Lottiamo per la piena libertà d'accesso all'istruzione per i figli del proletariato e del popolo


Documento della Commissione giovani del Comitato centrale del PMLI
In una società capitalista la divisione in classi sociali e la lotta di classe si rispecchiano in ogni ambito della società. La scuola così come l'istruzione e la cultura sono da sempre poste sotto il controllo della classe sociale dominante.
Anche oggi, in Italia, dove imperano il capitalismo e il potere della classe dominante borghese, l'accesso ai gradini più alti dell'istruzione si pone su una discriminazione di classe, e ci ritroviamo così davanti a un sistema che di fatto punta ad estromettere i figli della classe operaia, delle masse popolari e dei poveri dall'accesso all'istruzione, creando delle scuole e delle università elitarie dove solo i figli della ricca borghesia.
Questo progetto di esclusione non è un fatto casuale o frutto di politiche incompetenti da parte dei politicanti borghesi, ma fa parte di un piano ben preciso della borghesia che a partire dagli inizi degli anni '80, attraverso i ministri dell'istruzione dei suoi governi, Ruberti, Zecchino, Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini e Giannini, dopo la lunga ondata rivoluzionaria del Sessantotto, partì alla controffensiva, per cancellare una a una le conquiste del movimento studentesco di allora e provocare lo sfascio della scuola e dell'università pubbliche, sempre più privatizzate, aziendalizzate, verticilizzate e irreggimentate.
Oggi, il governo del nuovo duce Renzi, sulla stessa linea dei governi borghesi che l'hanno preceduto, sta portando a compimento questo piano di fascistizzazione ed esclusione sociale nelle scuole e nelle università, in primis, attraverso la cosiddetta “Buona scuola” fatta passare come una “riforma moderna e innovativa”, una “riforma di sinistra”, quando nella realtà altro non è che un ritorno al passato, alla scuola di Giovanni Gentile e di Mussolini, ferocemente gerarchizzata e classista, che esclude i figli degli operai e dei poveri condannati agli istituti professionali e tecnici e favorisce i figli dei ricchi quali futuri quadri delle aziende, burocrati istituzionali e imbonitori sociali.

