Le masse in piazza per l’assassinio del giovane Gennaro Cesarano
Napoli in mano alla camorra. E De magistris sa solo militarizzare la città
Occorrono lavoro e riqualificazione delle periferie urbane
 
Redazione di Napoli
 
L’estate a Napoli è stata forse una delle più sanguinose sul fronte della delinquenza organizzata negli ultimi anni, con la camorra che ha rialzato la testa nella maggior parte dei quartieri popolari e periferici, con morti ammazzati, ripresa del racket e dominio incontrastato del territorio. Nuovi gruppi criminali che cercano di farsi spazio in città per prendere il posto dei vecchi clan oppure per contrastarli in una guerra sanguinosa: dalle scorribande armate nelle piazze della movida, a tre omicidi nel centro storico in pochi giorni fino agli avvertimenti a colpi di sventagliate di kalashnikov e granate al Rione Traiano, a Soccavo e alla Loggetta, nella zona Ovest. E lo dice con forza anche il giornalista napoletano anticamorra Arnaldo Capezzuto: “E’ mattanza a Napoli”.
Protagonisti delle guerre che si stanno consumando, in particolare a Forcella e Ponticelli, sono soprattutto giovani, molti dei quali minorenni, che sono caduti praticamente a decine dall’inizio dell’anno, nella completa indifferenza delle istituzioni locali e nazionali in camicia nera. Basti pensare all’omicidio del giovane boss del clan emergente Emanuele Sibillo, 19 anni, ammazzato nei vicoli del rione di Forcella il 2 luglio scorso nella nuova faida per la spartizione del centro storico che lo vede avverso all’altro clan sanguinario dei Mazzarella. Nella periferia orientale si sta, invece, svolgendo una guerra già da diversi mesi e che a settembre ha raggiunto l’acme con sparatorie, avvertimenti ed omicidi. Nel mirino dei killer finisce Antonio Simonetti, 30 anni, che cade in via Camillo De Meis, nel quartiere di Ponticelli, ammazzato da due sicari che gli esplodono sei colpi di pistola al torace ed alla testa.
L’allarme – almeno di facciata – sembrava aver scosso le istituzioni borghesi in camicia nera; ma nella solita attesa sul cosa fare meglio e sul predisporre i mezzi necessari per contrastare efficacemente la camorra emergente e sanguinaria, accadeva un fatto gravissimo nella nuova faida che scoppiava nel rione sanità. Nella notte tra sabato 5 e domenica 6 settembre arrivano in piazza San Vincenzo alla Sanità, in sella a due moto, alcuni sicari che, con armi in pugno, sparano all’indirizzo del 17enne Gennaro Cesarano, colpendolo alle spalle e al petto e uccidendolo sul colpo. Significativa e combattiva la risposta del quartiere Sanità che scendeva in piazza con centinaia, per lo più giovani, con uno striscione che apriva il corteo, “No alla camorra”, e slogan tra i quali si ribadiva che Gennaro era vittima innocente come Annalisa Durante. A guidare la protesta e ad accusare le istituzioni locali è stato padre Alex Zanotelli che, poi, durante l’omelia ha pronunciato parole di condanna contro la criminalità organizzata, invitando gli abitanti del rione ad alzare la testa: “Dio non manderà nessuno a salvarci, toccherà a noi. Popolo della Sanità, dobbiamo dire basta”. Il legale della famiglia Cesarano, Marco Campora, ha ribadito con forza l’estraneità del diciassettenne alla criminalità organizzata. “Questa cerimonia partecipatissima e la stessa autorizzazione a funerali pubblici – ha detto l’avvocato – confermano che l’iniziale ipotesi investigativa su un coinvolgimento di Genny in vicende criminali non ha alcun riscontro”.
