CarriARMATI TURCHI PENETRANO IN iRAQ PER AIUTARE I CURDI IRACHENI A COMBATTERE l'IS
Il governo iracheno: “violata la nostra sovranità”

 
Il presidente turco Erdogan non era riuscito a aprire un fronte in Siria per combattere i curdi e il regime di Assad come avrebbe voluto già da un paio di anni e non lo può fare adesso nelle regioni sul Mediterraneo dove si troverebbe di fronte i soldati russi; per rispondere all'interventismo dell'imperialista Putin e d'intesa quantomeno con gli Usa ha deciso di aprire il fronte in Iraq inviando ai primi di dicembre carriarmati e soldati per aiutare i curdi iracheni a combattere lo Stato islamico (Is). E a rafforzare la sfida già lanciata da Erdogan e dalla Nato all’asse Mosca-Teheran per la spartizione del controllo della regione.
"I nostri soldati fanno un'attività di routine per addestrare e proteggere la zona. La Turchia non mira al territorio di nessun Paese. Le priorità della Turchia sono il benessere e la sicurezza dell'Iraq e della Siria", affermava il premier turco Ahmet Davutoglu per spiegare la ragione dell'invio, d'intesa col comando della Coalizione internazionale anti-Is guidata dagli Usa, di 150 soldati e 25 carriarmati in "missione di addestramento" e in sostituzione di un'unità che era stata schierata nella zona nel 2014. Secondo fonti militari americane i soldati turchi sarebbero invece più di un migliaio.
Il quotidiano turco Hurriyet spiegava che l'intervento turco è il frutto di un accordo con il governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno firmato durante l'incontro del 4 novembre scorso a Erbil tra l'allora ministro degli Esteri turco, Feridun Sinirlioglu, e il presidente curdo-iracheno Massud Barzani.
La versione riportata dal quotidiano turco era avallata dalle autorità curde irachene che riferivano della dislocazione del contingente turco a Bashiqa, area di confine tra la regione autonoma curda e il territorio controllato dallo Stato Islamico, a un passo dalla città di Mosul, la seconda città irachena occupata dall'Is nel 2014. Verso la quale sembra puntare l'offensiva dei peshmerga dopo aver occupato la non lontana città di Sinjar.
Quell’accordo firmato a Erbil non si limitava all’addestramento, sottolineava Hurriyet , prevede anche la creazione di una base militare turca nella zona. Seguendo il disegno egemone locale dell'imperialismo turco che vede il curdistan iracheno come uno stato alleato, una volta rotta l'unità del precedente stato iracheno.
Il presidente iracheno Fuad Massum denunciava il dispiegamento delle truppe turche nella regione di Mosul come una "violazione delle norme internazionali, delle leggi e della sovranità nazionale dell'Iraq", mentre il primo ministro Haider al Abadi dichiarava il 3 dicembre di non aver avuto nessuna comunicazione da Ankara e che il suo governo era profondamente "contrariato dall'azione della Turchia, devono rispettare la nostra sovranità territoriale e ritirarsi immediatamente".
Il premier turco Davutoglu in una lettera inviata a Al Abadi assicurava che "non schiereremo altre truppe a Bashiqa finché le vostre preoccupazioni sulla questione non si saranno placate”. Ma quelle che ci sono, ci restano e non si ritirano. E Abadi rispondeva il 6 dicembre mettendo in allarme l’aeronautica militare perché sia “pronta a difendere la patria e a proteggere la sovranità nazionale”.

9 dicembre 2015