Chi ha scatenato l'attacco all'umanità?
Dall'invasione sovietica in Afghanistan alla guerra allo Stato islamico: 36 anni di guerre imperialiste in Medio Oriente
Milioni di morti in gran parte civili, donne e bambini

I governanti e i media guerrafondai accusano i combattenti antimperialisti dell'Is di avere scatenato coi loro attentati a Parigi l'attacco all'umanità. In realtà sono state le potenze imperialiste ad aver messo a ferro e fuoco da almeno 36 anni il Medio oriente e il Nord Africa.
E la torre Eiffel che molti media, fra cui “Il Fatto Quotidiano”, cercano di spacciare per simbolo pacifista ha finito per rappresentare l'interventismo militare ad opera del colonialismo e dell'imperialismo francese, dall'Algeria al Ciad, dalla Libia al Mali alla Siria.
Afghanistan
Dal 24 dicembre 1979 al 14 aprile 1988 subisce l'invasione del socialimperialismo sovietico. Quasi dieci anni di guerra segnano un bilancio di oltre 2 milioni di morti afghani e oltre 5 milioni di profughi. L'Urss socialimperialista conta circa 15 mila caduti. Dopo gli accordi di Ginevra e il ritiro delle truppe russe, in Afghanistan prevalgono e prendono il potere mujaheddin talebani, il che fa scattare l'intervento armato della Nato.
La missione “Isaf” e le operazioni militari “Enduring Freedom” capeggiate dagli Usa contro i loro stessi ex alleati talebani iniziano il 7 ottobre 2001 e vedono la partecipazione anche degli inglesi e di altri paesi imperialisti tra cui l'Italia che si aggiungono nel corso del conflitto. La “guerra al terrorismo” in Afghanistan, dichiarata da George Bush junior all'indomani degli attentati dell'11 settembre 2001 a New York, dura per 13 anni, fino al 31 dicembre 2014.
Secondo le stime del progetto Costs of war i bombardamenti a tappeto effettuati dalle truppe imperialiste dell'Isaf hanno raso al suolo intere città e villaggi e provocato la morte di almeno 21mila civili in gran parte donne e bambini. Senza contare gli oltre 13mila tra soldati e poliziotti afghani che, secondo le fonti del governo afgano, hanno perso la vita nei combattimenti.
L’ultimo report dell’Unama – la Missione di Assistenza in Afghanistan delle Nazioni Unite – indica il 2014 come l’anno col numero di morti e feriti civili registrati più alto dal 2009, anno d’inizio delle osservazioni. Il numero di vittime civili è cresciuto tra il 2013 e il 2014 del 19 per cento, superando anche il precedente record registrato nel 2011 quando a perdere la vita furono 3133 civili.
Tra le vittime in Afghanistan figurano anche 53 militari italiani. I feriti italiani hanno superato invece quota 650 unità. In tutto, le vittime tra i militari dei 48 paesi della coalizione imperialista sono state circa 3500 unità, in gran parte statunitensi.
Secondo il database “iCasualties” che registra i dati dei militari rimasti uccisi durante l’operazione Enduring Freedom i paesi che hanno perso più uomini sono gli Stati Uniti d’America (2356 caduti) e il Regno Unito (453), seguiti da Canada (158), Francia (86) e Germania (54).
Per quanto riguarda i costi economici della guerra in Afghanistan, le ultime stime parlano di mille miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti, senza contare quelli destinati alla operazione “Freedom’s Sentinel” iniziata nel 2015. Uno studio del Watson Institute for International Studies della Brown University ha stimato il costo totale delle aggressioni americane contro gli “Stati canaglia” in Afghanistan, Pakistan e Iraq pari a 4400 miliardi di dollari.
Iraq prima guerra del Golfo
Nei due mesi di violenti bombardamenti tra febbraio e marzo 1991, tra i civili, morirono più di 1000 kuwaitiani; 3.664 iracheni e circa 300 vittime di altre nazionalità. Tra l'esercito iracheno ci furono oltre 20 mila morti e 75.000 feriti. Tra la coalizione occidentale guidata dagli Usa e composta da quasi un milione di uomini inviati da Regno Unito, Italia, Francia, Arabia Saudita, Kuwait, Egitto, Siria, Canada, Australia, Spagna, Belgio ecc, ci furono 658 morti e 772 feriti. L' “Operation Desert Storm” (Tempesta nel deserto) fu decisa dagli Usa di George Bush senior in risposta all'invasione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam Ussein.
Iraq seconda guerra del Golfo
Secondo uno studio pubblicato dalla rivista PLOS Medicine a fine 2013, la seconda guerra imperialista all'Iraq e l'occupazione militare hanno causato, direttamente o indirettamente, almeno 405.000 morti tra il 2003 e il 2011, a cui vanno aggiunte almeno altre 56.000 vittime che appartenevano a famiglie costrette a lasciare il Paese. Più del 60 per cento delle morti in eccesso (rispetto all'aspettativa di vita media) di uomini, donne e bambini iracheni è stata direttamente causata da colpi d'arma da fuoco, bombe, attacchi aerei o altre violenze; il resto è dovuto a cause indirette, ma sempre riconducibili alla guerra, fame, malattie, mancanza di medicine e pessime condizioni degli ospedali e delle fognature.
