Contributo dei marxisti-leninisti al dibattito studentesco su un'importante parole d'ordine della Rete della Conoscenza
“Vogliamo potere”

 
Varcando le soglie dei loro istituti nei primi giorni di settembre, le studentesse e gli studenti sono entrati in una scuola profondamente diversa da quella che avevano lasciato prima delle ferie estive. Grazie alla legge 107 – la “Buona scuola”, la scuola in cui studiano deve cercarsi da sola i finanziamenti per sopravvivere, ricorrendo a “benefattori” privati che, come sta già avvenendo, condizioneranno poi i programmi didattici secondo ciò che più conviene ai propri profitti. I presidi sono diventati dei manager ai quali spetta anche l'assunzione degli insegnanti, con la facoltà di estromettere quelli scomodi e dissidenti, come se si trattasse di un'azienda privata modello Marchionne. Gli studenti stessi saranno tenuti a prestare lavoro gratuito presso le aziende, magari quelle dei finanziatori dei loro istituti, poco importa se avranno attinenza con il loro curriculum didattico. Infine, persino quelle poche briciole di “rappresentanza” che avevano negli “organi collegiali”, sono state loro tolte. Tutt'altro che una buona scuola, insomma: è una scuola pessima, fascistizzata, aziendalizzata, messa alla mercè del capitalismo, che scivola pericolosamente verso la privatizzazione.
L'approvazione della 107 in estate quindi non comporta assolutamente la fine di questa battaglia, anzi, richiede che si rilanci, si estenda, si intensifichi e si rafforzi. Ecco perché bisogna dare forza alla mobilitazione di studenti, docenti e lavoratori Ata che si sta riaprendo contro la “Buona scuola”. Una lotta che includa, fra le varie forme che vorrà darsi discutendole collettivamente, boicottaggi dei processi di valutazione, dell'elaborazione del piano dell'offerta formativa e dei progetti di alternanza scuola-lavoro a sfavore degli studenti, lotta contro i dispositivi attuativi, presidi, picchetti, occupazioni delle scuole, scioperi di categoria e scioperi generali, può riuscire in prima battuta a bloccare l'attuazione della “Buona scuola”, ma anche a raggiungere l'obiettivo più strategico di sconfiggere la “riforma” e ottenerne il ritiro.
Le studentesse e gli studenti marxisti-leninisti ci sono e faranno la loro parte, cercando anzitutto di contribuire al dibattito all'interno del movimento studentesco e della mobilitazione anti-“Buona scuola”. Crediamo che questo sia il metodo giusto per mettere dialetticamente a confronto le rispettive posizioni e far progredire correttamente la lotta comune.
Ci sembra utile cominciare con il documento della Rete della Conoscenza (UdS e Link) sul titolo: “Siamo in credito, vogliamo potere!”, che costituisce l'appello della mobilitazione studentesca del 9 ottobre, per la quale speriamo un pieno successo.

L'appello per il 9 ottobre
Tale documento è significativo innanzitutto perché attacca il governo Renzi su “Sblocca Italia”, “Jobs act” e “Buona scuola” e respinge il “ricatto del debito” affermando che “siamo in credito: di diritti, di risorse, di democrazia”, ma principalmente perché delinea una piattaforma rivendicativa in tre punti per la mobilitazione del 9 ottobre.
La prima rivendicazione è particolarmente degna di nota perché chiede “scuole e univeristà di tutti e per tutti”, “una formazione aperta, gratuita e realmente di tutte e tutti, luoghi di formazione autogovernati democraticamente e un altro modello di didattica e vautazione”; inoltre attacca “i veri nemici del cambiamento”, “coloro i quali, Governo in primis, vogliono subordinare la conoscenza agli interessi a breve termine dei privati e dei potenti”. Molto importante è anche il terzo punto, “per la democrazia e contro l'autoritarismo”, dove si pretende “che venga riconosciuto un reale protagonismo a studentesse e studenti in scuole e università e sui territori”.
Ci sembra invece più confusa la seconda rivendicazione, “per il welfare universale e un reddito contro la precarietà e le disuguaglianze economiche e culturali”. Pur essendo naturalmente a favore dell'introduzione di nuovi e maggiori strumenti per il diritto allo studio, oltre che del rafforzamento di quelli attuali, ci sembra spinga verso il reddito di cittadinanza. Non abbiamo qui lo spazio per ribadire la nostra posizione in merito, che però può essere letta nel recente articolo Anziché chiedere il reddito di cittadinanza lottiamo per il lavoro a tutti i disoccupati (“Il Bolscevico” n. 34 del 24.9.2015 e sul sito del PMLI). Ci limitiamo a dire che la proposta del reddito non è molto diversa dalle “ipotesi familiste, assistenzialiste e legate all'accettazione di lavori precari, sottopagati e incongruenti con i percorsi formativi e di vita” giustamente denunciate dal documento.

