Ennesima rapina ai danni del popolo
Sbloccati 45,5 milioni di finanziamento ai partiti parlamentari
Tutte le cosche parlamentari, eccetto M5S, votano il ddl presentato dall'ex tesoriere di SEL

Il 14 ottobre scorso la banda di ladri di stanza a Montecitorio e Palazzo Madama è entrata di nuovo in azione e in meno di 3 ore ha messo a segno l'ennesima rapina ai danni del popolo.
Dopo un breve passaggio alla Camera, nel volgere di un pomeriggio il Senato ha approvato in via definitiva il ddl Boccadutri che permette ai partiti di incassare 45,5 milioni di finanziamenti pubblici relativi al biennio 2013-2014 anche se i bilanci non sono stati verificati come invece impone l'articolo 9 della legge 96/2012.
La norma, che prende il nome dall’ex tesoriere di SEL, Sergio Boccadutri passato al PD, è stata approvata a tempo di record col voto favorevole di tutte le cosche parlamentari; contrari solo il M5S e una parte dei senatori leghisti. I sì sono stati 148, 44 no e 17 astenuti.
In poche ore il provvedimento è stato analizzato, emendato e votato a stragarande maggioranza da PD, FI, Cor, Ap. Un solo iscritto a parlare (Vito Crimi M5S), circa 200 emendamenti del M5S cancellati con un semplice colpo di spugna e votazione record in pochi minuti.
Sel si è pilatescamente astenuta, mentre la Lega che alla votazione finale del 9 settembre 2015 alla Camera aveva votato compatta per il si al provvedimento, al Senato ha cambiato idea e ha votato in ordine sparso con diversi senatori che hanno votato a favore o si sono astenuti. Segno evidente che sia Sel che la Lega non aspettano altro che passare all'incasso magari cercando di nascondere la mano.
Il ddl Boccadutri presentato insieme a Teresa Piccione (PD) si intitola non a caso: “Modifiche all’articolo 9 della legge 6 luglio 2012, n. 96, concernenti la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici”. La norma tra l'altro fa piazza pulita anche delle delibere adottate dagli Uffici di presidenza di Camera e Senato che a fine luglio avevano “congelato” l’erogazione della tranche del finanziamento pubblico che i partiti avrebbero dovuto incassare prima della pausa estiva. Non solo. Il ddl Boccadutri cancella anche la decisione della Commissione di garanzia che si occupa del controllo dei bilanci dei partiti. Questo organismo è composto da cinque membri: uno designato dal primo presidente della Corte di Cassazione, uno dal presidente del Consiglio di Stato e tre dal presidente della Corte dei conti. Sono tutti magistrati con la qualifica non inferiore di consigliere di Cassazione. Il formale atto di nomina congiunto, invece, spetta ai presidenti di Camera e Senato. Quando il documento va in Gazzetta Ufficiale, la Commissione entra in carica.
Tale commissione fu istituita dalla legge del governo Letta per garantire ai partiti parlamentari i finanziamenti pubblici almeno fino al 2017, anno in cui dovrebbe scatttare l'abolizione totale.
La prima Commissione istituita dopo l'entrata in vigore della legge Letta si era di fatto sciolta pochi mesi dopo il suo insediamento con le dimissioni in massa di quasi tutti i suoi membri. La nuova Commissione insediatasi nel marzo 2015 si era subito dichiarata impossibilitata a svolgere le dovute verifiche sui bilanci 2013 e 2014 dei partiti per mancanza di personale.
A denunciare le difficoltà è stato lo stesso presidente della Commissione di garanzia, il magistrato contabile Luciano Calamaro, che in una lettera a Laura Boldrini il 30 giugno 2015 ha ammonito di non essere in grado di svolgere con serietà il proprio lavoro.
Le cosche parlamentari invece di mettersi in regola con la legge e rendere trasparenti i loro bilanci, hanno pensato bene di aggirare l'ostacolo votandosi in tutta fretta la solita leggina ad hoc.
Dunque è chiaro che, pur di intascare il malloppo, le cosche parlamentari sono disposte a tutto e arrivano ad esautorare perfino le leggi e le decisioni degli organi istituzionali e parlamentari che essi stessi hanno votato.
Il senatore bersaniano Miguel Gotor, relatore del ddl, si è detto addirittura orgoglioso di essere: "tra senatori del partito democratico che nel 2013 non hanno votato la legge che ha abolito nel corso di questa legislatura, per di più per decreto-legge, il finanziamento pubblico ai partiti”. Secondo Gotor e tutte le cosche parlamentari che lo sostengono con alla testa il PD, il finanziamento pubblico ai partiti, peraltro già abolito con il 90,3% dei voti dal referendum popolare del 1993 e poi resuscitato sotto varie forme proprio dai governi di “centro-sinistra”, non rappresenta il tradimento della volontà popolare e dunque una vera e propria rapina a colpi di decreti legge ai danni del popolo, ma, addirittura: “un principio di garanzia democratica... un elementare bisogno di giustizia. Bisognerebbe avere la dignità di difendere i partiti e non lisciare ipocritamente il pelo all'opinione pubblica alimentando una condanna generalizzata e indiscriminata che li equipara ad associazioni a delinquere".
Quando si tratta di intascare i soldi e difendere i propri privilegi le leggi vengono sfornate alla velocità della luce con il voto favorevole di tutte le cosche parlamentari e senza nemmeno discuterle in Aula.

5 gennaio 2016