L'esclusione dall'istruzione
Ma in che modo oltre le controriforme governative la borghesia e i suoi governi puntano all'esclusione dei figli del popolo dall'istruzione?
Tasse universitarie cresciute del 63% in 10 anni, con un conseguente abbandono degli studi che si aggira sul 17%, taglio del fondo di finanziamento ordinario che ha portato gli atenei ad aumentare le tasse agli studenti, diventando così loro malgrado i maggiori finanziatori per scuole e università, il taglio delle borse di studio per migliaia di studenti (nell'anno 2013/2014 pur avendone diritto 46 mila studenti non hanno ricevuto la borsa di studio a causa dei tagli dello Stato e per le mancate risorse regionali), avendo così senza borsa in media 42.400 studenti ogni anno (le risorse regionali si fermano al 23,6% con percentuali diverse da regione a regione, come ad esempio l'Umbria col 52,9%, Veneto 7% e Piemonte zero euro), il sistema in questo caso resta in vita solo grazie alle tasse regionali versate dagli studenti: il 42,2% di borse esiste grazie a loro.
Un altro gravissimo problema che si pone tra i giovani e il loro diritto all'istruzione è il numero chiuso nelle università.
Oggi si chiude tutto, si sbarrano gli accessi alle facoltà e, soprattutto alle specializzazioni. Anche qui vige la legge borghese della ricchezza come sistema di valutazione per l'accesso all'istruzione, così vengono strette le maglie del numero chiuso (il 54% dei corsi di laurea), senza per questo risolvere il problema dell’accesso alle professioni. Per fare un esempio, un terzo dei circa 10 mila aspiranti medici che di solito passano il test di ammissione alle facoltà di medicina non accederanno alla specializzazione.
Tutti questi aumenti delle tasse e tagli ai servizi, vanno in maniera odiosa a colpire maggiormente quelle studentesse e studenti fuori sede che non appartengono a famiglie abbienti e che, non trovando posti liberi nelle case dello studenti, dovendo pagare affitti esorbitanti per le loro vuote tasche sono costretti a lavori part-time molto spesso in nero e con salari da fame.
Insomma, dagli idonei senza borsa di studio ai precari fuori corso la vita degli studenti è praticamente un incubo.
I problemi di natura economica e sociale a cui sono esposte le masse studentesche vengono subiti anche da chi affronta un dottorato, il primo gradino per chi vuole fare ricerca. L'introduzione del vincolo di copertura con borsa di almeno il 75% dei posti al bando, adottato dalle “linee guida” su indicazione dell'agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e di ricerca (ANVUR), ha generato una gravissima emorragia. Tra il 2013 e il 2014 si è passati da 12.338 a 9.189 posti, con una diminuzione del 25,5%. Gli atenei hanno ridotto le posizioni invece di aumentare le borse di studio.
Ma il primo ostacolo che si pone all'avanzamento degli studenti ai livelli più alti della formazione è l'esame di Stato. Va abolito in tutte le scuole pubbliche, perché è selettivo e nozionistico, tanto più quando basato sulle logiche Invalsi, discriminatorie nei confronti degli studenti provenienti da famiglie più disagiate. Deve invece rimanere nelle private dove la commissione esaminatrice dev'essere interamente composta da commissari e presidente esterni al fine di valutare in maniera obiettiva la preparazione dei candidati e di verificare il raggiungimento degli standard qualitativi necessari al rilascio del diploma.
Questo, insieme ai tagli al diritto allo studio a fronte di piogge di denaro sulle private, all'aumento delle tasse, alla paventata abolizione delle borse di studio a favore dei prestiti d'onore, al caro-libri e al caro-scuola sempre più insopportabili, allo scarico degli oneri sulla famiglia, mette fortemente in discussione la libertà d'insegnamento nel quadro costituzionale e il diritto universale all'istruzione.
Anche la situazione di disagio e impoverimento sociale nel quale versano migliaia di famiglie attanagliate da disoccupazione, precarietà e bassi salari sono la causa dell'abbandono forzato di migliaia di giovani. Infatti, a causa dell'indigenza delle famiglie, dall'inizio della crisi, ogni anno in Italia oltre 600 mila ragazzi tra i 10 e 16 anni, 2 su 10, abbandonano la scuola alla ricerca di un lavoro supersfruttato e sottopagato, senza ottenere un titolo di studio e una formazione superiore alla scuola media inferiore.
Per porre fine a questo tentativo della classe dominante borghese di distruggere completamente gli ultimi residui di libertà nell'accesso all'istruzione per i figli dei lavoratori, le stesse masse giovanili e studentesche devono scendere sul terreno della lotta per reclamare il loro diritto al libero accesso all'istruzione ponendo sul terreno della lotta delle rivendicazioni che oltre all'abrogazione di tutte le leggi antistudentesche degli ultimi decenni, partano da un miglioramento immediato delle proprie condizioni di studenti:
Libero accesso a tutte le facoltà per tutti gli studenti;
Abolizione del numero chiuso e ogni altra limitazione per gli accessi e il proseguimento degli studi;
Abolizione delle tasse universitarie e dei contributi per laboratorio;
Gratuità di vitto e alloggio per tutti i fuori sede;
L'università deve provvedere ad allestire studentati in numero sufficiente e adeguato alle effettive necessità;
Potenziamento delle mense universitarie, gratuite per gli studenti, con cibo di buona qualità;
Gratuità per gli studenti del materiale didattico, informatico e di laboratorio e dei mezzi di trasporto pubblici.
Su questi punti bisogna fare perno, ma le mobilitazioni non riusciranno ad essere incisive se si presentano frazionate dai vari sindacati e delle varie organizzazioni studentesche riformiste o “ultrasinistre”, che organizzano e dirigono oggi le masse studentesche e che cercano di portare acqua esclusivamente al proprio mulino e a quello dei partiti di riferimento. Di fatto, le questioni e i problemi generali delle masse studentesche cadono in secondo piano e ne escono danneggiati. Alla fine, chi vince è il governo, che non si trova di fronte a una forza studentesca davvero consistente.
Per dare slancio e peso alla lotta occorre dare vita a un unico grande movimento studentesco che si batta senza tregua contro le politiche di fascistizzazione, aziendalizzazione, privatizzazione ed esclusione dei figli del popolo da scuole e univesità e contro il governo Renzi che oggi è il portabandiera delle politiche di fascistizzazione della borghesia sul fronte dell'istruzione.
La Commissione giovani del CC del PMLI

16 dicembre 2015