Renzi, Pinotti e Mattarella indossano l'elmetto
I Tornado italiani pronti a bombardare l'IS in Iraq
Cacciamo il governo imperialista e interventista del nuovo duce Renzi

La notizia, lanciata il 6 ottobre da Il Corriere della Sera , che i Tornado italiani impiegati finora per missioni di ricognizione stavano per svolgere anche “azioni di bombardamento nelle zone dell'Iraq selezionate di comune accordo con il comando americano”, ha sollevato il solito polverone di mezze smentite, che suonavano in realtà come conferme da parte del governo: “Stiamo valutando con gli altri partner ulteriori ruoli dei Tornado”, dichiarava infatti ambiguamente la ministra della Difesa, l'ex scout ed ex pacifista no-global Roberta Pinotti, che in giornata aveva appena accolto nella base Usa di Sigonella il capo del Pentagono, Ash Carter, che poi ha incontrato anche Mattarella al Quirinale. “Sull'Iraq – confermava sempre ambiguamente il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni nell'audizione davanti alle commissioni congiunte Esteri e Difesa del Senato - c'è una discussione con gli alleati sul modo migliore per partecipare all'operazione, ma una cosa è certa: L'Italia non ha preso nuove decisioni sull'utilizzo dei nostri aerei. E se dovesse prenderle, il governo coinvolgerebbe il parlamento”.
Era evidente dunque che la decisione di alzare il livello dell'intervento italiano contro lo Stato islamico in Iraq, passando dalle missioni di ricognizione aerea e “illuminazione” di obiettivi per altri bombardieri, a quelle di bombardamento diretto di obiettivi dell'IS a terra, era già stata presa dal governo Renzi, e che il quotidiano di via Solferino non aveva fatto altro che anticiparla. Restava solo da capire se su ordine del governo stesso, per sondare le reazioni politiche e preparare l'opinione pubblica ad un'escalation dell'impegno militare in Iraq, oppure, come alcune fonti hanno ipotizzato, se il quotidiano fosse stato imbeccato dai vertici militari, segnatamente dell'aeronautica, per fare pressione sul governo per avere un ruolo più attivo nella coalizione imperialista internazionale e per stoppare un eventuale taglio del 3% alla Difesa ventilato recentemente da Padoan nel quadro della legge di Stabilità in preparazione.
Questa seconda ipotesi, affacciata anche da Francesco Vignarca della Rete Disarmo, si basa in particolare su una frase dell'articolo del Corriere , in cui si affermava che il passaggio dei nostri 4 Tornado dalle ricognizioni ai bombardamenti costituirebbe “un salto di qualità” già auspicato dallo stesso quotidiano milanese in altri interventi del 9 e del 28 settembre. Come se questi interventi fossero stati cioè suggeriti da ambienti militari. E se l'ipotesi è vera ci sarebbe da porsi domande inquietanti sul grado di controllo diretto dei grandi media borghesi da parte dei servizi segreti militari. Cosa che, comunque, nel caso specifico del CdS non stupirebbe più di tanto, visti i suoi trascorsi con la P2.
Un impegno già promesso a Obama
Sia come sia, Renzi, Pinotti e Mattarella hanno calzato subito l'elmetto mostrandosi pronti a questo nuovo “salto di qualità” interventista, e anche l'impegno a sottoporre preventivamente tale decisione al parlamento è solo una foglia di fico che non costa nulla, dato che un eventuale parere contrario delle camere non è vincolante su questioni del genere. Si dice anzi che l'impegno ad alzare il livello del nostro coinvolgimento in Iraq contro l'IS sia stato promesso da Renzi ad Obama già il 29 settembre durante il vertice sul terrorismo tenutosi a margine dei lavori dell'Onu, anche se di questo il premier non aveva fatto cenno, limitandosi a confermare l'impegno, anch'esso sollecitato da Obama, di mantenere ancora le nostre truppe in Afghanistan.