Alla sete di giustizia e di vita richiesta dalle masse popolari, le istituzioni borghesi nazionali e locali in camicia nera si limitavano alla solita ricetta dell’invio a Napoli di 50 tra poliziotti e carabinieri da parte del ministro dell’Interno Angelino Alfano, operativi da lunedì 14 settembre, cui è seguita la replica positiva anche del nuovo governatore Vincenzo De Luca in ordine al provvedimento repressivo. La militarizzazione del territorio, con l’invio eventuale di altri rinforzi, era ben accolta dalla giunta antipopolare del neopodestà De Magistris, presenti nel corteo nell’indifferenza delle masse per coprirsi e giustificarsi dopo aver sottovalutato gravemente la questione camorra e aver abbandonato in cinque anni i quartieri popolari e periferici. Si contrariava Roberto Saviano che attaccava direttamente il governo del neoduce Renzi e del suo gerarca Alfano, ma non dispensava critiche a De Magistris: “Cinquantaquattro telecamere e 50 poliziotti sono provvedimenti che così declinati non serviranno. Dopo la tragedia arrivano i proclami. E poi nulla cambierà”. Seguiva uno scambio livoroso e senza esclusione di colpi con l’ex pm che, dalla trasmissione “Uno Mattina”, affermava: “Saviano racconta che c’è la paranza dei bambini. Ma questo è un termine che io non accetto. Napoli non è Baghdad e non è ostaggio di questi criminali - aggiungeva De Magistris - quello che è accaduto è gravissimo, nessuno lo sottovaluta. Però mai come oggi c’è una sinergia fortissima tra forze dell’ordine, prefettura, Comune e persone perbene. Chiedo allo Stato di garantire più risorse, più forze dell’ordine, più soldi per le politiche sociali”. Durissima la sortita di Saviano: “Non è facile governare Napoli ed è evidente che non è un compito alla portata di De Magistris. È imbarazzante ascoltarlo, sembra vivere su un altro pianeta. Il sindaco è a corto di parole e di progetti. Si attacca morbosamente alle cifre sul turismo in crescita e non vede ciò che accade a due passi da lui. Le persone hanno paura di uscire di casa, si spara ovunque e lui chiede a noi di tacere e, ancora una volta, di raccontare il bello?”, si chiede l’autore di Gomorra, aggiungendo: “Da Napoli il bello è fuggito, se n’è andato. Il bello ha lasciato il posto alla paura perché si spara e non per colpire, ma per intimidire, per terrorizzare. A Giugliano un bambino di 9 anni è stato ferito mentre era sul balcone da una scheggia di una pallottola vagante. Ma di cosa stiamo parlando?”. Nel commento di Saviano non manca un riferimento a Vincenzo De Luca: “Si maschererà dicendo che è in carica da troppo poco tempo, chiederà arresti e metterà telecamere Ma si fa ancora più severo il giudizio sulle parole del sindaco «quando dice che i bambini sono la cosa più bella del mondo e che sentir parlare di “paranza dei bambini” lo avvilisce. Quanta colpevole e stupida superficialità – continua lo scrittore - se i bambini sparano e se a loro si spara, forse, è perché gli adulti per troppo tempo hanno giocato con il fuoco”. Anche il giornalista anticamorra Capezzuto sulle colonne de “Il fatto quotidiano” dell’8 settembre se in precedenza aveva difeso l’azione del governo arancione, sembrava invece essere molto critico con l’esecutivo attuale: “La più grande catastrofe di questi ultimi 20 anni non è stata l’emergenza rifiuti ma l’aver dimenticato almeno due generazioni di giovani. Averli deliberatamente abbandonati, ghettizzati e spinti nelle braccia delle camorre che somigliano sempre più a bande improvvisate di gangster gomorroidi”. Un j’accuse che da tempo noi marxisti-leninisti stiamo lanciando per il vergognoso abbandono dei quartieri e delle periferie urbane, senza alcun piano di lavoro per i giovani che diventano carne da macello della camorra organizzata. Responsabilità che ricadono politicamente sulla giunta del narcisista megalomane De Magistris che non ha voluto approntare un progetto o un piano per riqualificare i quartieri popolari, cominciando dal centro e finendo alle periferie, abbandonando al loro destino le masse popolari e i giovani, soprattutto nelle zone Est e Ovest dove le faide camorristiche insanguinano le strade di Napoli da ormai più di un anno. Costui ha turlupinato i napoletani per carpirne il voto con la promessa di una svolta radicale con le precedenti amministrazioni comunali della destra e della “sinistra” borghese e poi si è rivelato per un parolaio e un imbroglione che non ha alzato un dito contro la disoccupazione, ha finito per aggravare l'abbandono dei rioni popolari e delle periferie urbane, favorendo così la camorra che ha avuto terreno fertile per radicarsi ancor di più e spadroneggiare impunemente.

16 settembre 2015