Anche se alcuni documenti dell'esercito americano svelati da Wikileaks fissano addirittura il totale a "più di 100 mila". Mentre, secondo uno studio condotto da Opinion Research Business, un'agenzia di sondaggi londinese, i morti negli otto anni di guerra ammontano a ben 1,2 milioni.
Si calcola che per ogni soldato occidentale ucciso durante l’occupazione sono morti tra i 24 e i 30 civili iracheni. Negli ultimi dieci anni 4 milioni e mezzo di bambini iracheni sono rimasti orfani e una donna su dieci vedova. I minori che vivono per strada, senza accesso ai servizi essenziali come il cibo e la casa si contano a migliaia; altre centinaia di “fortunati” invece sono ospitati nei pochi orfanatrofi del paese. Attualmente, un quinto della popolazione fra i 10 e i 49 anni è analfabeta, mentre prima della guerra l'Iraq vantava il primato di alfabetizzazione nella regione. Adesso solo il 38% della popolazione ha un'occupazione lavorativa e ben il 22,5% di essa sopravvive con appena 2 dollari al giorno.
Secondo le stime dell'agenzia France Presse ancora oggi circa 5.000 iracheni muoiono ogni anno in seguito ad attentati e sparatorie.
Nella seconda guerra del Golfo in Iraq sono morti anche circa 4.800 soldati delle forze della coalizione, in maggioranza americani, ma anche britannici, italiani e di altri paesi che hanno preso parte alla guerra.
Somalia
In seguito alle aggressioni militari sotto l'egida dell'Onu cominciate nel 1992 e riprese nel 2007 e nel 2008 con la varie missioni Onusom, Unitaf, Restore Hope e IBIS a guida Italiana e AMISOM, il Paese sprofonda in una sanguinosa guerra civile tutt'ora in corso che conta già oltre 500.000 morti. Secondo l'Acnur (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), le persone costrette dalla guerra a lasciare le loro case e/o a cercare rifugio all'estero sono più di un milione e 980.000. Nel solo 2007 il gruppo di difesa dei diritti umani, “Elman” stima circa 6.000 morti, 8.000 feriti ed oltre 700.000 civili in fuga. Tra le vittime del conflitto anche la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e il cineoperatore Miran Hrovatin che indagavano su un losco traffico di rifiuti pericolosi e armi.
Libia
Dal 19 marzo al 31 ottobre 2011 sotto l'egida delle Nazioni Unite e della NATO, Stati Uniti, Francia, Belgio, Italia, Unito Regno Unito, Spagna, Canada, Danimarca, Grecia, Norvegia, Bassi Paesi Bassi, Romania e Turchia iniziano un violento bombardamento aereo e navale seguito da un'occupazione militare per il mancato rispetto della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Intervento che porta al rovesciamento del regime di Gheddafi e alla sua morte.
La Francia avvia l'aggressione con l'operazione “Harmattan” impiegando i caccia Rafale, Mirage 2000-D e Mirage 2000-5 colpendo mezzi corazzati dell'esercito libico nelle zone attorno la città di Bengasi. L'attacco è seguito dal lancio di 112 missili da crociera tipo Tomahawk da parte di 25 unità navali e sommergibili statunitensi e britannici dispiegatesi nel Mediterraneo per l'operazione “Odyssey Dawn”.
Il bilancio, secondo un rapporto sommario del ministero della salute libico datato 13 luglio 2011, è terrificante. Le pioggia di bombe ha praticametne distrutto il Paese e buona parte delle infrastrutture provocando la morte di almeno 1.108 civili e 4.500 feriti tra la popolazione. Mentre le fonti militari USA hanno dichiarato di non sapere l'esatto numero delle perdite civili. Inoltre tra le file dell'ex esercito libico sono andati distrutti o danneggiati 1.492 tra carri, APC, trasporti SAM e altri veicoli, 350 depositi di munizioni e 535 postazioni SAM distrutti, vari aerei distrutti o danneggiati, 412 centri di comando distrutti, 8 navi da guerra affondate nei porti di Tripoli, Zuara e Homs e un numero di soldati uccisi o feriti sconosciuto secondo le stesse fonti NATO del 29 aprile 2011.
Il massacro imperialista
Secondo lo studio prodotto dalla Brown University di Providence, nel Rhode Island la “guerra al terrorismo” scatenata da George Bush junior dopo l'11 settembre 2001 contro Afghanistan e Iraq e le operazioni militari ad esse correlate in Pakistan (tipo l'Operazione Geronimo contro bin Laden), ha superato di gran lunga i 4 trilioni di dollari (4 mila miliardi). Più della seconda guerra mondiale, che per l'Ufficio del bilancio del Congresso americano ammonta, ai prezzi di oggi, a 4.1 trilioni di dollari.
Il conto comprende i costi sostenuti solo dagli Usa esclusa l'ultima aggressione in Libia. A ciò si aggiungono purtroppo gli altissimi “costi” di vite umane. Lo studio della Brown calcola che i morti siano fra i 250.000 e i 258.000. Una piccola fetta - 6100- sono i militari Usa, poi ci sono i 125.000 morti in Iraq (una cifra probabilmente sottostimata), i 14.000 in Afghanistan (senza conteggiare quelli del Pakistan, molte migliaia), poi i morti per via indiretta (ferite, stenti, mancanza di cure, ecc.). Infine i profughi: fra i 7-8 milioni.

25 novembre 2015