Altre fonti dicono invece che siano stati il governo e i vertici militari a sollecitare addirittura una richiesta Usa in tal senso, per avere una copertura politica ad una decisione già presa autonomamente. Potrebbe anche essere, visto che tutti gli osservatori concordano sul fatto che di per sé l'impiego dei 4 Tornado italiani non farebbe una gran differenza nel conflitto in atto in Iraq. Invece avrebbe indubbiamente un elevato valore politico per il governo italiano, in relazione soprattutto a due fatti, uno a lunga e l'altro a breve scadenza: il primo è la richiesta italiana di un seggio non permanente nel Consiglio di sicurezza dell'Onu a partire dal 2017; il secondo è il disegno, ribadito dal nuovo duce Renzi anche all'assemblea dell'Onu, di guidare la missione militare contro la Libia, sotto l'ombrello della “comunità internazionale” e la copertura politica della foglia di fico di una “richiesta” di aiuto da parte di un futuro “governo di unità nazionale” in quel Paese.
E' proprio, guarda caso, subito dopo l'intervento di Renzi al Palazzo di vetro, e in singolare concomitanza con la notizia che un accordo per la costituzione di un tale governo sarebbe stato raggiunto tra le varie fazioni libiche, sotto la mediazione dell'inviato dell'Onu Bernardino Leon, che è venuta fuori la notizia della decisione, anticipata dal Corriere , di far partecipare gli aerei italiani ai bombardamenti contro l'IS in Iraq. E anche Carter, nell'incontro con Mattarella, ha confermato che gli Usa sarebbero disponibili a riconoscere all'Italia “un ruolo di punta” in Libia. Nello scenario suddetto tale decisione sarebbe quindi una “merce di scambio” politico per ottenere il decisivo appoggio americano alla missione italiana in Libia, che è quello che sta veramente a cuore all'imperialismo italiano.
Questo spiega anche l'apparente contraddizione col rifiuto di Renzi di partecipare ai bombardamenti in Siria, dove i cieli sono sovraffollati e la agguerrita concorrenza francese e britannica oscurerebbe un nostro intervento forzatamente limitato, mentre lo stesso intervento condotto in Iraq, su richiesta del governo fantoccio iracheno, a parità di costi avrebbe una cornice “legale” (quindi più digeribile dal parlamento e dal Paese) e un ritorno politico ben più evidente.
Decisione “congelata” ma non annullata
Questi sono dunque i reali termini della questione. E non c'è da farsi fuorviare dalla scelta del governo di “congelare” per adesso ogni decisione in merito, cosa che appare in realtà un fatto scontato: primo perché dalle reazioni “sondate” e col parlamento impegnato ad approvare la delicata partita della controriforma costituzionale e subito dopo la legge di bilancio, al governo non conviene aggiungere subito altra materia conflittuale allo scontro in atto. Dal suo blog Grillo aveva infatti subito attaccato la decisione annunciata dal Corriere come “un atto di guerra, e come tale dovrebbe essere discussa e approvata dal parlamento”, e aveva chiamato in causa anche il “dormiente” Mattarella.
Secondo perché la missione di guerra in Libia non è ancora matura, e sembra che stia ritornando in forse anche l'accordo per formare un “governo di unità nazionale”. Da qui appunto il “congelamento”, ma non comunque la cancellazione della decisione di armare i bombardieri. Il nuovo duce lo ha confermato l'11 ottobre alla trasmissione di Rai3 “Che tempo che fa”, quando sulla decisione di bombardare l'Iraq ha detto: “Non è all'ordine del giorno. La decisione non è presa. In linea di principio che si possa intervenire con le armi in certe situazioni è un dato di fatto, ma la situazione irachena non ha queste caratteristiche, almeno per il momento”.
Quindi per ora i bombardamenti sono solo rinviati, in attesa che maturino le condizioni per farli valere al tavolo della santa alleanza imperialista anti-IS in cambio della missione di guerra contro la Libia guidata dall'Italia: una riedizione del “migliaio di morti da gettare sul tavolo della pace” con cui Mussolini fece entrare l'Italia nella Seconda guerra mondiale, e che espone il nostro Paese e il nostro popolo alle legittime rappresaglie dei combattenti islamici antimperialisti vittime dei progettati bombardamenti italiani! Il nostro popolo si deve rifiutare di fare, come allora, da carne da cannone per le ambizioni espansioniste e neocolonialiste dell'imperialismo italiano! E il miglior modo per farlo è quello di cacciare via il governo imperialista e interventista del nuovo duce Renzi.
 

21 ottobre 2015