Intesa tra Putin e Netanyau a Mosca
Con l'accordo militare con Israele l'imperialismo russo rafforza la sua presenza nel Medioriente

 
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente russo Vladimir Putin hanno raggiunto un accordo militare che dovrebbe permettere di evitare problemi e "malaugurati incidenti" in Siria, dove è sempre più massiccio il sostegno militare russo al presidente Bashar al-Assad. L'intesa era annunciata da un comunicato da parte israeliana dopo l'incontro tra i due a Mosca del 22 settembre con la delegazione di Tel Aviv formata dal capo dell'intelligence e da quello dell'esercito.
"Sono qui per la complicata situazione nel campo della sicurezza, che sta diventando sempre più complessa. Israele e la Russia hanno interessi comuni, assicurare la stabilità nel Medio oriente", affermava il premier sionista, "la discussione è stata sostanziale. È stato raggiunto un accordo per un meccanismo congiunto per prevenire fraintendimenti tra le nostre forze armate". E mentre i primi droni dell’aviazione di Mosca cominciavano i loro voli di perlustrazione su Damasco, Latakia, Tartus, Putin tranquillizzava l’ospite accettando la proposta sionista per impedire "malaugurati incidenti" tra le rispettive truppe ormai distanti tra loro solo poche decine di chilometri. Saranno i rispettivi comandi militari, di “Tzahal” e dell’esercito russo, a gestire la collaborazione militare su autorizzazione e controllo politico da parte dei rispettivi leader.
Lo sviluppo della presenza militare russa in Siria rappresenta una novità che la principale potenza militare della regione, quella degli imperialisti sionisti abituati a fare il bello e il cattivo tempo, non poteva ignorare. Subito comunque Netanyahu chiariva che l'accordo aveva il via libera degli Usa affermando che "tutti i particolari di questa missione russa sono stati riferiti a Washington, nostro fondamentale alleato". E Putin assicurava che le forze aeree israeliane potevano continuare a agire indisturbate sui cieli della Siria, dato che il compito del suo intervento militare è limitato alla difesa del presidente Assad. In sostanza Mosca non limiterà in alcun modo la libertà di azione dell’aviazione sionista che ha colpito in Siria dove e quando ha voluto negli ultimi anni, prendendo di mira presunti convogli di armi destinate a Hezbollah e presunte “postazioni filo iraniane” a ridosso del Golan siriano occupato. Una frontiera, quella con la Siria, che non diventerà calda, ha assicurato Putin affermando che "nella situazione in cui si trova, Assad non ha proprio alcuna voglia di aprirsi un secondo fronte".
Putin spiegava che Damasco è sommersa da problemi talmente enormi che non ha interesse ad aprire un secondo fronte di guerra con Israele "ma comprendo le vostre preoccupazioni", aggiungeva per sottolineare che la Russia terrà in piena considerazione le esigenze di “sicurezza” dell'entità sionista. "La Russia agirà in Medio Oriente in maniera responsabile", chiosava il presidente russo al termine dell’incontro, soprattutto a riguardo della sicurezza dello Stato "dove vive un grande numero di ex cittadini sovietici".
L'immagine di Putin e Netanyahu seduti fianco a fianco con alle spalle il caminetto in una sala privata del Cremlino rappresentava l’intesa raggiunta e la registrazione di come l'imperialismo russo si sia guadagnato un ruolo da protagonista nella regione mediorientale. Alla alleanza storica col regime siriano, che garantisce a Mosca anche la permanenza di una importante base militare nel Mediterraneo, ha affiancato nel tempo quella con l’Iran e infine ha costruito il legame con Tel Aviv con il "meccanismo di coordinamento militare" per almeno non pestarsi i piedi nell'affollato scenario siriano che negli stessi giorni contava l'ingresso anche degli aerei francesi impegnati nei raid promessi da tempo da Hollande.
Da metà settembre almeno un ponte aereo russo ha scaricato nella base siriana di Latakia truppe e decine di mezzi blindati; nella base i soldati sono almeno 3 mila, e ad Hana dove gestiscono un campo profughi. Numeri rivelati dalla stampa russa, che il Cremlino non ha smentito, che mostrano l'escalation interventista dell'imperialismo russo in Siria. Mosca, una volta stoppata l'aggressione preparata da Usa e Francia nel settembre 2013, ha preso sotto tutela il regime di Assad che riusciva a contenere l'attacco dell'opposizione finanziata e addestrata dai pesi imperialisti occidentali e dai paesi arabi reazionari ma non quella dello Stato islamico che nasceva proprio nelle regioni orientali della Siria.
L'obiettivo minimo di Putin è rimasto il controllo di una parte della Siria con o senza Assad, quella con il porto di Tartus, unica base della marina di Mosca nel Mediterraneo. Una soluzione che potrebbe star bene anche a Tel Aviv; ai sionisti l'alleanza con la Russia può servire a controbilanciare la crescita della concorrente potenza egemonica locale, l'Iran di Rohani, dopo l'intesa sul nucleare pilotata dagli Usa. Putin incassa e si propone anche come leader di una nuova coalizione contro lo Stato islamico, viste le difficoltà di quella guidata dall'imperialismo americano.

30 settembre 2015