I giovani in prima fila
In piazza la Tunisia per il lavoro
Dichiarato il coprifuoco

 
Il 22 gennaio un comunicato del ministero dell'Interno di Tunisi annunciava la proclamazione del "coprifuoco su tutto il territorio tunisino dalle ore 20 alle 5" per arginare gli "attacchi alle proprietà pubbliche e private", leggi le forti proteste di piazza che a partire dal 16 gennaio si erano estese in tutto il paese con i giovani in prima fila a chiedere lavoro, uguaglianza sociale e la fine della corruzione. Richieste che in parte riecheggiavano quelle di cinque anni fa nelle piazze che si rivoltarono contro il regime di Ben Ali. Il coprifuoco non fermava i manifestanti che continuavano la protesta con manifestazioni e blocchi stradali in molte città, da lla capitale Tunisi a Hidra dove era data alle fiamme la sede delle dogane, a El Mazouna dove i dimostranti bloccavano la linea ferroviaria che collega Sfax a Tozeur.
Il primo ministro Habib Essid il 21 gennaio partecipava al vertice economico di Davos dove nel suo intervento accennava al fallimento della politica finora seguita a Tunisi e annunciava la necessità di un nuovo modello di sviluppo basato sulla giustizia sociale che avrebbe perseguito il suo esecutivo, in carica dall'inizio di gennaio. Il fallimento delle politiche economiche e sociali governative era sottolineato dalla rivolta che in quel momento scoppiava per le strade delle città.
L'esecutivo prometteva nuove misure per combattere la disoccupazione, che colpisce soprattutto i giovani, promettendo almeno 5 mila assunzioni; una goccia nel mare degli 800.000 i disoccupati, il 36% dei quali diplomati e laureati. Prometteva anche la formazione di un comitato nazionale per investigare sui casi di corruzione e altre misure per combatterla.
La protesta era partita da Kasserine, una città fra le più povere della Tunisia situata nel centro del paese poco lontano da Sidi Bouzid, quella dove cinque anni fa dopo la morte di un giovane era partita la rivolta contro Ben Ali. Questa volta è morto un ragazzo di 24 anni che il 16 gennaio era rimasto folgorato su un palo della luce sul quale era salito per protestare perché il suo nome era stato cancellato da una lista di assunzioni del dipartimento regionale dell'Istruzione. La sua morte aveva dato il via a una serie di proteste e di scontri con la polizia in molte città. "È tempo di agire. O niente potrà impedire lo scoppio di una seconda rivoluzione", aveva sostenuto il presidente Beji Caid Essebsi, il 17 dicembre scorso nel quinto anniversario dell’inizio della rivoluzione.
Il 20 gennaio manifestazioni e marce di solidarietà si svolgevano in numerose città e nella capitale Tunisi a rivendicare il diritto al lavoro. Le manifestazioni erano indette dall'Unione dei diplomati disoccupati (Ucd) e dall’Unione generale degli studenti (Uget) ed erano appoggiate dall’Unione generale dei lavoratori tunisini (Ugtt). Il sindacato ricordava di aver già denunciato senza esito le condizioni di emarginazione delle regioni interne del paese, quelle più povere, e la questione della disoccupazione.

27 gennaio 2016