Senza vergogna e senza precedenti
Renzi a servizio della Ferrari
Il nuovo duce e il capofila dei manager italiani si scambiano sperticati elogi

“Grazie a Marchionne, che con la quotazione della Ferrari ha inviato un bellissimo messaggio all'Italia”. “Grazie al premier Renzi per aver trovato il tempo di venire qui nonostante un'agenda fitta di impegni”: si sprecavano i ringraziamenti reciproci e gli elogi sperticati, il 4 gennaio davanti alla Borsa di Milano, tra il nuovo duce Renzi e il capofila dei manager italiani Marchionne, convenuti insieme ai vertici della Fca (ex Fiat), a battezzare il debutto della Ferrari in Piazza Affari.
La Ferrari è un mito nel mondo? E io me lo intesto, si è detto Renzi, sempre abilissimo a sponsorizzare qualsiasi evento gli torni mediaticamente vantaggioso, che si tratti di eventi sportivi, di spettacolo o altro. Magari creandoseli egli stesso mettendo la firma finale a lavori decisi da altri e da anni, come ha fatto con l'Expo e, solo pochi giorni prima, con l'inaugurazione della variante di valico e i restauri di Pompei. Con lo stesso opportunismo furbastro con cui si eclissa nel pieno di vicende mediaticamente negative e “gufesche”, come lo scandalo della Banca Etruria. Anche la cerimonia dell'esordio in Borsa della Ferrari si prestava quindi alla perfezione per metterci sopra il cappello, e anche per rinsaldare i suoi legami ferro con Marchionne, intestandosi anzi il merito, a dimostrazione di ciò, di essere stato lui stesso a chiedere all'amministratore delegato di Fca di quotare la Ferrari anche in Italia, quando a ottobre la casa di Maranello fu fatta debuttare alla Borsa di New York.
Un favore che Marchionne gli ha fatto volentieri e che non gli costa nulla, visto che tanto la sede legale della Ferrari è in Olanda e le sue azioni ben piantate a Wall Street, mentre Milano è solo una piazza secondaria, più di rappresentanza che altro. Del resto Renzi l'aveva già detto, con la solita aria di sufficienza, in occasione del trasferimento della sede legale di Fca nel Regno Unito e del suo centro direzionale negli Stati Uniti, mentre paga le tasse in Olanda: “Per me non è importante dove si trova il quartiere generale finanziario e delle attività. Per me la cosa importante è mantenere il made in Italy. Non è importante se a Wall Street o a Amsterdam. Quello che è assolutamente importante è l’aumento dei posti di lavoro in Italia”. Che poi si tratti di posti di lavoro a scadenza come le mozzarelle e senza garanzie sindacali, mascherati da posti a tempo indeterminato ma pagati dalla collettività attraverso gli sgravi fiscali del Jobs Act di cui anche Marchionne si è valso a man bassa, questo Renzi si è guardato bene dal dirlo.
Basti pensare che Renzi non si è nemmeno degnato di intervenire alle quotazioni in Borsa di due tra le più importanti società pubbliche da lui stesso messe recentemente sul mercato, Fincantieri e Poste Italiane, mentre ha voluto presenziare a tutti i costi alla festa di Marchionne, che si è portato la Fiat oltreoceano, per capire di che pasta è fatto il nuovo duce di Palazzo Chigi
D'altra parte Marchionne – che avesse già deciso autonomamente o no la quotazione di Ferrari a Piazza Affari - doveva pur ringraziarlo, per il Jobs Act e i molti altri servigi ricevuti dal suo amico premier, che difatti non ha mancato da parte sua di vantarsene, snocciolandoli uno dietro l'altro dal podio: “L'agenda politica del 2015 – ha detto infatti il neoduce con sussiego – era fatta di articolo 18, di legge di Stabilità, di riforma costituzionale, di abbassamento dell'Irap sul costo del lavoro, dell'Imu, della Tasi, tutte questioni che non riguardano più la politica perché sono state affrontate. La politica deve fare molto anche nel 2016, ma con la consapevolezza che l’Italia c’è e non deve aver paura del mondo. Questo è il messaggio che ci deve dare la quotazione Ferrari”.
Musica per le orecchie del capofila dei manager liberisti, antioperai e antisindacali italiani, che riconoscendo nel nuovo duce il realizzatore politico instancabile e indefesso della sua dottrina economica e sindacale di stampo mussoliniano, si è unito all'ovazione della platea intonando un sonoro “grazie a Renzi per quello che sta facendo per l'Italia”! Un idillio, quello tra il servo e il padrone Piazza Affari, senza vergogna e senza precedenti, se non forse quello tra Mussolini, Valletta e Agnelli durante le visite del duce del fascismo alla Fiat.
 

13 gennaio 2016