Respingere l'appello di Renzi all'unità imperialista contro lo Stato islamico
Lo accolgono invece i riformisti di SEL-Sinistra italiana, che plaudono al “ruolo dell'Italia nella coalizione anti Daesh”
La guerrafondaia Pinotti: “Bombardare non è un tabù”

“Chiedo a tutte le forze politiche di avere il massimo della responsabilità. Questo è il tempo in cui bisogna stare uniti”, ha detto subito dopo gli attentati di Parigi il presidente del Consiglio Renzi, rivolgendo ai partiti e al Paese un appello all'unità intorno al governo nella guerra al “terrorismo”. Un appello che ha ufficializzato in maniera istituzionale poche ore dopo nella riunione da lui convocata a Palazzo Chigi con i capi di tutti i gruppi parlamentari di Camera e Senato, alla presenza dei ministri dell'Interno, Angelino Alfano, degli Esteri, Paolo Gentiloni, e della Difesa, Roberta Pinotti, del direttore dei servizi segreti, Mussolo, e dei sottosegretari De Vincenti e Minniti.
“Faccio appello alla responsabilità di tutti noi, su come ci poniamo di fronte a questa nuova sfida che durerà anni. L'opinione pubblica è scossa e deve sentire l'Italia unita. Siamo un Paese forte che ha sconfitto terrorismo interno e stragi di mafia. Vinceremo anche questa sfida”, ha detto il nuovo duce rivolto soprattutto ai rappresentanti dell'opposizione. E per dare più solennità al suo appello patriottardo, ha sottolineato che “compito di chi governa è quello di dire con chiarezza agli italiani che non abbiamo minacce circostanziate ma l'attacco di Parigi è un cambio di passo della minaccia terroristica in Occidente”. Infine ha annunciato che nella legge di Stabilità saranno stanziate risorse aggiuntive per la sicurezza, dicendosi aperto anche ad altre richieste parlamentari.
Al di là di certe distinzioni di tono propagandistico fatte da Lega e Forza Italia, dalle dichiarazioni finali emerge che nel suo complesso questo vertice, alquanto irrituale e dallo svolgimento semisegreto, ha accolto favorevolmente e ha fatto proprio l'appello all'unità di Renzi. Il capogruppo PD alla Camera, Ettore Rosato, ha parlato infatti di una “riunione propositiva”, aggiungendo che “le preoccupazioni sono analoghe in tutte le forze politiche. C'è una sensibilità comune”. Sulla stessa lunghezza d'onda, se non addirittura ancor più esplicito, il giudizio di Arturo Scotto, rappresentante del nuovo gruppo parlamentare SEL-SI, formato dal partito di Vendola e dai transfughi piddini di Sinistra Italiana, che ha definito “molto utile” l'incontro, perché, ha spiegato, c'è stata "una riflessione unitaria tra le forze politiche: ora è il momento della responsabilità, occorre evitare strumentalizzazioni come quelle che sono apparse nel corso delle ultime ore a partire da alcune frasi che sanno di sciacallaggio”.
Disponibilità ad accogliere l'appello di Renzi è stata manifestata anche dal Movimento 5 Stelle, che con il suo capogruppo Giorgio Sorial ha chiesto anzi che “vengano ripristinati sin da subito i tagli che il governo ha fatto al comparto della sicurezza e alle forze dell'ordine perché è chiaro che ogni uomo in divisa deve essere messo in grado di compiere il proprio lavoro e difendere i cittadini”.

 

