Il Censis conferma la privatizzazione della sanità
Il 41% degli italiani rinuncia alle cure
Ma Renzi taglia ancora la sanità

Le lunghe liste di attesa nella sanità pubblica e i costi proibitivi in quella privata costringono quasi una famiglia su due a rinunciare alle cure mediche e diagnostiche.
È questa la drammatica situazione in cui versa la sanità pubblica ormai di fatto privatizzata dal governo del nuovo duce Renzi e del suo ministro alla salute Beatrice Lorenzin.
A certificarlo è il Bilancio di sostenibilità del Welfare italiano del Censis e le varie ricerche delle associazioni dei consumatori realizzate per il forum Ania-consumatori e pubblicate il 20 ottobre.
Nel complesso, secondo i dati Censis, circa metà delle famiglie italiane ha dovuto rinunciare in un anno ad almeno una prestazione di welfare, dalla sanità all’istruzione al socioassistenziale al benessere.
“I numeri sono consistenti – sottolineano gli studiosi del Censis - poiché oltre ai quasi nove milioni di italiani che nel 2014 hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie si registra che sono il 10,9% le famiglie in cui uno o più membri hanno dovuto rinunciare e/o rinviare almeno una prestazione legata all'istruzione/formazione; il 5,9% sono invece le famiglie con almeno un minore e/o un anziano non autosufficiente che dichiarano di avere uno o più membri che hanno dovuto rinunciare ad una o più prestazioni di tipo socioassistenziale; mentre il 14,8% sono i nuclei familiari, in cui almeno un componente ha dovuto rinunciare e/o rinviare una o più prestazioni di benessere”.
A farne le spese sono soprattutto le masse popolari dei comuni più poveri, con al massimo diecimila abitanti situati prevalentemente nelle regioni del Sud e Isole “dove è oltre il 59% delle famiglie ad essere state razionate di fatto nel welfare” mentre nel Sud e Isole la percentuale raggiunge il “57% tra le famiglie monogenitoriali e i Millennials”, ossia i giovani tra i 18 e i 34 anni.
Dunque, sottolineano ancora al Censis “non sorprende che anche in relazione alla rinuncia o al rinvio delle varie prestazioni di welfare emerga esplicitamente dai dati rilevati la sussistenza di un effetto regressivo. Infatti, nel dettaglio di alcune prestazioni sanitarie: si registra un 13% di famiglie in cui almeno un membro ha dovuto rinunciare a visite sanitarie specialistiche private, valore che sale al 41,3% tra le persone a basso reddito; per l’odontoiatria le quote sono rispettivamente del 14,2% come dato medio e del 32,3% per le persone a basso reddito; per gli accertamenti diagnostici si passa dal 7,5% dato medio generale a quasi il 29% per i bassi redditi”.
Non solo: “I cittadini – evidenziano ancora al Censis - pagano di tasca propria il 18% della spesa sanitaria totale: oltre 500 euro procapite all'anno, mentre nell'ultimo anno, al 32,6% degli italiani è capitato di pagare prestazioni sanitarie o di Welfare 'in nero'”.
I dati sono confermati anche dalle ricerche delle associazioni dei consumatori alle quali risulta che oltre il 21% dei pazienti ha pagato senza fattura o ricevuta visite medico specialistiche, il 14,4% visite odontoiatriche e l'1,9% prestazioni infermieristiche. Nel Meridione "il 41% degli intervistati ha pagato prestazioni in nero".
Le associazioni dei consumatori evidenziano inoltre che i circa 3 milioni di pazienti italiani non autosufficienti pesano nel complesso sui bilanci delle famiglie per oltre 10 miliardi e ben il 53,6% degli intervistati dichiara che su questo fronte la copertura dello stato sociale si è fortemente ridotta nel corso degli ultimi anni.
"Questo – spiega Pina Onotri, segretario generale Smi-Sindacato medici italiani - è il risultato di anni di definanziamento del Sistema sanitario nazionale. Si assite a uno smantellamento della Sanità pubblica. Il sistema non ha più finanziamenti pubblici, ma non è neanche capace di autofinanziarsi. Anche chi è disposto a pagare per una visita, viste le liste di attesa, alla fine si rivolge alle strutture private. Nel 2015 c'è stato un taglio di ulteriori due miliardi e 350 milioni di euro rispetto all'anno precedente. I cittadini hanno pagato 33 miliardi di euro di tasca propria, con un incremento di 1 miliardo rispetto al 2014".
Non c'è da meravigliarsi, aggiunge Costantino Troise, segretario di Anaao-Assomed, l'associazione dei medici dirigenti, che ricorda come: “Già l'Istat ha certificato l'esistenza del 10% della popolazione che non accede alle cure per motivi economici e il rischio di impoverimento delle famiglie per eventi sanitari. La sopravvivenza della sanità pubblica non è più scontata perché il continuo taglio ai finanziamenti comporta una riduzione della quantità e qualità delle prestazioni erogate. La stessa spesa per il ticket è arrivata a 3 miliardi di euro, cresciuta soprattutto nelle regioni del Sud, costituendo un ulteriore ostacolo all'accesso al sistema delle cure".
Infatti a maggio nel Rapporto annuale l'Istat aveva rilevato che “in quattro province su nove più di 13 persone su 100 rinunciano a curarsi, mentre la media italiana è del 9 per cento. Un problema, ricorda l'Istituto di statistica, in gran parte dovuto all'introduzione dei ticket e di quote di compartecipazione alla spesa a carico dei cittadini”.
Insomma, per dirla con le parole del presidente di Noiconsumatori.it, l'avvocato Angelo Pisani: “Pur pagando le tasse più alte d'Europa gli italiani sono costretti a ricorrere alla sanità privata se vogliono salvarsi la vita. Ma non tutti hanno i mezzi per farlo. E' una vergogna!».
E la situazione purtroppo è destinata a peggiorare nei prossimi anni visto che nel disegno di legge di stabilità 2016 approvato il 15 ottobre scorso dal Consiglio dei ministri, Renzi e Lorenzin hanno inserito ulteriori tagli al fondo del Sistema sanitario nazionale per 1,8 miliardi nel 2016, 3,98 miliardi nel 2017 e ben 5,48 miliardi nel 2018 e nel 2019.

28 ottobre 2015