Allarme della Dia
“Le mafie condizionano enti locali e appalti”
Si sono estese e spadroneggiano anche al Centro-Nord

La criminalità organizzata ha messo in piedi "un ciclo economico-criminale in grado di alterare il corretto processo di sviluppo dell'economia nazionale ed estera". Sarebbe "miope limitare la percezione" di questo pesante condizionamento "alle sole evidenze giudiziarie" in quanto il fenomeno è ben più "complesso" e "affonda le radici spesso anche nei gangli più nascosti della pubblica amministrazione e dell'imprenditoria, con un intreccio profondo tra mafia e corruzione che impone, a tutti i livelli istituzionali e della società civile, un impegno sempre maggiore".
É l'allarme lanciato dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) a dicembre scorso con la pubblicazione dell'ultima relazione sull'attività svolta e sui risultati conseguiti nel primo semestre 2015.
Dalle 275 pagine che compongono la relazione della Dia emerge chiaramente che ormai la cosiddetta mafia 2.0 ha cambiato pelle ed è talmente compenetrata in vasti apparati dello Stato e delle amministrazioni locali da costituire con esse una vera e propria simbiosi in grado di controllare e condizionare l'economia di intere aree del territorio non solo nel Sud Italia ma anche in tutto il resto della Penisola e perfino all'estero dove la 'ndrangheta calabrese assurge addirittura al ruolo di "holding mondiale del crimine".
Grazie a questa simbiosi con le istituzioni statali, governative e amministrative, le organizzazioni mafiose radicate in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, "controllano e dirigono, secondo un disegno unitario, molteplici business criminali sempre più interdipendenti" e sono sempre più in grado "di intessere profonde relazioni con la zona grigia" al punto che ogni mafia ha ormai esteso le proprie ramificazioni in altre regioni d'Italia. Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, sono diventati i nuovi territori dove il potere mafioso ormai la fa padrone. Non a caso la Dia cita come esempio l'inchiesta della procura di Roma su Mafia capitale: “una ramificata e pervasiva struttura criminale autoctona dedita alla sistematica infiltrazione nel tessuto economico e istituzionale in connessione con soggetti collegati alle cosche calabresi” ma che presenta "caratteri originali, con genesi propriamente romana, non assimilabili a quelli delle consorterie tradizionali" in grado di prosperare e di agire all'interno delle stesse istituzioni condizionandone le scelte sia in campo politico che in quello economico e finanziario.
Si consideri che nei primi sei mesi del 2015 la Dia ha eseguito oltre 132 mila controlli inerenti altrettante operazioni sospette: bonifici, versamenti e prelievi in contanti, prelievi allo sportello, bonifici esteri. Il maggior numero, 28 mila, in Lombardia. Seguono Lazio (15 mila) e Campania (14 mila). E poi ci sono gli appalti: nel primo semestre del 2015 la Dia ha effettuato 89 accessi a cantieri in tutta Italia, 22 dei quali a opere collegate all'Expo di Milano. All'esito del monitoraggio sono state emanate 78 informative interdittive, 8 delle quali per appalti dell'Expo. Ma dal giugno 2009, quando sono iniziati i lavori per l'esposizione, i controlli hanno portato complessivamente a 108 interdittive. La maggior parte di questi provvedimenti ha riguardato imprese in mano alla 'ndrangheta e per il 60 per cento aziende specializzate nel movimento terra. Mentre un anno fa il 9 gennaio 2015 il Tar del Lazio ha confermato lo scioglimento del Comune di Sedriano, in provincia di Milano: il primo caso in Lombardia.
Segno evidente che le varie cosche mafiose oltre alle attività illecite tradizionali a cominciare dal traffico di armi, droga e rifiuti, hanno messo le mani anche sui grandi appalti e grazie a un esteso "processo di infiltrazione negli apparati dello Stato sono in grado di intessere profonde relazioni con la cosiddetta zona grigia, ossia con quell'area istituzionale fortemente articolata dove operano, a vario titolo e responsabilità, accanto a soggetti economici, siano essi vessati o collusi, anche devianze dell'apparato amministrativo e o burocratico, statale e locale".
A tal proposito, la Dia cita ad esempio la "connaturata capacità di Cosa nostra” di creare "situazioni di opacità, promuovendo un'opera di delegittimazione di quanti tentino di ostacolarla e attirando, allo stesso tempo, esponenti del sistema politico, economico e amministrativo". Una strategia alla quale si aggiunge la corruzione, "anche di matrice non mafiosa".
La Dia rileva che negli ultimi anni, anche la mafia siciliana, come già la camorra a Napoli, ha messo le mani sull'affare dei rifiuti e tra i settori da monitorare cita "i progetti legati allo sviluppo di fonti energetiche alternative, l'emergenza ambientale e le attività ad alto contenuto tecnologico".
Mentre la camorra secondo la Dia dispone di una "capacità di condizionamento culturale delle fasce più deboli della popolazione". I clan spesso manifestano una "spiccata vocazione ad infiltrarsi, anche fuori regione e all'estero, negli apparati economici e finanziari", così da "atteggiarsi a soggetto economico in grado di operare sul mercato legale per acquisire una posizione dominante, se non monopolistica, di attività economiche" in diversi settori fra cui spiccano il traffico di rifiuti, stupefacenti, armi, contraffazione alimentare, di documenti e banconote.

17 febbraio 2016