Approvata dalla Camera
La riforma della cittadinanza è parziale e restrittiva
Limitazioni per un bambino figlio di immigrati di diventare cittadino italiano. Mantenuto l'impianto arbitrario e punitivo dell'attuale legge

La riforma della cittadinanza, una legge attesa da almeno vent'anni dalla comunità degli immigrati, è stata approvata in prima lettura alla Camera il 13 ottobre e ora proseguirà al Senato, ma senza previsioni certe sui tempi della sua approvazione definitiva, visti i molti ostacoli e l'ostilità disseminati ancora sul suo cammino. Hanno votato a favore, in un'aula semivuota, la maggioranza PD-NCD, a cui si è unita anche SEL; contrari Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d'Italia; astenuto il Movimento 5 Stelle.
Trionfante il commento di Renzi, che su Facebook ha vantato l'approvazione contemporanea della controriforma neofascista e piduista del Senato e la legge sulla cittadinanza alla Camera come un segno che “la lunga stagione della politica inconcludente è terminata. Le riforme si fanno, l'Italia cambia”. Quello della necessità di una legge sullo ius soli , cioè del diritto di chi nasce in Italia di avere la cittadinanza italiana indipendentemente da quella dei propri genitori, era stato infatti uno degli argomenti sfruttati demagogicamente dal nuovo duce nella sua campagna elettorale per le primarie, e così adesso la rivendica come un suo merito personale. Solo che come al solito bara spudoratamente, perché questa riforma non garantisce affatto un riconoscimento pieno di questo diritto ai figli di immigrati, ma come vedremo è viziata da una serie di trappole giuridiche e di limitazioni che ne compromettono gravemente la reale efficacia, come denunciano anche le associazioni degli immigrati.
La legge sulla cittadinanza che vige attualmente in Italia è la n. 91 del 1992, ed è una delle più restrittive del mondo. Essa stabilisce che la cittadinanza italiana viene prioritariamente concessa per diritto di sangue, ossia a chi nasce da cittadini italiani (ius sanguinis ). I figli di stranieri nati in Italia possono chiedere la cittadinanza italiana solo al compimento della maggiore età, e se hanno risieduto legalmente e senza interruzione in Italia. Ma la devono ottenere entro due anni, pena cadere nella condizione di straniero a tutti gli effetti. E siccome l'accoglimento della richiesta è a discrezione del ministero degli Interni (cioè di Alfano), che notoriamente frappone mille ostacoli, non c'è nessuna certezza di avere la cittadinanza entro i 20 anni di età, e di non dover seguire la strada molto più lunga e difficile della naturalizzazione, per ottenerla. Con tutti i rischi del caso, fino a quello, in mancanza di reddito o abitazione adeguati, di cadere nella condizione di clandestini e poter essere addirittura espulsi. Una spada di Damocle escogitata apposta dal potere per tenere sempre sotto ricatto gli immigrati.
Ius soli “temperato” e Ius culturae
La legge approvata alla Camera è basata su un cosiddetto ius soli “temperato”, secondo il quale i figli di immigrati nati in Italia possono ottenere la cittadinanza prima del raggiungimento della maggiore età, ma non in maniera automatica come con un vero ius soli , bensì alla condizione che almeno un genitore sia in possesso del permesso di soggiorno permanente o del permesso UE di lungo periodo. Un documento di non facile ottenimento, perché legato al reddito, all'abitazione, alla conoscenza della lingua e mille altri ostacoli burocratici che le autorità possono frapporre a propria discrezione, tanto che non è infrequente che possano passare anche 8-10 anni prima di averlo, anche avendo ottemperato a tutte le condizioni richieste. La richiesta deve essere presentata entro il 18° anno da un genitore, oppure, in mancanza di questa, anche dall'interessato, ma solo dopo dopo il compimento del 18° anno ed entro i successivi due anni.
Tutti ostacoli, insomma, utili a limitare il diritto di cittadinanza e a mantenere il più possibile in vita l'attuale potere discrezionale delle autorità. E l'aver legato il diritto di cittadinanza dei nati in Italia alle condizioni economiche dei genitori introduce una intollerabile discriminazione economica tra i figli di immigrati. In ogni caso è stata mantenuta pressoché intatta la logica antidemocratica e xenofoba della vecchia legge, secondo cui la cittadinanza è una concessione a propria discrezione da parte di chi esercita il potere, e non un diritto che spetta costituzionalmente a chi nasce in Italia, come avviene del resto in altri Paesi.
