Come aveva invocato il Pentagono
Obama manda soldati in Siria per combattere lo Stato islamico

 
Mentre il 30 ottobre a Vienna i delegati di Stati Uniti, Russia, Unione Europea, Onu, Iran, monarchie del Golfo, Turchia, Egitto, Libano e Giordania si incontravano per la prima volta per rinsaldare la santa alleanza imperialista contro lo Stato Islamico e lavorare per un governo di transizione in Siria il presidente americano Barack Obama annunciava l’invio di una cinquantina di soldati delle forze speciali nel paese mediorientale. La ragione era spiegata dal Segretario di Stato Usa John Kerry che sottolineava come l'amministrazione americana fosse impegnata a intensificare "gli sforzi diplomatici per mettere fine al conflitto” e per “intensificare la lotta a Daesh (lo Stato islamico, ndr)".
Il portavaoce della Casa Bianca, Josh Earnest, spiegava invece il motivo del ripensamento di Obama che finora si era detto contrario all'invio di truppe di terra: quella di adesso "è una situazione diversa. Lui disse di non essere pronto a inviare truppe di terra per far cadere Assad per non commettere lo stesso errore dell’amministrazione precedente con Saddam Hussein”. Ora l'obiettivo è diventato quello di combattere lo Stato islamico.
Secondo quanto precisato da fonti del Pentagono il compito del contingente da inviare in Siria sarebbe quello di "consigliare e assistere" le formazioni anti Assad nel combattere l'Is. Le forze speciali saranno dispiegate nel nordest del paese dove "non resteranno per molto tempo e non svolgeranno grandi missioni di terra su larga scala come quelle viste in Iraq e in Afghanistan", non avranno un ruolo da combattimento. Non sarebbe quindi un cambiamento della strategia Usa ma solo "uno spostamento" limitato affermano, una decisione probabilmente forzata dall'escalation interventista dell'imperialismo russo.
In ogni caso sarà la prima volta che ufficialmente le truppe dell'imperialismo americano si troveranno sul terreno in Siria, in concorrenza con quelle già schierate da Putin e dall'Iran che sostengono il regime di Assad; tutti uniti comunque contro l'Is.
La decisione di Obama di mandare soldati sul terreno era stata praticamente annunciata alcuni giorni prima attraverso delle veline di stampa dal Washington Post che riferiva delle pressioni esercitate dal Pentagono su diversi consiglieri presidenziali sulla sicurezza nazionale per modificare una politica di intervento contro l'Is risultata finora fallimentare. I vertici militari a loro volta erano stati chiamati in causa dal segretario alla Difesa Ashton Carter perché elaborassero nuovi piani su un maggior coinvolgimento militare degli Usa in Iraq, Afghanistan e Siria per rispondere alla prepotente entrata in scena della Russia di Putin sul fronte siriano. Ed era stato proprio Carter in una audizione del 28 ottobre alla Commissione Forze armate del Senato a Washington a annunciare a breve l’inizio di “operazioni" contro l'Is in Siria e Iraq sia con “attacchi aerei dal cielo” che con “azioni dirette sul terreno”; sul modello del blitz di pochi giorni prima compiuto dalle forze americane e dai curdi iracheni in una cittadina a sud di Kirkuk, in Iraq, per liberare ostaggi curdi in mano all’Is durante il quale era morto un marines americano.
Infine il 2 novembre era il comandante della Us Navy, l'ammiraglio John Richardson, a raccontare al Financial Times le sue preoccupazioni per la massiccia presenza delle navi russe anche nel Mediterraneo. "La loro flotta sottomarina e le loro navi sono attive come non lo sono mai state da lungo tempo, almeno 20 anni" in tutti i mari del mondo, dichiarava l'ammiraglio che si poneva il problema di come "mantenere un appropriato equilibrio delle forze". E annunciava che nel Mediterraneo intanto il Pentagono starebbe prendendo seriamente in considerazione l'idea di aumentare la presenza di navi da guerra e sotttomarini.

4 novembre 2015