La nuova dottrina di Putin sulla sicurezza della Russia: uso della forza e guerra all'IS

Il 1° gennaio il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che recepisce la nuova Strategia per la sicurezza nazionale. Un piano strategico di carattere politico, economico, diplomatico e militare che era stato varato nel 2009 e si proietta fino al 2020, e che adesso viene aggiornato per metterlo al passo con i molti cambiamenti avvenuti negli ultimi sei anni. Lo scopo del piano, come recita l'inizio del documento, è quello di stabilire “gli interessi nazionali e le priorità strategiche nazionali della Federazione Russa, gli obiettivi di politica interna ed estera, gli obiettivi e le misure diretti a rafforzare la sicurezza nazionale ed assicurare uno sviluppo stabile e a lungo termine del Paese”.
A questo scopo il documento svolge un'ampia analisi della situazione internazionale, partendo dall'assunto che gli Stati Uniti e i loro alleati cercano oggi di “isolare la Russia, esercitando pressioni politiche, economiche, militari e nel campo dell'informazione”, perché il rafforzamento della Russia e la sua politica interna e internazionale indipendente metterebbe in pericolo la loro posizione dominante nel mondo. Da qui la necessità per la FR, elevata a priorità nazionale, di riaffermare il suo ruolo “come una delle potenze leader mondiali, le cui azioni sono dirette ad assicurare la stabilità strategica e il mutuo, vantaggioso partenariato nel contesto di un mondo multipolare”.
Il ruolo dominante della forza nei rapporti internazionali
Tuttavia oggi “il processo di formazione di un nuovo ordine mondiale policentrico è accompagnato da una crescente instabilità regionale e globale”, riconosce il documento, che indica nello “sviluppo globale inuguale e le crescenti differenze tra i livelli di benessere dei vari paesi, la lotta per le risorse e l'accesso ai mercati, il controllo sulle rotte commerciali”, le cause dei crescenti conflitti internazionali.
Al punto che “la potenza dei servizi segreti è utilizzata sempre più attivamente”, e “il ruolo della forza è ancora dominante nei rapporti internazionali”, con una corsa agli armamenti che indebolisce la sicurezza globale, sottolinea il documento. E ciò vale in particolare nelle regioni euro-atlantica, euro-asiatica e Asia-Pacifico. A questo riguardo, entrando nello specifico, il documento russo punta il dito sull'espansionismo della NATO, sulle “rivoluzioni colorate” e il “rovesciamento di governi legittimi” fomentati dagli USA e i suoi alleati, come nel caso emblematico dell'Ucraina (e che ora rischia di riprodursi in Serbia e Macedonia) e sulla loro politica ambigua che favorisce la nascita di movimenti “terroristici”.
La minaccia della NATO e le “rivoluzioni colorate”
Quel poco che del documento russo è stato riportato dai grandi media occidentali mette soprattutto l'accento sul fatto che nella nuova Strategia di sicurezza nazionale la NATO sarebbe ritornata ad essere “il nemico” della Russia. In realtà Putin non si spinge fino a tanto, ma si limita per adesso a considerare “l'espansione del potenziale offensivo della NATO” e la sua “continua espansione, e l'avvicinamento delle sue strutture ai confini russi”, come una “minaccia alla sicurezza nazionale”. A cui si aggiungono altre preoccupazioni, tra cui quelle per il sistema missilistico americano dispiegato all'estero, la corsa allo sviluppo di armi strategiche non nucleari di precisione e la militarizzazione dello spazio. In particolare – e questa è una novità assoluta - Il documento denuncia l'espansione di una rete di laboratori biologici militari nei paesi confinanti con la Russia (allusione forse a Georgia, Ucraina e Kazakhstan)
L'istigazione alle “rivoluzioni colorate” è una delle principali minacce alla sicurezza della Russia, aggiunge poi il documento. Esse sono fomentate dalla “attività di gruppi sociali radicali e organizzazioni che usano ideologie religiose, nazionaliste, estremiste, da ONG straniere e internazionali e gruppi finanziari ed economici, così come da privati cittadini, dirette a minare l'unità e l'integrità territoriale della Federazione russa, destabilizzare la situazione politica e sociale all'interno del paese, anche attraverso 'rivoluzioni colorate' eterodirette, e distruggere i valori morali e spirituali della Russia”. Formulazione abbastanza ambigua da concedere a Putin un alibi per reprimere anche tutti i possibili tentativi di “sovversioni interne”, come conflitti regionali, interetnici e movimenti “terroristici” all'interno della Federazione, fino alla repressione di movimenti omosessuali, libertari, pacifisti, religiosi non allineati con la chiesa di Stato cristiano-ortodossa, e così via.
La lotta all'IS è una “priorità nazionale”
Tuttavia, per i vertici del Cremlino, “la pratica di rovesciare autorità politiche legittime, provocando instabilità politica e conflitto all'interno” non si limita all'Europa dell'Est, ma “sta diventando sempre più diffusa in altre aree calde del mondo. E in questo quadro la nascita dello Stato islamico rappresenta una grave minaccia agli interessi russi.
Nascita che in qualche modo – come dichiarato anche in un commento a caldo al documento da parte del segretario del Consiglio nazionale di sicurezza russo, Nikolay Patrushev, alludendo evidentemente a USA,Turchia e certi paesi arabi – viene imputata alla politica di “doppio standard che alcuni paesi seguono nella lotta al terrorismo”. Tra l'altro pochi giorni prima, il 21 dicembre, il summit dell'Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), che raggruppa la Russia e altri paesi dell'Asia centrale, aveva definito l'IS una “minaccia alla sicurezza nell'Asia centrale” e definito un suo “obiettivo prioritario” la lotta contro lo Stato islamico.
