle frontiere e di respingimento dei migranti, con la costruzione di muri, con le deportazioni nei lager. Occorre che la Ue apra le frontiere ai migranti, non solo a tempo determinato e solo a quelli siriani. Come devono cessare l'intervento imperialista, le ingerenze se non la partecipazione alle crisi e alle guerre regionali che alimentano coi profughi il flusso comunque inarrestabile dei migranti.
In un servizio della televisione Al Jazeera, un ragazzo siriano in attesa di partire dalla stazione di Budapest diceva a un poliziotto: "La polizia non ama i siriani in Serbia, in Macedonia, in Ungheria o in Grecia. Fermate la guerra e non verremo in Europa". ''Fermate la guerra e noi non veniamo'', una constatazione che i governi imperialisti europei vogliono deliberatamente ignorare.
Se ce ne fosse bisogno lo ha confermato il 7 settembre il presidente francese Hollande che in conferenza stampa annunciava di aver "chiesto al ministro della Difesa di organizzare da domani voli di ricognizione sulla Siria, in vista di eventuali raid contro lo Stato islamico". "In Siria - affermava Hollande - vogliamo sapere cosa si prepara contro di noi e cosa si fa contro la popolazione siriana. Per questo ho deciso di inviare questi aerei, in coordinamento con la coalizione". Basterebbe che chiedesse ai servizi francesi che da anni organizzano in Siria dei gruppi armati contro il regime di Assad dopo che la decisione di Parigi di scaricare bombe su Damasco era stata stoppata dall'opposizione in particolare della Russia. Hollande è tra i protagonisti delle ingerenze e degli interventi imperialisti nella regione, e in particolare nella ex colonia siriana, è quindi quantomeno corresponsabile dello stato di guerra che ha spinto alla fuga milioni di porfughi. Niente di meglio che scaricare ogni colpa sullo Stato islamico e cogliere anche questa occasione per giustificare l'escalation militare.
 
 
 

16 settembre 2015