Continua la rivolta contro la “Buona scuola”
Migliaia di studenti in piazza per lo sciopero generale dei “sindacati di base” del 13 novembre e per la “giornata dello studente” del 17 novembre. Annunciate nuove occupazioni. Cariche poliziesche a Napoli e Milano. Solidarietà del PMLI
serve un unico grande movimento studentesco per battere la “buona scuola” e fermare la guerra imperialista

Le studentesse e gli studenti sono tornati in piazza in tutta Italia per far sentire forte e chiara la loro opposizione alla “Buona scuola” e dire a Renzi e Giannini che la protesta non è assolutamente finita, anzi, si sviluppa e si rilancia a livello nazionale come in tante situazioni locali, prendendo ora di mira anche la legge di stabilità, che prevede 660 milioni di tagli all'istruzione pubblica.
 
Lo sciopero del 13 novembre
Migliaia di studentesse e studenti sono scesi in piazza venerdì 13 novembre, in occasione dello sciopero generale della scuola proclamato da Cobas, Unicobas, Anief e Cub per chiedere la “stabilizzazione di tutti i precari” e “risorse vere, non elemosine, per il rinnovo contrattuale”. Una giornata estremamente importante, insomma, perché si trattava dell'unico sciopero della scuola convocato contro la legge 107 e la legge di stabilità, in netta contrapposizione alla passività del vertice della CGIL. A Roma lo sciopero è stato portata fin sotto il ministero dell'Istruzione in viale Trastevere da 7mila docenti e studenti, ma il governo, con il solito piglio mussoliniano, se n'è fregato della piazza e ha addirittura accusato studenti e insegnanti di scioperare “contro le assunzioni” (così la deputata Malpezzi).
Secondo Cobas Scuola, con un'adesione del 25% nonostante il boicottaggio dei principali sindacati (CGIL, CISL, UIL, Snals e Gilda), sono stati “un ottimo sciopero e una bellissima manifestazione” che hanno mandato “un segnale chiaro al governo e anche a quei lavoratori/trici che oggi sono andati a scuola: la partita contro la cattiva scuola di Renzi non è terminata”.
Come già era avvenuto il 2 ottobre, contro gli studenti scesi in piazza nel resto d'Italia si è scatenata la furia repressiva delle “forze dell'ordine”, poste a difesa dei palazzi del capitale e del governo. A Napoli gli studenti sono stati manganellati perché si stavano dirigenti verso la Confindustria partenopea e due ragazzi di 18 e 22 anni sono stati portati in questura e denunciati per resistenza, violenza e manifestazione non autorizzata. Lo stesso trattamento è stato riservato a Milano al corteo studentesco che marciava dietro lo striscione “Contro gerarchie e scuole azienda, resistiamo alla buona scuola”, brutalmente caricato non appena ha tentato di raggiungere la locale sede del MIUR; un insegnante di 50 anni e una ragazza di appena 18 sono stati feriti alla testa.
Tramite un tempestivo comunicato, pubblicato sul numero scorso de Il Bolscevico, la Commissione giovani del CC del PMLI ha condannato le cariche, espresso solidarietà militante ai feriti e chiesto l'immediato rilascio dei fermati. “Ormai – vi si legge – è chiaro che il nuovo duce Renzi risponde alla protesta solo con la repressione neofascista. Il suo governo del manganello va cacciato via”.
Manifestazioni si sono svolte anche nelle altre principali città italiane, fra cui Torino , dove è stata data alle fiamme una bandiera del PD.
 
Le manifestazioni del 17 novembre
Manifestazioni, assemblee, flash mob e tante altre iniziative si sono svolte martedì 17 novembre dietro striscioni rossi “Vogliamo tutto per tutti”, in occasione della giornata internazionale dello studente, che ricorda i massacri degli studenti cecoslovacchi ad opera dei nazisti nel 1939 e degli studenti cileni da parte di Pinochet nel 1973.
A Roma 2mila studenti hanno raggiunto il MIUR dopo che la questura aveva inizialmente revocato il permesso di manifestare dietro il pretesto dell'“antiterrorismo” (a riprova del vero significato delle paventate “leggi speciali”). In tante altre città gli studenti hanno tenuto assemblee sul diritto allo studio e inscenato flash mob , come a Milano, dove hanno rovesciato carriole di macerie davanti a palazzo Marino per chiedere investimenti nell'edilizia scolastica.
Importante e variegata la piattaforma della protesta del 17, le cui rivendicazioni principali andavano da più fondi per il diritto allo studio al ritiro dei tagli contenuti nella legge di stabilità, dall'accoglienza per tutti i profughi e i migranti in fuga da guerra e povertà al ritiro dello “Sblocca Italia”.
In conclusione, un'altra giornata importante nella rivolta contro la “riforma” Renzi-Giannini, al termine della quale sono state annunciate nuove occupazioni.
Il PMLI ha preso parte a diverse manifestazioni. A Roma un gruppetto non identificato ha provocato i nostri compagni con insulti per la posizione del Partito sull'IS.
 
Unirsi contro la “Buona scuola” e la guerra imperialista
Ripetendo un fenomeno purtroppo non insolito nelle recenti mobilitazioni studentesche, quindi, si sono svolte separatamente due giornate di lotta, una con la partecipazione degli autonomi, dei centri sociali e di collettivi, l'altra organizzata dai sindacati studenteschi. Naturalmente le forze scese in campo avevano linee e piattaforme diverse, ma l'obiettivo delle masse studentesche che le hanno seguite, nonché della loro base, è uno solo: opporsi alla “Buona scuola” e ai tagli contenuti nella legge di stabilità.
Su questa base è possibile, urgente e necessario unirsi, ciascuno conservando la propria autonomia organizzativa, ma elaborando iniziative, date, rivendicazioni il più possibile unitarie, discusse e decise dal basso, cercando di dare vita ad un unico, grande e forte movimento studentesco. Va anche discussa una linea politica, programmatica e rivendicativa comune, perché ora si avverte moltissimo l'assenza di una direzione chiara e condivisa. Lo strumento ideale per fare tutto questo, già sperimentato in passato e in particolare nel Sessantotto, sono le assemblee generali delle studentesse e degli studenti di ogni scuola e ateneo, dove confrontarsi sugli indirizzi politici, programmatici e organizzativi in modo da raggiungere la massima intesa possibile. Altrimenti si disperdono le forze e l'iniziativa resta nelle mani del governo.
Alle coraggiose studentesse e ai coraggiosi studenti, così come a tutti i giovani antifascisti e antimperialisti del nostro Paese, spetta anche il compito di opporsi con tutte le loro forze alla barbarie della guerra imperialista. Da parte loro va respinto risolutamente l'appello della classe dominante borghese e del suo governo all'unità nazionale nel nome di una “democrazia” e “libertà” che le stesse manganellate di venerdì 13 novembre hanno dimostrato essere ipocrite e false. Non bisogna cedere alla propaganda del governo imperialista di Renzi che fa passare gli aggressori per aggrediti e viceversa, ma scendere in piazza, organizzare assemblee e persino occupare le scuole e le università per difendere la pace, rifiutarsi di diventare carne da cannone e così evitare che il nostro Paese venga esposto al rischio di attentati terroristici.

25 novembre 2015