Le priorità nazionali per la sicurezza russa
Sulla base di questa analisi il piano definisce le priorità della nuova Strategia di sicurezza nazionale, che sono il rafforzamento della difesa nazionale, la sicurezza sociale e Statale, l'integrità e la sovranità territoriale, il rafforzamento del consenso nazionale, l'aumento della qualità della vita dei cittadini, l'incremento della sanità pubblica, la protezione dell'ambiente, la conservazione e lo sviluppo della cultura e dei valori nazionali, la crescita dell'economia e l'aumento della sua competitività, l'assestamento del rublo, lo sviluppo della scienza, della tecnologia e dell'educazione.
Obiettivo strategico diventa anche “assicurare l'indipendenza alimentare” del paese, accelerando lo sviluppo dell'agricoltura e riducendo la dipendenza dall'estero. Come anche dipendere meno dalle esportazioni di risorse energetiche e materie prime, attrarre più investimenti stranieri, sviluppare nuove tecnologie, creare risorse minerarie strategiche di riserva, costruire una rete unificata di trasporti, stimolare la crescita di piccole e medie imprese, e così via.
Inoltre la Russia si propone di sviluppare la cooperazione con i BRICS, in primo luogo con Cina e India, e rafforzare la Banca asiatica di sviluppo per le infrastrutture, a cui anche la Russia ha aderito per rompere l'egemonia occidentale basata sul Fondo monetario internazionale e sulla Banca mondiale. La Russia punta a far crescere il suo PIL affinché diventi tra i più alti del mondo, e ciò per “incrementare la competitività e il prestigio internazionale della FR”.
Tutti propositi in apparenza ineccepibili, ma il motore della crescita non è certo il benessere sociale, bensì come sempre il complesso industriale militare. Patrushev, commentando il documento di Putin, ha chiarito in proposito: “Al settore industriale e della difesa è assegnato il ruolo di forza trainante per la modernizzazione della produzione”.
Aperture tattiche di Putin a USA, UE e NATO
Con tutto ciò Putin, alle prese con una grave crisi finanziaria ed economica aggravata dal calo demografico, dalle sanzioni occidentali e dalla caduta dei prezzi del petrolio e delle materie prime su cui si basano essenzialmente le esportazioni russe, è consapevole dello stato ancora di inferiorità militare della Russia rispetto alla superpotenza americana ai suoi alleati. Nonostante che tutta l'analisi della situazione internazionale svolta nel documento dimostri di fatto l'accumulazione dei fattori di guerra e l'inevitabilità di un conflitto tra le superpotenze per l'egemonia mondiale, quello che gli interessa in questo momento è che dopo l'umiliante declino dell'era Gorbaciov-Eltsin, la Russia ritorni ad essere una superpotenza e un attore di primo piano nei consessi internazionali, cosa che ha cominciato già a fare con l'intervento militare in Siria in appoggio ad Assad e contro l'IS, uscendo dall'angolo in cui era stato messo con le sanzioni per l'Ucraina e l'accerchiamento della NATO dai Balcani al Baltico.
Per questo offre anche delle aperture a USA, UE e NATO, a patto che questi rispettino i legittimi interessi russi: “La Russia appoggia il rafforzamento della cooperazione mutualmente vantaggiosa con i paesi europei e l'Unione Europea... allo scopo di sviluppare un sistema trasparente di sicurezza collettiva nella regione euro-atlantica basata su accordi legali chiaramente definiti”, dice infatti il documento, che poi offre di estendere tali rapporti anche alla NATO, come anche di discutere “un'ulteriore riduzione del potenziale nucleare sulla base di accordi bilaterali così come di strutture multilaterali”.
Non solo, ma la Russia si impegna persino a utilizzare le proprie forze armate solo se necessario, dichiarando esplicitamente di ritenerne l'impiego l'extrema ratio in caso di fallimento di tutti gli altri tentativi di risoluzione delle crisi, anche se recentemente, a proposito della Siria e della lotta all'IS, Putin aveva lanciato invece oscure minacce circa il ricorso alle armi nucleari. A dimostrazione di come certi propositi di “pace” degli imperialisti siano puramente propagandistici e per nulla impegnativi, ma vadano e vengano a seconda degli umori del momento.
Gli obiettivi immediati del nuovo zar
In conclusione, con questa nuova Strategia per la sicurezza nazionale, il nuovo zar del Cremlino lancia degli avvertimenti agli USA e alla UE, mette dei paletti all'espansionismo della NATO verso Est e si propone di rafforzare la Russia sul piano politico, economico e militare e consolidare il suo potere all'interno del paese, per invertire la tendenza al declino e ridare alla Russia un ruolo tra le grandi potenze mondiali e nei consessi dove si decidono le grandi questioni internazionali.
Nell'immediato punta tanto a confrontarsi militarmente con la superpotenza americana e i suoi alleati europei, come è stato quasi fatto passare in certi commenti sui media occidentali, ma piuttosto ad arrivare con loro ad un vantaggioso accordo di spartizione della Siria, concludendo la campagna militare contro lo Stato islamico e conservando le sue basi militari nel paese, le uniche che gli consentono l'accesso al Mediterraneo. Sempre che il conflitto non sfugga di mano e invece che accordarsi tutti questi banditi che si disputano le spoglie della Siria e del Medio Oriente non finiscano per innescare una terza guerra mondiale.
 
 

13 gennaio 2016