Non tenendo conto del giudizio della giunta per l'immunità
Il PD salva dall'arresto il senatore Azzollini
Il prezzo pagato al NCD per la sopravvivenza del governo del nuovo duce Renzi
Renzi difende l'imputato e attacca la procura di Trani

Il 30 luglio il governo Renzi ha salvato dall'arresto il boss del NCD Antono Azzolini: presidente della commissione Bilancio del senato; ex sindaco di Molfetta e in tale veste già indagato per una gigantesca truffa relativa alla bonifica e ristrutturazione del porto di Molfetta (si veda Il Bolscevico n. 14/2015), colpito nel giugno scorso, insieme ad altre nove persone, da un nuovo provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere spiccato dalla procura della Repubblica di Trani titolare dell'inchiesta sul crac da 500 milioni della casa di cura “Divina Provvidenza” con sede a Bisceglie (provincia di Barletta-Andria-Trani), Foggia e Potenza.
Con una vergognosa giravolta di 180 gradi e senza precedenti nella storia del parlamento italiano, il PD pur di salvare Azzollini, è arrivato a sconfessare perfino i suoi stessi senatori membri della giunta per le Immunità del Senato che appena tre settimane prima, insieme M5S e Lega, avevano votato a favore dell'arresto di Azzollini.
L'8 luglio infatti il voto era finito 13 a 7 e Azzollini, difeso soltanto da FI, Socialisti e NCD, era stato costretto a dimettersi immediatamente dalla presidenza della commissione Bilancio scatenando di conseguenza la rabbiosa reazione del boss del NCD Alfano che pur di salvare il suo picciotto dalle patrie galere è arrivato a minacciare la crisi di governo.
Tanto è bastato a Renzi e al PD per dare il via a una vergognosa retromarcia innescata dal capogruppo Luigi Zanda che prima ha inviato una lettera ai senatori del suo partito invitandoli a votare “secondo coscienza” e poi in aula ha imposto il voto segreto.
I voti del PD sono risultati fondamentali per il salvataggio di Azzollini. Infatti su 302 voti disponibili, le preferenze contrarie all’arresto sono state 189, mentre 96 sono risultate quelle favorevoli e 17 gli astenuti. Considerato che i voti a disposizione di Area Popolare (Ncd – Udc), Forza Italia, Gal, Autonomie ( e cioè dei partiti che avevano anticipato l’intenzione di votare contro l’arresto Azzollini) sono in totale 128, almeno 60 senatori del PD, e cioè la metà del gruppo parlamentare, ha votato contro la richiesta d’arresto e contro i loro stessi colleghi senatori che in Giunta avevano votato per l'arresto.
Altro che voto “secondo coscienza”!
Renzi ha barattato la sopravvivenza del suo nero governo col salvataggio di Azzollini e la stragrande maggioranza dei senatori PD hanno accettato di prostituirsi al NCD per salvarsi il culo e la poltrona.
Ma a destare ancora più rabbia sono le motivazioni, espresse dal senatore NCD Nico D’Ascola nella sua relazione contraria all'arresto, in base alle quali i senatori PD si sono lasciati convincere che Azzollini sia “vittima” del fumus persecutionis dei magistrati di Trani e quindi non va arrestato perché “si deve qui giungere alla conclusione secondo la quale esigenze cautelari così affievolite non possono concorrere a delineare un quadro di assoluta inderogabilità”. In altre parole il PD ha salvato Azzollini perché: in base ai gravi reati contestati dalla procura, gli arresti domiciliari appaiono una misura troppo debole e quindi tanto vale lasciarlo libero di continuare a delinquere. Tant'è che subito dopo il voto Azzollini ha dichiarato: “Non me l’aspettavo: ho dormito poco”. Dopo aver evitato per un soffio la galera: “Posso solo dire che sono soddisfatto”.
Lo scandalo della Divina Provvidenza è il risultato di tre anni di indagini della Procura della Repubblica di Trani, che hanno dimostrato il perché della bancarotta fraudolenta della casa di cura per malati psichici sulla cui pelle si è giocato un vorticoso spreco di denaro pubblico, assunzioni clientelari, bilanci falsificati, stipendi e consulenze d'oro, utilizzo di risorse non finalizzate alla cura dei malati.
E pensare che la relazione di Dario Stefàno (Sel), presidente della giunta e relatore della proposta favorevole all’arresto di Azzollini, è rimasta immutata dalla Giunta al Senato. Così come pure quella di D’Ascola, contraria all'arresto e originariamente battezzata come “relazione di minoranza” che poi l'ha spuntata su Stefàno che a sua volta da infame opportunista ha giustificato la giravolta del PD in quanto: “l'Aula è sovrana. Il suo voto va rispettato e quale presidente di un organo di garanzia come la Giunta ribadisco come non spetti a me fare alcuna valutazione. Voglio soltanto difendere il lavoro svolto e dire che anche in questo caso è stata dimostrata la sua autonomia".
Un invito a nozze per Renzi che ha difeso a spada tratta l'imputato e come i suoi maestri Mussolini, Craxi e Berlusconi ha attaccato a testa bassa la procura di Trani affermando fra l'altro che: “Io credo alla buona fede dei senatori e deputati. Il Parlamento non è un passacarte della procura di Trani”, ma, aggiungiamo noi, un “parco buoi” completamente asservito al nuovo regime neofascista e al nuovo Mussolini Renzi!

7 ottobre 2015