Il potere. Quale?
Il cuore e l'aspetto più importante dell'appello stanno però nel suo titolo: “Vogliamo potere”. Affrontare la questione del potere è una novità assoluta non solo per i movimenti studenteschi dell'ultimo decennio (potremmo dire da Moratti in poi), ma anche per tutte le mobilitazioni studentesche successive al Settantotto e Settantasette.
La questione però non è stata affrontata in modo chiaro e del tutto maturo, in quanto il potere è “inteso come verbo e non sostantivo: poter studiare, poter scegliere il nostro futuro, poter vivere una vita dignitosa, poter cambiare collettivamente la nostra condizione di subalternità”. Tutti diritti che vanno assolutamente riconosciuti alle studentesse e agli studenti, ma il documento non si pone una questione fondamentale, quella del potere nelle scuole e nelle università.
Secondo noi, è necessario prima di tutto conquistare il potere inteso non come verbo né come sostantivo astratto, bensì come governo effettivo della scuola. Bisogna quindi rivendicare una scuola non solo pubblica e gratuita, ma anche governata dalle studentesse e dagli studenti, perché altrimenti nessuna legge dello Stato capitalista le toglierà dal controllo dei potentati economici e politici borghesi. Ciò non significa entrare negli attuali “organi collegiali”, dove gli studenti sono una minoranza priva di potere reale, bensì sostituirli con nuovi organi con poteri vincolanti in cui gli studenti siano la maggioranza, con i docenti e il personale Ata come minoranze, e tutti i componenti siano eletti dalle assemblee generali fondate sulla democrazia diretta. In via preliminare serve abbandonare ogni illusione circa i cosiddetti “organi collegiali”, anche a livello nazionale come il CNSU, creati appositamente per imbrigliare il movimento studentesco e costringerlo ad accettare le regole del gioco del governo, privi in realtà di quel potere effettivo che gli studenti devono invece rivendicare come loro di diritto in quanto principali fruitori della scuola e dell'università. È un obiettivo strategico, nel frattempo si possono creare organi di governo alternativi, sempre con gli studenti come maggioranza e i docenti e il personale Ata come minoranze, che facciano da contraltare degli attuali organi di governo scolastici e accademici.
Sarebbero maturi i tempi per dare vita alle assemblee generali delle studentesse e degli studenti, o almeno per sperimentarle, sia come luogo dove eleggere, revocare e stabilire la linea dei rappresentanti nei suddetti organi di governo alternativi, sia come luogo unitario e democratico dove elaborare gli indirizzi politici, programmatici e organizzativi, i metodi e le iniziative del movimento. Quale occasione migliore della lotta contro la “Buona scuola”, che mira a cancellare ogni spazio democratico e di rappresentanza studentesco?

L'opposizione sociale e il cambiamento
Nel movimento studentesco e anti-“Buona scuola” si fa strada sempre più la consapevolezza, che noi appoggiamo calorosamente, per cui è necessario costruire un'opposizione sociale al governo Renzi ed a tutte le sue politiche. Lo stesso appello del 9 ottobre afferma di “costruire uno spazio molto più ampio di mobilitazione … con un'alternativa reale, radicale e concreta all'esistente”. Se ne è parlato anche all'assemblea di Bologna del 6 settembre, con la partecipazione fra gli altri delle principali organizzazioni studentesche e sindacali di categoria, prospettando interventi su “Jobs act, riforme istituzionali e legge elettorale, difesa del territorio”, sia pure prettamente su un piano referendario che noi giudichiamo insufficiente. Voci avanzate chiedono che allo sciopero generale della scuola segua lo sciopero generale di tutte le categorie.
Ormai è chiaro a tutti che le politiche di macelleria sociale e di austerity spillano lacrime e sangue solo ai lavoratori, ai disoccupati, ai pensionati mentre garantiscono i lauti profitti del grande capitale e dell'alta finanza. Ma lottare contro queste politiche e i governi che le attuano non basta, se non si va alla radice del problema, che è il sistema economico capitalistico. È il capitalismo che ha bisogno di questo genere di politiche per sopravvivere, l'altare sul quale il governo Renzi, l'Ue e soci sacrificano il diritto al lavoro e all'istruzione e le libertà democratico-borghesi. Il vero cambiamento passa da una svolta rivoluzionaria della lotta di classe, dall'abbattimento del capitalismo e dalla conquista del potere politico da parte del proletariato e del socialismo, ovvero dell'unica reale, radicale e concreta alternativa. Intanto va cacciato il governo Renzi, che sta cambiando tutta la sovrastruttura democratico-borghese del capitalismo italiano secondo i piani fascisti della P2.

30 settembre 2015