Protetto da una missione militare Onu a guida dell'imperialismo italiano
Governo di unità nazionale in Libia per combattere l'IS
Renzi al premier libico designato Serraj: Pronti a intervenire in Libia contro l'IS

 
Lo scorso 28 dicembre il presidente del Consiglio Matteo Renzi riceveva a Palazzo Chigi il premier libico designato, Fayez Al-Serraj, che significativamente metteva Roma quale sua prima tappa del tuor europeo dopo l'acquisizione dell'incarico affidatogli dall'accordo politico firmato il 17 dicembre a Skhirat in Marocco. Renzi, a quanto si apprende da una nota di Palazzo Chigi, ha assicurato a Serraj che "la nuova Libia potrà contare sul deciso sostegno che l'Italia, in coordinamento con la comunità internazionale, intende assicurare per la riabilitazione dei servizi essenziali, la creazione di solide premesse per lo sviluppo economico e sociale nonché per la stabilizzazione del Paese, con particolare riferimento alla lotta al terrorismo e al traffico di esseri umani. L'Italia è pronta a rispondere con tempestività, e nel necessario quadro di legalità internazionale, alle eventuali richieste di assistenza che la libia dovesse rivolgere". In altre parole confermava la disponibiltà dell'imperialismo italiano a guidare la missione internazionale per "stabilizzare" la Libia e contro "il terrorismo", leggi lo Stato islamico (Is). Finalmente l'imperialismo italiano aveva di fronte l'interlocutore necessario, che aveva contribuito e non poco a costruirsi, per avere il paravento di una richiesta formale per mettere i piedi nel piatto in Libia.
Non a caso il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni era, assieme al ministro spagnolo, l'unico ministro europeo presente a Skhirat e quello che più di altri, in concerto con quello del Marocco, ha lavorato per chiudere a tutti costi un negoziato tra i due governi libici che durava da oltre un anno. Nella città marocchina il 17 dicembre veniva firmata l'intesa per la formazione di un governo di unità nazionale libico in una cerimonia cui prendevano parte circa 200 tra parlamentari, esponenti tribali e politici libici oltre ai ministri degli Esteri di Italia, Marocco, Qatar, Turchia e Tunisia. L'accordo è stato successivamente controfirmato dall'inviato dell'Onu in Libia, il tedesco Martin Kobler.
L'accordo era firmato da 90 deputati del parlamento di Tobruk e da 27 deputati di Tripoli che avevano con loro la delega di altri 42 deputati del Congresso nazionale, il parlamento delle forze islamiche che ha sede nella capitale. L'intesa creava un Comitato di presidenza di cui fanno parte 6 personalità già scelte dall'Onu, il premier Fayez Serraj, i tre vicepremier, e altri esponenti di Tobruk e Tripoli, delle formazioni del Fezzan, il sud della Libia, e della Cirenaica. Il Comitato ha il compito di formare la lista dei ministri che costituiranno il governo vero e proprio che dovrebbe insediarsi a Tripoli entro 40 giorni dalla firma dell'intesa.
Il governo di unità nazionale dovrà definire il testo di una nuova Costituzione che entro un anno sarà sottoposto a referendum popolare; dopo l'approvazione della nuova Costituzione il governo dovrà organizzare le elezioni per la formazione di un nuovo Parlamento e del governo definitivo. Nello stesso lasso di tempo dovrebbe tra le altre disarmare le diverse milizie che operano nel paese da quattro anni, da quando fu rovesciato il regime di Mohammar Gheddafi. Il compito più delicato sarà quello di riprendere il controllo delle zone occupate dalle milizie islamiche che hanno dato l'adesione allo Stato islamico.
Gli ultimi passi per concludere il negoziato erano stati posti il 13 dicembre alla conferenza internazionale sulla crisi in Libia tenuta a Roma e promossa dal segretario di Stato Usa, John Kerry, assieme al ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Ma né Nuri Abusahmain, presidente del parlamento di Tripoli, né Agila Hissa, il suo omologo di Tobruk, accettavano i termini cui si stava chiudendo il negoziato e neanche un intervento in extremis di Martin Kobler che era volato di corsa a Tobruk il 16 dicembre era riuscito nell'intento. Altri gruppi politici dei due parlamenti avviavano negoziati paralleli a quello dell'Onu "senza intermediari" stranieri. A Skhirat la firma dell'intesa col timbro dell'Onu per conto dei due parlamenti era apposta dai vicepresidenti. E non è l'unico problema che i promotori dell'intesa hanno tentato di lasciarsi alle spalle pur di chiudere il negoziato con un certo numero di consensi e poter dar vita a un governo provvisorio e presentarsi all'Onu per poter avere il via libera all'intervento, anche militare cui da tempo lavorano i servizi segreti italiani e non solo.
La copertura dell'Onu all'intervento in Libia arrivava il 23 dicembre con la risoluzione del Consiglio di sicurezza che esortava tutti gli Stati a rispondere positivamente alle richieste di aiuto che verranno nei prossimi mesi dal "legittimo" governo libico, quel nuovo esecutivo che nascerà dagli accordi di Skhirat entro il mese di gennaio. Il Consiglio dell'Onu approvava all'unanimità la risoluzione sul futuro politico della Libia sulla base del testo dell'accordo firmato in Marocco.
"La risoluzione è un importante passo verso la stabilizzazione del paese. È una decisione alla quale l'Italia ha contribuito in modo determinante", commentava il ministro degli Esteri Gentiloni. L'imperialismo italiano freme per passare all'incasso e assumere finalmente quel ruolo guida in Libia auspicato, anzi richiesto in maniera palese fin dallo scorso settembre quando il premier Matteo Renzi intervenendo all'Assemblea generale dell'Onu aveva sottolineato che "l'Italia è pronta a collaborare con un governo di unità nazionale nei settori chiave" e ad assumere "se il governo libico lo chiederà, un ruolo guida per un meccanismo di assistenza e stabilizzazione con il sostegno della comunità internazionale".
Secondo l'ambasciatore libico all'Onu "la risoluzione Onu 2214 chiede a tutti i Paesi di combattere il terrorismo in Libia, cosa che rappresenta una lampante autorizzazione che comporta soltanto l'onere, per i differenti Paesi, di informare in anticipo la Libia e coordinarsi con lei". Se questa non è già una richiesta di intervento militare, poco ci manca. In ogni caso l'imperialismo italiano si è dichiarato pronto a mettere a disposizione delle Nazioni Unite un contingente militare per addestrare l'esercito libico e mettere in sicurezza a Tripoli gli edifici in cui dovrà schierarsi il nuovo governo e in cui torneranno ad operare le ambasciate straniere. Allo scopo il premier Renzi ha preventivamente infilato nella Legge di stabilità un pacchetto di circa 700 milioni di euro per finanziare le operazioni militari in Libia da qui a due-tre mesi. Per finanziare un contingente da schierare a difesa di obiettivi strategici come raffinerie e campi petroliferi, o per interventi volanti dalle navi a terra, secondo le più recenti indiscrezioni sullo studio affidato al generale dell'Esercito Paolo Serra, consigliere militare delle Nazioni Unite in Libia, indicato anche come probabile comandante del contingente degli almeno 5 mila "caschi blu" dell'Onu in Libia.

5 gennaio 2016