In mille avevano manifestato ad Ancona: "Vogliamo difendere il territorio dal saccheggio delle multinazionali del petrolio''
I Comitati antitrivellazioni contro il governo dei petrolieri
Le popolazioni si ribellano allo “Sblocca Italia” che prevede di perforare 4-5 pozzi a 5 chilometri dalla Costa dei Trabocchi in Abruzzo

Si è tenuta sabato 28 novembre la manifestazione regionale marchigiana ad Ancona contro le trivellazioni nell'Adriatico, alla quale hanno partecipato in oltre un migliaio. Una folta delegazione di manifestanti è giunta dall'Abruzzo con alcuni pullman appartenenti ai comitati “No Ombrina”. Delegazioni sono giunte anche dall’Emilia-Romagna, dall’Umbria e dalla Basilicata.
La manifestazione, inserita in un week-end ricco di mobilitazioni in tutto il Paese contro lo Sblocca Italia ed in vista del vertice mondiale sul clima COP-21 di Parigi, continua la campagna contro la devastazione e saccheggio del territorio, per dire stop alle trivellazioni petrolifere, ma anche ai gasdotti, ai rigassificatori e a tutte le grandi opere costose, dannose ed inutili che hanno ottenuto il via libera con il decreto.
Alla testa del corteo, un grande striscione: “No Trivelle, no petrolio, no guerre”, a testimoniare il legame evidente tra il petrolio e le fonti energetiche in generale e la guerra, in particolare nel medio oriente. Una grande mobilitazione che però non ha avuto alcuno spazio sui media nazionali e solo pochi accenni su quelli locali.
La manifestazione si è conclusa in Piazza Roma, dove hanno preso parola i vari comitati ed associazioni della rete Trivelle Zero. Abruzzo in primo piano poiché il ministero dello Sviluppo economico ha recentemente concesso il definitivo via a perforare e a tirar su greggio ad una manciata di miglia dalle spiagge della provincia di Chieti. La devastante e contestata piattaforma “Ombrina Mare”, con annessa nave-raffineria galleggiante, si farà: questo è stato deciso al termine della Conferenza dei servizi a Roma, tra le proteste e le bandiere “No Oil” che sventolavano all’esterno. I comitati annunciano ricorsi al TAR e si dicono pronti a presentare esposti alla magistratura e in tutte le sedi, passando per la Commissione europea. “Vedremo di affondare Ombrina prima che compaia all’orizzonte… Ci difenderemo in ogni maniera perché questo progetto non solo colpisce l’ambiente ma anche il Pil e noi stiamo tutelando pure la nostra economia” sostengono gli attivisti, lanciando un coraggioso grido di battaglia.
Fra l’altro, l’“One Adriatic”, l’insieme di associazioni ambientaliste, comitati e movimenti dei Paesi adriatici che comprende gruppi e comitati di Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Italia, Montenegro e Slovenia, nel momento cruciale della Cop21 di Parigi, ha scritto alla Commissione europea e ai ministri dell'ambiente dei Paesi che si affacciano sull'Adriatico. L'appello è quello di fermare la corsa all'oro nero intrapresa in questo mare poiché tale scelta, miope, oltretutto di breve durata e anacronistica, non solo non tiene conto dell'importanza che nell'economia mondiale rivestono le nuove forme di energia derivanti da fonti rinnovabili per uscire dalla dipendenza da quelle fossili, ma non tiene conto nemmeno dell'impatto negativo sulle altre economie che vivono e si sviluppano intorno al mare, come la pesca ed il turismo, e che sono la vera ricchezza dei territori.
Un importante presidio contro lo Sblocca Italia si era tenuto anche mercoledì 15 e giovedì 16 ottobre scorsi davanti alla Camera dei Deputati. Tante associazioni, reti e comitati che lavorano quotidianamente su varie tematiche, principalmente economiche ed ambientali, avevano individuato collettivamente il Decreto Sblocca Italia come un grave pericolo per ambiente, territorio, paesaggio, patrimonio pubblico e diritto allo studio.
Inaccettabile innanzitutto lo stanziamento di 3,9 miliardi per grandi opere e di soli 110 milioni di euro per la riduzione del rischio idrogeologico: i numeri palesano le cause profonde di eventi drammatici come i sempre più frequenti alluvioni che si sono verificati in particolare in Liguria, e la responsabilità di politiche dannose per l’interesse collettivo, ma interessanti per gli appetiti privati di grandi gruppi economici.
Ora più che mai risuona il monito dell’Associazione mondiale di Meteorologia che, al pari di tantissimi esperti internazionali, ha lanciato l’ennesimo allarme sulla necessità del taglio di emissioni capaci di modificare il clima, in particolare quelle provenienti da carbone, petrolio e gas; contestualmente il governo Renzi decreta che l’Abruzzo dovrà ospitare pozzi e raffineria galleggiante per i prossimi decenni affossando l’economia dell’agricoltura di qualità e quella turistica della bellissima Costa dei Trabocchi, a dispetto di due leggi regionali che hanno sancito la presenza del “Parco marino” della costa stessa e il limite vigente (e comunque insufficiente) delle 12 miglia marine per le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi.
All’interno di questa battaglia, va ricordato che la Corte costituzionale, entro febbraio, si dovrà pronunciare sull’ammissibilità del referendum antitrivelle voluto da 10 regioni (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) e da tutto il movimento “No Triv” che intende abrogare alcuni articoli dello Sblocca Italia e del decreto Sviluppo, al fine di neutralizzare la centralizzazione nelle mani dello Stato delle competenze in materia energetica. In questo modo, così come previsto per gli altrettanto dannosi inceneritori, nessun potere avranno le amministrazioni locali sulle decisioni prese direttamente dal governo su impianti che la legge definisce come di “interesse nazionale”. La Cassazione, pochi giorni fa, ha dato il via libera ai quesiti referendari.
Il fronte “No Triv” è in continua espansione e la sua formazione appare sempre più trasversale e variegata com'è stato evidenziato anche nella prima assemblea nazionale che si è svolta a Roma al Parco delle energie.
Per il governo del nuovo duce Renzi, sono gli interessi delle multinazionali, in particolare quelle del petrolio, a essere strategici e per essi è disposto a tutto; anche a calpestare gli interessi e ignorare la volontà della popolazione. Così come emerso in quasi tutti i contenuti dello Sblocca Italia e del Decreto sviluppo, appare sempre più evidente che il governo Renzi è completamente votato alla causa dei potenti e dei petrolieri, e se ne infischia degli allarmi che gli scienziati da tutto il mondo stanno lanciando sull’uso dei combustibili fossili e le loro catastrofiche conseguenze sia a livello climatico che a livello sanitario ed economico.

16 dicembre 2015