A questo meccanismo ne è stato affiancato un altro denominato ius culturae , secondo il quale può ottenere la cittadinanza anche il minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, purché abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli di istruzione o di formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso del ciclo primario occorre aver anche conseguito il titolo finale. E fino ai 18 anni è sempre necessario il consenso di un genitore.
C'è poi il percorso di naturalizzazione, che ha carattere dichiaratamente discrezionale, e riguarda gli stranieri che hanno fatto ingresso in Italia tra i 12 e i 18 anni di età. Per ottenerla occorre essere legalmente residente da almeno sei anni, aver frequentato regolarmente un ciclo scolastico con il conseguimento del titolo conclusivo, o un corso di formazione professionale con il conseguimento del titolo.
É stata inserita infine una disciplina transitoria per coloro che hanno maturato i requisiti ius culturae prima dell'entrata in vigore della legge ma abbiano già compiuto i 20 anni di età, termine ultimo per la dichiarazione di acquisto della cittadinanza. Costoro possono farne richiesta entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge, ma solo se residenti in Italia da almeno 5 anni. É comunque escluso chi ha già avuto in passato un diniego o un provvedimento di espulsione “per motivi di sicurezza della Repubblica”. A questo proposito il ministro dell'Interno si riserva ben 6 mesi di tempo per “verificare” che ogni richiedente non sia stato oggetto di tali provvedimenti.
Le critiche delle associazioni dei migranti
Nonostante l'impianto volutamente capzioso e truffaldino della legge, frutto di uno sporco compromesso tra Renzi ed Alfano, che all'interno della maggioranza rappresenta anche le istanze razziste e xenofobe di FI, Lega e FDI, questi ultimi hanno votato contro per motivi elettoralistici e demagogici, con la Lega che ha inscenato una gazzarra finale al grido di “vergogna, vergogna” e inalberando cartelli con la scritta “la cittadinanza non si regala”. La leader fascista di FDI, Giorgia Meloni, ha annunciato anche l'intenzione di presentare un referendum abrogativo se la legge sarà approvata in via definitiva. Il M5S si è invece astenuto, considerando questa legge “una scatola vuota”: posizione opportunista, confermata dal profilo basso tenuto durante tutto il suo iter in commissione e in aula, e motivata in realtà dalla paura di scontentare la parte di destra o quella di sinistra del suo elettorato, a seconda che avesse votato sì o no alla legge.
In un comunicato stampa l'associazione l'“Italia sono anch'io”, che raggruppa le associazioni nazionali impegnate nella tutela dei diritti dei migranti, pur sottolineando che la legge rappresenta “comunque un passo avanti”, avanza chiare critiche da sinistra al provvedimento, auspicando che possa essere corretto al Senato. In particolare l'associazione, ricordando di aver raccolto e depositato in parlamento nel 2012 oltre 200 mila firme sulle sue proposte di modifica, ne sottolinea due che ritiene disattese ma assolutamente indispensabili: “La prima - dice il comunicato - riguarda l’assenza di una norma che consenta la semplificazione delle procedure relative alla naturalizzazione degli adulti, con un trasferimento di competenze dal ministero dell’Interno ai sindaci e il superamento, attraverso norme certe di riferimento, della discrezionalità che oggi caratterizza le decisioni in materia. L’altra questione riguarda la previsione di uno ius soli temperato che condiziona il futuro di bambine e bambini alla situazione economica della famiglia, introducendo, col requisito del permesso Ue per lungo soggiornanti di uno dei genitori, una discriminazione che viola l’articolo 3 della Costituzione”.
Purtroppo c'è da scommettere che se dei cambiamenti ci saranno al Senato, è più facile che questi siano in peggio, visto come al parolaio Renzi basta potersi vantare dell'annuncio, lasciando la sostanza del provvedimento ai maneggi di Alfano e della destra del PD. E sempre ammesso che anche questa riforma non finisca alle calende greche, o addirittura in un binario morto, come sta accadendo regolarmente per le “riforme” che non interessano realmente a Renzi ma minacciano di spaccare la maggioranza e lo stesso PD, come la legge sulle unioni civili, quella sull'allungamento della prescrizione e così via.

16 dicembre 2015