I cosiddetti contractors muovono un mercato da 37,4 miliardi di dollari e contano su 1 milione e 138 mila dipendenti
Eserciti di mercenari al servizio delle potenze imperialiste
Un boom iniziato nel 2003 con la guerra all'Iraq

Li chiamano “contractors” ma in realtà si tratta di veri e propri eserciti privati di mercenari, in gran parte ex poliziotti o appartenenti alla forze speciali dell'esercito, marina e aeronautica, pronti a intervenire in cambio di stipendi che superano i 10 mila eruo al mese, in tutte le zone di crisi a più alto rischio: dall'Iraq, all'Afghanistan, dallo Yemen all' Africa, non solo per svolgere attività di sicurezza interne, servizi di guardie private, scorte e attività militari o di intelligence, ma anche e soprattutto intervengono per difendere gli interessi e le attività economiche delle potenze imperialiste, oleodotti, piantagioni, allevamenti di bestiame e i relativi commerci ad esse collegate.
Il settore della cosiddetta “sicurezza integrata” offerta da questa sorta di agenzie di servizi segreti privati è in continua espansione e ha avuto il suo battesimo di fuoco nel 2003 durante l'aggressione della coalizione imperialista all'Iraq guidata dagli Usa di George Bush.
Proprio in quella occasione vennero allo scoperto anche i primi “contractors” italiani tra cui Fabrizio Quattrocchi, il genovese che il 14 aprile del 2004 è stato ucciso con due colpi di pistola dai guerriglieri islamici delle Falangi di Maometto, rapito alcuni giorni prima insieme ai suoi colleghi Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio.
Le regole d'ingaggio a maglie larghissime, l’intreccio di legami e di interessi con i vertici politici dei vari Stati in cui è richiesto il loro intervento e soprattutto la grande disponibilità di denaro, pongono le compagnie private di sicurezza in una situazione di potere tale da poter essere considerate alla stregua di una vera e propria entità politica statale.
É il caso ad esempio dell'unità segreta istituita da Bush subito dopo gli attentati alle torri gemelle per uccidere i membri di al-Qaeda. Una vera e propria missione di killeraggio di Stato affidata alla agenzia statunitense Blackwater.
Basti pensare che le prime dieci agenzie di reclutamento dei “Rambo” a livello mondiale muovono un mercato da 37,4 miliardi di dollari e contano su 1 milione e 138 mila reclute.
Il colosso del settore è la britannica “G4S” che vanta un fatturato di 6,8 miliardi all'anno e conta oltre 620 mila dipendenti sguinzagliati in giro per il mondo tanto che nella brochure di presentazione l’azienda inglese si descrive come il “principale gruppo di sicurezza integrata, specializzato nella fornitura di prodotti per la sicurezza, servizi e soluzioni”.
La lista delle altre sigle che “affollano questo nuovo ricchissimo mercato” la si fornisce Bruno Ballardini nel suo Il Marketing dell’Apocalisse: “In testa ci sono le agenzie statunitense come Gk Sierra, Kroll Inc, Smith Brandon International Inc., Stratfor, Booz Allen Hamilton, Pinkerton National Detective Agency, poi le inglesi Aegis, Control Risks Group, Hakluyt&Company, e infine la francese Geos e la spagnola Aics”.
Agenzie di “outsourcing” in grado di fornire qualsiasi servizio di sicurezza richiesto: da quella interna al paese a quella, molto più redditizia, all’esterno, dove la difesa degli Stati viene di fatto privatizzata e “esternalizzata” in settori tutti i settori a cominciare da quelli in cui la sicurezza e il rischio sono considerati una minaccia strategica agli interessi degli stati imperialistici.
Secondo quanto scrive ancora Ballardini, nel 2013, in Afghanistan, il 62% delle forze impiegate erano già contractors privati. Dal 2001 in poi la cifra impiegata per contratti con forze di sicurezza private ruota attorno ai 200 miliardi di dollari l’anno. Risorse che hanno permesso di costituire “eserciti addestratissimi, virtualmente di stanza in tutto il mondo a disposizione di governi riluttanti a impegnare le proprie truppe”.
Recentemente la multinazionale inglese “G4S” ha vinto un contratto da 100 milioni di sterline (140 milioni di euro) per proteggere i militari del British Foreign e Commonwealth Office in Afghanistan e assicurare un giacimento di gas in Iraq. Il contratto è il secondo di grande rilievo nel corso del 2015 dopo la gestione della sicurezza per il centro di detenzione per minori di Kent, in Gran Bretagna, dall’importo di 50 milioni di sterline.
Il fenomeno è in grande espansione anche in Italia nonostante che, a differenza di molti altri Paesi europei, il codice penale vieta l’arruolamento di personale italiano al servizio di uno Stato straniero. Attualmente sono circa duecento i mercenari italiani che ogni anno operano in zone di guerra o ad alto rischio per difendere interessi aziendali, compagnie e Organizzazioni non governative. Oppure per difendere le navi dai pirati nei mari africani. In qualche caso anche per la protezione di personalità o politici locali.
Carlo Biffani, amministratore delegato di Security Consulting Group, una delle maggiori agenzie italiane conferma che: “Su internet se ne trovano a decine, ma a lavorare davvero in tutto il mondo in Italia siamo solo in tre o quattro”. In pratica se un’azienda deve operare in un territorio difficile, come Africa del Nord, Medio Oriente o America centrale (le aree considerate più pericolose al mondo), si rivolge alle società di security che gli fanno una sorta di business plan dei rischi e poi intervengono gli “operatori” sul campo. Spesso si fanno anche joint venture con agenzie a livello locale e internazionale scambiandosi servizi, risorse e informazioni. I guadagni dei mercenari italiani vanno da un minimo di 4 a 10 mila euro al mese, secondo il tipo di missione.

13 gennaio 2016