La tattica falsamente “responsabile” di Renzi
Da parte sua il premier ha continuato a battere sul tasto dell'unità nazionale anche dal G20 in Turchia, rivolgendosi di nuovo a tutte le forze politiche “perché non ci siano divisioni e liti, ci sono valori fondamentali su cui bisogna stare uniti”. L'unità tra i partiti serve, ha aggiunto con studiato tono drammatico, “ad affrontare una sfida per la quale occorreranno mesi e anni”, e a questo proposito ha minacciato il “pugno duro per chi non rispetta le regole del nostro Paese” .
Allo stesso tempo faceva sfoggio di “ragionevolezza”, quasi a volersi distinguere dalla reazione visceralmente bellicosa del presidente francese Hollande, che in quelle stesse ore davanti al parlamento riunito a Versailles dichiarava la “guerra totale” con bombardamenti “spietati” allo Stato islamico (IS), annunciando anche modifiche alla Costituzione per ottenere poteri straordinari sullo stato di guerra e interventi armati all'estero. Ed ecco quindi Renzi dichiarare che “la risposta della comunità internazionale deve essere frutto di una strategia, non di una reazione. La reazione ha prodotto disastri come in Libia”; che “non può esserci una reazione di pancia. La reazione deve essere di cuore e di testa”; che “bisogna mettere da parte toni che non servono, non c’è bisogno di divisioni ma di unità”, e via di questo passo.
Solo una tattica, in realtà, la sua: che da una parte è funzionale alla sua politica di riconciliazione con la Russia di Putin, per tirarla ufficialmente dentro la coalizione imperialista internazionale contro l'IS e far cessare le sanzioni che penalizzano anche le nostre esportazioni, e dall'altra per tenere al riparo il nostro Paese, almeno per la durata del Giubileo, dalle prevedibili rappresaglie dell'IS conseguenti ad un impegno militare più diretto dell'Italia in Siria e Iraq sul tipo della Francia. Inoltre serve anche ad evitare il più possibile divisioni all'interno del PD e con il M5S, proprio nel momento fra l'altro in cui deve essere approvato il decreto di rifinanziamento di tutte le missioni militari all'estero, che prevede un aumento da 97 a 118 milioni al mese per tutto il 2016.
Anche per questo Renzi ha voluto evitare una votazione sulla posizione del governo sui fatti di Parigi, e ha inviato in parlamento Gentiloni e Alfano solo per un'”informativa” del governo, a cui sono seguite solo brevi dichiarazioni dei capigruppo, peraltro tutte sostanzialmente all'insegna dell'imperante spirito di unità nazionale contro la “minaccia terroristica”. Se non di una vergognosa copertura a sinistra della furbesca tattica renziana, come l'intervento del rappresentante di SEL-SI Claudio Fava, che ha auspicato “una strategia complessiva, una risposta che non sia solo militare” (sic); e “non per un pregiudizio etico” verso i bombardamenti, ha voluto precisare, ma perché serve soprattutto “prevenzione”, un lavoro di “intelligence, e quindi una cooperazione che per adesso non esiste tra le centrali di intelligence in Europa”.

 

Le parole e i fatti
Non si deve perciò dare credito alle dichiarazioni “responsabili” del neoduce Renzi sulle reazioni da adottare in risposta agli attentati di Parigi. Esse servono solo a mascherare tatticamente un allineamento nella sostanza a quelle guerrafondaie e imperialiste di Hollande, Obama, Cameron e Putin, e l'unità nazionale pelosa che egli invoca è diretta a trascinare col massimo consenso possibile il Paese in una guerra allo Stato islamico, cominciando col capeggiare l'intervento militare in Libia.
Le parole non contano, specie quelle di un bugiardo di professione come lui, ma contano i fatti: e i fatti sono la recente decisione di mantenere e aumentare il contingente Italiano in Afghanistan sulla semplice richiesta di Obama. Sono il conseguente sblocco da parte del Pentagono dei micidiali missili per armare due dei sei droni a disposizione della nostra aviazione militare (e a quale scopo se non per missioni di bombardamento già in preparazione?). Sono il rifinanziamento delle missioni militari per oltre 1,2 miliardi che sta per essere approvato in questi giorni. Sono la dichiarazione di Gentiloni alla Camera, salutata anche dai calorosi applausi di SEL-SI, che nonostante che non partecipi per ora ai bombardamenti in Siria e Iraq, “L'Italia in questo contesto fa la sua parte ed è – e lo dobbiamo dire con orgoglio perché abbiamo centinaia di nostri militari impegnati in questo lavoro – una parte importante nella coalizione anti Daesh”.
E i fatti sono anche le dichiarazioni della guerrafondaia Pinotti rilasciate al “Messaggero”, che alla domanda se l'Italia farà la sua parte anche bombardando con i Tornado, ha testualmente risposto: “non abbiamo deciso. Decideremo insieme al Parlamento, occorre la condivisione, il coinvolgimento di tutte le forze politiche. Tutto il paese deve sentirsi unito come in passato negli anni di piombo, in questa sfida terribile del terrorismo. Se l'alleanza di cui facciamo parte decide che quello è l'elemento più utile per mettere in sicurezza la popolazione irachena, i bambini, le donne, i vecchi, e distruggere i depositi di munizioni, può essere uno strumento. Non è un tabù e non è detto che in futuro non lo riterremo necessario”.
Occorre perciò che gli autentici antimperialisti e gli amanti della pace, della libertà e dell'autodeterminazione dei popoli, dell'indipendenza e della sovranità dei paesi, respingano al mittente l'appello del nuovo duce Renzi all'unità contro lo Stato islamico, se non vogliono fare il gioco dell'imperialismo e permettere che l'Italia sia trascinata in una guerra sciagurata che esporrebbe il nostro popolo alle inevitabili ritorsioni dei combattenti islamici antimperialisti.
Devono resistere all'asfissiante propaganda bellicista e antislamica che sta sommergendo il Paese, e ragionando con la propria testa comprendere, come spiega il comunicato stampa dell'Ufficio politico del PMLI sugli attacchi terroristici a Parigi, che “è la barbarie dell'imperialismo che genera barbarie”, e che il contributo più grande che il popolo italiano possa dare alla lotta universale contro l'imperialismo e la barbarie è quello di opporsi ad ogni atto interventista e guerrafondaio del governo imperialista del nuovo duce Renzi.
 
 
 

18 novembre 2015